Il 2025 di Trump: pressing sull’ordine globale e su un’America divisa

Il tycoon si è imposto senza esitazioni tanto sulle scelte di politica interna quanto sulle strategie internazionali
Putin e Trump al vertice di agosto in Alaska - Foto Ansa © www.giornaledibrescia.it
Putin e Trump al vertice di agosto in Alaska - Foto Ansa © www.giornaledibrescia.it
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Chi segue, per lavoro o curiosità, la politica statunitense termina questo 2025 quasi spossato dal flusso inesauribile di iniziative presidenziali, controversie, crisi costituzionali, polemiche. Dopo la riconquista della presidenza, uno degli storici consiglieri di Trump, Steve Bannon, aveva invitato il presidente a «inondare» lo spazio pubblico e politico con continue azioni e dichiarazioni, mettendo sulla difensiva una controparte costretta sempre a inseguire.

  • L'insediamento di Trump alla Casa Bianca
    L'insediamento di Trump alla Casa Bianca - Foto Ansa © www.giornaledibrescia.it
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    L'insediamento di Trump alla Casa Bianca - Foto Ansa © www.giornaledibrescia.it
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E almeno fino alle ultime settimane è stato così, in un crescendo che ha logorato e diviso ancor più il Paese. A quasi un anno dal suo insediamento, è possibile fare un primo, provvisorio bilancio della seconda esperienza presidenziale di Donald Trump. Quattro parole chiave ci aiutano a riassumerlo.

Congresso ai margini

La prima è autoritarismo. Quello dispiegato da Trump è un disegno dai tratti esplicitamente autoritari, sublimati dallo sforzo di sottrarre l’attività dell’Esecutivo a ogni forma di controllo e regolamentazione, dall’alterazione radicale a suo favore degli equilibri tra i diversi poteri, con la totale marginalizzazione del Congresso, e dal tentativo di imporre il primato indiscusso del potere federale su quelli statali.

Al 20 dicembre, Trump aveva promulgato ben 225 ordini esecutivi, contro i 162 di Biden in quattro anni di Presidenza o i 276 di Obama in otto. A dispetto del controllo repubblicano di entrambe le Camere, l’attuale Congresso è stato il meno produttivo – in termini di legislazione sostanziale – dell’ultimo secolo.

Aggressività

La seconda parola chiave è violenza. Violenza verbale e simbolica, quale quella esibita sistematicamente dal presidente e da molti membri della sua amministrazione. E violenza materiale, nell’aggressiva e arbitraria politica di arresti ed espulsioni, che ha colpito anche molte persone innocenti, nella sistematica opera d’intimidazione e repressione del dissenso, e nelle esecuzioni sommarie di sospetti trafficanti di droga in atto da settimane nei mari caraibici.

Spaccature

La terza parola chiave è polarizzazione. Gli Usa sono oggi un paese diviso e lacerato, come mille indicatori – elettorali, legislativi, sociali o culturali – ben evidenziano. Donald Trump è stato per molti aspetti il prodotto e non la causa di questa polarizzazione. Da presidente si è però trasformato in suo agente primario. Non ha mai cercato di sanare fratture e contrasti; non ha nemmeno simulato di voler offrire un messaggio inclusivo e unitario; ha sistematicamente alimentato e acuito la polarizzazione, con le sue politiche estreme, il suo lessico crudele e offensivo, la sua indisponibilità a qualsivoglia mediazione o compromesso.

È, Trump, un presidente impopolare, come evidenziano implacabili i sondaggi sull’approvazione del suo operato o indicatori di grande importanza, come quelli relativi alla fiducia dei consumatori, oggi a livelli bassissimi, comparabili a quelli della grande crisi del 2008. Si tratta però di un’impopolarità che si colloca entro una banda di oscillazione limitatissima, con una rigida soglia di resistenza verso il basso (tra il 35 e il 40%), e che è pareggiata da quella dei democratici. In un contesto, cioè, di delegittimazione della politica e delle istituzioni - che giustifica sempre più soluzione non democratiche - e di scontro assoluto tra due partiti che si percepiscono (e rappresentano) l’un l’altro come nemici assoluti ed esistenziali.

Commistioni

La quarta e ultima parola chiave è corruzione. Visibile nella rete d’interessi privati che condizionano scelte e politiche dell’amministrazione (pensiamo solo ai giganti digitali e alle pressioni costanti sull’Ue) così come nella commistione sempre più profonda tra questi interessi e istituzioni governative, a partire dal Pentagono. Ed espressa in forma parossistica nel tentativo (di nuovo non dissimulato) di Trump e della sua famiglia di capitalizzare pienamente su questa nuova esperienza presidenziale, a partire da quelle criptovalute che rappresentano la nuova frontiera della speculazione e del guadagno facile.

Vari tentativi sono stati fatti di quantificare l’arricchimento dei Trump da gennaio a oggi. Secondo Forbes, in un anno il suo patrimonio netto sarebbe raddoppiato e supererebbe oggi i 7 miliardi di dollari; per Bloomberg i soli investimenti in criptovalute – attività soggetta alla deregolamentazione dell’amministrazione – avrebbero generato miliardi di dollari. Cifre, queste, che lasciano senza fiato e a modo loro espongono un altro esempio evidente della crisi della democrazia americana.

Mario Del Pero - Docente di Storia internazionale, Sciences Po Parigi

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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