Italia e Estero

È morto il Papa emerito Benedetto XVI: il ricordo delle sue due visite a Brescia

Ratzinger è deceduto oggi alle ore 9:34, nel Monastero Mater Ecclesiae in Vaticano
ADDIO A BENEDETTO XVI
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«Con dolore informo che il Papa Emerito, Benedetto XVI, è deceduto oggi alle ore 9:34, nel Monastero Mater Ecclesiae in Vaticano». Lo dichiara il direttore della Sala stampa della Santa Sede, Matteo Bruni. «Non appena possibile seguiranno ulteriori informazioni», aggiunge. Dalla mattina di lunedì 2 gennaio 2023, il corpo di Benedetto XVI sarà nella Basilica di San Pietro in Vaticano per il saluto dei fedeli. I funerali saranno celebrati giovedì 5 gennaio, alle 9.30, in Piazza San Pietro e saranno presieduti da Papa Francesco. Per ricordarne la figura e la presenza anche nel Bresciano, Teletutto trasmetterà uno speciale «La sintesi della visita bresciana di papa Benedetto XVI» domenica 1° gennaio 2023 alle 15.30 3 in replica lunedì 2 gennaio alle 20.30. 

Joseph Ratzinger, Papa emerito Benedetto XVI: aveva 95 anni e, già malato, si era aggravato nei giorni scorsi, tanto che lo stesso Papa Francesco aveva invitato tutti i fedeli a pregare per lui. Ratzinger si è spento nel Monastero Mater Ecclesiae, sulla sommità dei Giardini Vaticani doveva viveva dal 2013, dopo la clamorosa rinuncia e un periodo di breve allontanamento dal Vaticano trascorso nella residenza estiva dei Papi di Castel Gandolfo

Nato a Marktl am Inn, in Baviera, il 16 aprile 1927, era Pontefice emerito da quasi dieci anni. Che le sue condizioni potessero da un momento all'altro peggiorare, era il timore inespresso di tutti. Benedetto XVI, anche nell'età avanzata, è rimasto sempre lucidissimo, anche tra le difficoltà a muoversi e la crescente afonia. L'ultimo aggravamento risaliva ai giorni precedenti al Natale quando ha iniziato ad accusare in particolare «problemi respiratori», acuitisi poi nelle ultime ore. Ovvio l'allarme che ha spezzato la tranquillità della «famiglia» ristretta di Benedetto XVI: il segretario particolare mons. Georg Gaenswein e le quattro laiche consacrate «memores Domini» che hanno assistito Ratzinger in casa sino all'ultimo istante.

Il messaggio del vescovo di Brescia Pierantonio Tremolada

Il vescovo di Brescia Pierantonio Tremolada ha voluto ricordare lo scomparso Papa emerito con un messaggio scritto inviato a tutta quanta la Diocesi. Questo il testo integrale.

«Tutte le comunità della nostra Diocesi sono state invitate a inserire nelle celebrazioni una particolare intenzione di preghiera per il Papa emerito e a celebrare una Messa di suffragio.

Papa Benedetto XVI ha concluso il suo pellegrinaggio terreno. Tutta la Chiesa, e anche la nostra Chiesa bresciana, lo affida al Signore con profonda riconoscenza e con grande affetto. La sua eredità spirituale diventa ora patrimonio del popolo di Dio di ogni tempo. Non potremo dimenticare la sua appassionata e costante ricerca della verità, il suo tratto gentile, la sua umiltà, la sua mitezza, il suo coraggio, il suo sincero amore per la Chiesa, ma soprattutto la sua fede limpida, che ha plasmato i suoi sentimenti e guidato le sue scelte. Ci conforta il pensiero di poterlo annoverare tra quanti saranno sempre nostri intercessori presso il Signore della gloria». 

La prima visita a Brescia: 1986

L'allora cardinale Joseph Ratzinger in Loggia con il vescovo di Brescia Foresti nel 1986 - © www.giornaledibrescia.it
L'allora cardinale Joseph Ratzinger in Loggia con il vescovo di Brescia Foresti nel 1986 - © www.giornaledibrescia.it

Forte il legame tra Ratzinger e Brescia, sancito anche da due visite, avvenute a 23 anni di distanza l'una dall'altra. La prima risale al 22 marzo 1986, quando l'allora cardinale era da poco stato nominato prefetto della Congregazione della dottrina della fede. Fu in città, invitato da Padre Antonio Sicari, teologo carmelitano del monastero di San Pietro in Castello che dirigeva l'edizione italiana della rivista Communio. 

Ratzinger tenne un incontro su «Teologia e Chiesa» nel salone Vanvitelliano, in Loggia, dove fu accolto calorosamente da un folto pubblico e dove lo accompagnava l'allora vescovo Bruno Foresti.

A Concesio nel segno di Paolo VI: 2009

  • Benedetto XVI, la visita a Brescia dell'8 novembre 2009
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Quando tornò nella nostra città lo fece per una visita papale, quando cioè era già divenuto Benedetto XVI. Era l’8 novembre 2009 quando il Santo Padre giunse nella Leonessa per un incontro con i fedeli bresciani strettamente incentrato sulla figura e sulla storia di Paolo VI. In piazza si raccolsero 12mila persone secondo le cronache di allora nel solo capoluogo, ma furono circa 80mila quelle che accompagnarono il Papa anche a Botticino (terra natale di Sant'Arcangelo Tadini) e soprattutto a Concesio, dove inaugurò per l'appunto l'Istituto Paolo VI, sorto a fianco della casa natale di Giovanni Battista Montini, dove Ratzinger fu accolto dai familiari del suo predecessore alla Cattedra di San Pietro e dove si svolse una toccante visita ai luoghi che avevano segnato l'infanzia di Paolo VI. 

Nel suo intervento, Ratzinger ricordò Papa Montini definendolo «maestro di vita e coraggioso testimone di speranza (...), non sempre capito, anzi più di qualche volta avversato ed isolato da movimenti culturali allora dominanti. Ma, solido anche se fragile fisicamente, ha condotto senza tentennamenti la Chiesa».

Il Papa della rinuncia

Un eminente teologo, che da giovane professore partecipò anche come «consulente» al Concilio Vaticano II. Poi pastore della sua Arcidiocesi di Monaco e Frisinga e successivamente, per 24 anni, custode dell'ortodossia cattolica come prefetto della Dottrina della Fede e strettissimo collaboratore di San Giovanni Paolo II. Infine Sommo Pontefice della Chiesa cattolica, 264esimo successore dell'Apostolo Pietro. Ma per tutti resterà, e per sempre, «il Papa della rinuncia».

Con quel suo atto, comunicato al mondo e tra la sorpresa generale nel Concistoro dell'11 febbraio 2013, e motivato con la «certezza che le mie forze, per l'età avanzata, non sono più adatte per esercitare in modo adeguato il ministero petrino», Benedetto XVI ha impresso il marchio del suo Pontificato. Un «atto di governo della Chiesa», lo definì subito l'allora portavoce vaticano padre Federico Lombardi, futuro presidente della Fondazione Ratzinger, col quale il Pontefice tedesco, in quel momento quasi 86enne, apriva una nuova strada per la comunità e le gerarchie ecclesiali: quella dei Papi emeriti, figura ancora inesistente, ma giustificata in un'epoca in cui la durata della vita si allunga e sono ipotizzabili anche condizioni di vecchiaia e malattia che possano pregiudicare le capacità di governo. Una scelta ben diversa da quella del predecessore Karol Wojtyla, che malgrado le gravi condizioni di salute portò la sua croce fino alla fine. E una figura, quella appunto del «Papa emerito» o «Romano Pontefice emerito» - così ha voluto essere denominato lo stesso Joseph Ratzinger dopo la rinuncia al ministero petrino -, che neppure il successore papa Francesco ha voluto codificare.

L'artista bresciano Renato Missaglia consegna a Benedetto XVI un quadro che lo ritrae
L'artista bresciano Renato Missaglia consegna a Benedetto XVI un quadro che lo ritrae

«No. Non l'ho toccato affatto, né mi è venuta l'idea di farlo. Ho la sensazione che lo Spirito Santo non ha interesse a che mi occupi di queste cose», ha risposto Bergoglio al quotidiano spagnolo Abc sulla necessità di definire lo status giuridico del Papa emerito. Necessità, comunque, che nel quadro dell'organigramma cattolico resta e sarà demandata a decisioni future. In ogni caso, lo stesso papa Francesco ha rivelato nella medesima intervista di aver già firmato nei primi mesi del pontificato la sua rinuncia in caso di «impedimento medico».

Nei suoi quasi otto anni sul soglio di Pietro, dall'elezione del 19 aprile 2005 alla storica e scenografica partenza in elicottero per Castel Gandolfo la sera del 28 febbraio del 2013, rispetto ai quali non è un segreto avrebbe preferito ritirarsi nella natìa Baviera e dedicarsi agli amati studi e al diletto pianoforte, Benedetto XVI ha sempre inteso il suo Pontificato come «di transizione» dopo quello di somma grandezza del predecessore Wojtyla.

Pochi i documenti, per sua stessa volontà, da lasciare al magistero della Chiesa, tra cui le tre encicliche Deus caritas est, Spe salvi e Caritas in veritate, tutte dedicate ai principi-cardine del cristianesimo. Centrale nella sua missione e nel suo magistero, Ratzinger ha sempre visto il connubio tra fede e ragione, da rinsaldare in un'epoca di Chiesa sempre più sulla difensiva dinanzi alla «dittatura del relativismo» e di avanzare della secolarizzazione.

«Distorsioni della religione», come il settarismo e il fondamentalismo, «emergono quando viene data una non sufficiente attenzione al ruolo purificatore e strutturante della ragione all'interno della religione», disse durante il viaggio apostolico nel Regno Unito del settembre 2010; d'altra parte «senza il correttivo fornito dalla religione, anche la ragione può cadere preda di distorsioni, come avviene quando essa è manipolata dall'ideologia, o applicata in un modo parziale, che non tiene conto pienamente della dignità della persona umana».

Ma anche altre, e molto caratterizzanti, sono le questioni affrontate da Benedetto XVI, come l'Occidente visto come «terra di missione», tanto da dedicargli un apposito Pontificio Consiglio della Nuova evangelizzazione. Nella critica al relativismo, rientra poi la difesa del «valori non negoziabili», in particolare in materia di tutela della famiglia e della vita.

Propria di Ratzinger è stata anche la ripresa di aspetti della tradizione, come la liberalizzazione della messa in latino tramite il motu proprio del luglio 2007 Summorum Pontificum. Tentativo anche di «riconciliazione» con gli ultra-tradizionalisti scismatici Lefebvriani, non andato però a buon fine. Resta, nella teologia di Benedetto XVI, la visione del Concilio Vaticano II attraverso una «ermeneutica della continuità» e non «della rottura». Ma è soprattutto nella lotta alla pedofilia nel clero che Joseph Ratzinger ha dato un impulso tutto personale, dopo i decenni delle coperture e dell'omertà: primo Pontefice a chiedere esplicitamente scusa alle vittime e ad incontrarle più volte, allontanando dalla Chiesa religiosi responsabili di abusi su minori e stabilendo norme e linee guida più stringenti. Anche qui, l'apertura di una strada, non senza forti difficoltà che non hanno mancato di incidere anche sulla sua decisione di rinunciare, che segna una vera svolta, percorsa poi con forza dal suo successore e che sempre più si sta radicando nella Chiesa.

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