Tutti i rompicapo di Merz, tra sfide interne ed esterne

Già la riforma della Bundeswehr, dell’esercito tedesco e dei suoi 183mila soldati non si è rivelata un’impresa brillante. Specie le truppe degli Juso, i giovani socialdemocratici, hanno dato filo da torcere al cancelliere Friedrich Merz sulla leva in Germania, e sul progetto di ampliare, su basa volontaria, le magre file della Bundeswehr. L’altra riforma poi, quella delle pensioni si è trasformata per Merz in un tour de force, in cui il 70enne Kanzler ha dovuto lottare, all’inizio di dicembre, per ogni voto e all’interno del suo stesso partito. Ossia quella Cdu che, da sempre, è stata un puro «Kanzler-Partei», un partito orgogliosamente schierato dietro al suo cancelliere.
Così almeno i cristiano-democratici erano nella lunga era di Helmut Kohl e durante i 16 anni della Merkel. Nella più turbolenta era di Friedrich Merz invece, un gruppo di 18 giovani ribelli della Cdu ha per settimane rifiutato il piano sulle pensioni previsto dal governo. «Ho lottato sino all’ultimo contro questo progetto di riforma», ha detto il 35enne Carl-Philipp Sassenrath, capofila dei ribelli della Cdu.
Stabilizzare il livello pensionistico; incrementare la previdenza aziendale o l’occupazione in età avanzata: questi i cardini della manovra voluta da Merz. Una riforma del sistema pensionistico tedesco che, il 5 dicembre scorso, è stata varata al Bundestag di Berlino, ma con appena 318 voti. Vale a dire con due voti sopra alla cosiddetta «maggioranza del cancelliere», la soglia minima di 316 voti. Ma il vero problema di Friedrich Merz non sono gli 8 deputati della Cdu che hanno votato contro la sua riforma delle pensioni; ma il fatto che sia passata solo grazie alle astensioni dei deputati de «Die Linke», la sinistra estrema. Un tacito sostegno della sinistra al governo Merz che non è solo uno schiaffo per i conservatori della Cdu quanto, ha commentato Der Tagespiegel, «una enorme cassa di risonanza per la Afd».
In effetti, non è solo all’interno del Bundestag che l’estrema destra di «Alternative für Deutschland» si sta rivelando la più dolorosa spina nel fianco della traballante coalizione di Cdu/ Spd del Kanzler Merz. Per il 2026 sono indette, a partire dall’8 marzo in Baviera e nel Baden-Württemberg, poi il 15 marzo in Assia, diverse elezioni regionali. I due appuntamenti più drammatici saranno, a settembre, le elezioni in Sachsen-Anhalt e nel Meclemburgo-Pomerania. Specie in quest’ultima regione, ci spiega lo storico Jens Bisky, «non è più così peregrino pensare che sia la Afd ad esprimere il suo primo premier regionale».
Un sisma politico che, per la Cdu guidata da maggio 2024 da Merz, equivarrebbe ad una catastrofe morale. Nei sondaggi in ogni caso già ora la Afd è al primo posto con il 26 per cento dei consensi, un buon punto sopra alla Cdu (ed oltre 12 punti sopra ad una Spd crollata al 14 per cento dei voti). Dopo le riforme dell’esercito e delle pensioni, il cancelliere Merz ha dovuto affrontare la questione più complessa ed urgente del 2025, quella dei cosiddetti frozen assets dei russi, circa 180 miliardi di euro «congelati» nei forzieri in Belgio. E per ora la partita non l’ha vinta. A quattro anni dall’invasione di Putin a Kiev, quei miliardi sono a dir poco decisivi non solo per l’economia ucraina e per le sorti del conflitto. Ma, come ha esplicitato Merz, «per il futuro e la sicurezza della stessa Europa».
Durante la sua visita a Bruxelles, il Kanzler di Berlino ha provato in tutti i modi a rassicurare i dubbi al riguardo espressi da Bart De Wever. Secondo il premier nazionalista belga infatti appropriarsi dei fondi russi sarebbe non solo «un furto»; ma un’operazione assai pericolosa, data la potenza nucleare di Putin. Certo, in una drammatica seduta al Bundestag di Berlino, anche i Grünen, il partito degli ambientalisti sono corsi in sostegno di Merz. «Sulla questione dei fondi russi, ha detto Franziska Brugger dei Verdi, noi stiamo dalla parte del Kanzler». Sono gli estremisti della Afd a mettere anche sull’intricato dossier dei fondi russi i bastoni nelle ruote del governo.
«La politica di Merz sugli assets russi è un attacco diretto agli interessi tedeschi», ha urlato Stefan Keuter della Afd, visto che «scongelare» quei fondi causerebbe gravi ritorsioni alle imprese tedesche in Russia. Come se non bastassero le rivolte dei suoi deputati, i sondaggi a favore della Afd e i prossimi test regionali, anche i conti dell’Azienda Germania sono in crisi. Secondo l’Istituto Ifo di Monaco la crescita del Pil sarà quest’anno di un pallidissimo 0,1 per cento. E nel 2026 segnerà un magro 0,8 per cento. Tutte notizie più che fosche per il Kanzler Friedrich Merz.
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