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Strage di donne in Afghanistan: uccisa un'attivista

Tra loro, a Mazar-i-Sharif, anche Frozan Safi, docente di Economia di 29 anni. Stava per lasciare il Paese
L'attivista e docente di Economia di 29 anni Frozan Safi, uccisa a Mazar-i-Sharif in Afghanistan
L'attivista e docente di Economia di 29 anni Frozan Safi, uccisa a Mazar-i-Sharif in Afghanistan
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Quattro cadaveri di donne in una casa di Mazar-i-Sharif, nel nord dell'Afghanistan: tra loro c'è quello straziato di Frozan Safi, una nota attivista per i diritti delle donne, in prima fila nelle manifestazioni di protesta contro il regime talebano. La 29enne, docente di economia, è stata uccisa a colpi di arma da fuoco. Il volto, crivellato dalle pallottole, è irriconoscibile. 

«L'abbiamo riconosciuta dai vestiti. I proiettili le hanno distrutto la faccia», ha detto la sorella Rita, una dottoressa. «C'erano ferite da proiettile dappertutto, troppe da contare, sulla testa, sul cuore, sul petto, sui reni e sulle gambe». Il suo anello di fidanzamento e la sua borsa non c'erano. La tragica vicenda è ammantata di giallo: per diverse ore infatti i media di Kabul hanno rilanciato la notizia del ritrovamento di 4 cadaveri, due donne e due uomini, in una abitazione. Con la polizia che riferiva di un episodio legato a «motivi privati», addirittura a una «faida». Ma quando il cadavere di Frozan è stato riconosciuto dai familiari in un obitorio della città è emersa rapidamente tutt'altra verità. «Sono quattro le donne trovate morte in una casa di Mazar-i-Sharif», ha confermato un portavoce dei Talebani, Qari Sayed Khosti, rivelando che due sospetti erano stati arrestati. E sottolineando che le donne sarebbero «state invitate in casa dai sospettati». 

A squarciare il velo è arrivato poi il papà: il 20 ottobre «mia figlia è uscita di casa con i documenti di viaggio dopo aver ricevuto una telefonata», ha raccontato Abdul Rahman Safi. La 29enne aveva detto alla famiglia di essere in attesa di un visto per la Germania e che sarebbe riuscita a espatriare all'estero, grazie all'aiuto di un'organizzazione umanitaria. Frozan Safi, al pari di tante attiviste scese in piazza contro le norme imposte dai Talebani, sentiva il peso della caccia ai dissidenti inoltre voleva «lasciare disperatamente il Paese, per riunirsi al fidanzato, un attivista già fuggito», dice Sayed Azim Sadat, del Zainuddin Mohammad Babar Cultural Center. Diverse fonti di Mazar-i-Sharif affermano che tutte e quattro le donne erano state contattate per lo stesso motivo: volersi imbarcate su un volo di evacuazione umanitaria. Successivamente «sono state prelevate da un'auto», e infine ritrovate uccise. I cadaveri delle altre donne sono ancora senza identità. 

Frozan - che secondo il Guardian è la prima attivista per le donne uccisa dal ritorno dei talebani al potere - «era molto conosciuta in città», racconta la dipendente di un'organizzazione internazionale ancora attiva a Kabul, sotto anonimato per ragioni di sicurezza. «Tre settimane fa anche io ho ricevuto una serie di strane telefonate. Una persona diceva di essere stata incaricata di occuparsi del mio espatrio», rivela la fonte. «Sapeva tutto di me, voleva i miei documenti e che io compilassi ulteriori questionari, mi sono insospettita e ho bloccato il numero». Altre donne, con coraggio, delineano l'oscuro quadro di quanto sta accadendo in Afghanistan: «Da settimane i Talebani ci danno la caccia», denuncia un'attivista, anche lei in prima linea nelle manifestazioni bandite. «La polizia è arrivata in posti che avevamo nominato solo nelle chat riservate, mentre alcune donne si sono infiltrate presentandosi come giornaliste, e invece raccoglievano informazioni». In altre occasioni alcune attiviste sono state contattate dalla polizia mentre si recavano a un corteo. I Talebani «sanno che bastonarci in pubblico crea loro grandi problemi, per questo usano l'unica arma che conoscono per zittirci: la paura». 

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