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La Laba nel metaverso con un laboratorio e una sede virtuale

Inaugurazione negli spazi di via Cefalonia. Applicazioni nell’arte, fotografia e progettazione
Una persona testa il visore per la realtà virtuale - © www.giornaledibrescia.it
Una persona testa il visore per la realtà virtuale - © www.giornaledibrescia.it
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La Libera Accademia di Belle Arti (Laba) di Brescia prenota una sede nel metaverso, il mondo virtuale, parallelo e interconnesso al nostro, che offre la possibilità - grazie alle nuove tecnologie - di sperimentare uno «spazio» in cui lavorare, interagire ed effettuare transazioni economiche.

Nella sede della Laba di via Cefalonia è stato infatti inaugurato un nuovo laboratorio attrezzato appositamente per consentire a tutti i mille studenti dell’accademia bresciana di sperimentare la VR/AR (realtà virtuale / realtà aumentata) e, appunto, il metaverso. Hardware (computer potenti, sensori di movimento e, naturalmente, visori 3D) e software (programmi di progettazione 3D, ma non solo) all’avanguardia permetteranno agli iscritti del triennio e del biennio di accedere a mondi che fino a qualche decennio fa erano considerati pura fantascienza.

Novità

«Siamo i primi in Italia, come Accademia di Belle Arti, a integrare la conoscenza del metaverso nel nostro programma didattico, di natura principalmente umanistica - ha affermato il direttore di Laba Marcello Menni -. Per ora non esiste un insegnamento vero e proprio, in quanto questa materia non rientra nelle linee guida fornite dal Ministero; noi però abbiamo deciso di avviare un workshop dedicato a partire dal secondo semestre del prossimo anno accademico, preceduto da un corso introduttivo nel primo semestre».

L’obiettivo? Creare una sede Laba virtuale, con tanto di distaccamenti. Al momento, in accademia stanno già lavorando ad applicazioni di realtà virtuale nel mondo della moda e della fotografia; al «Brescia Photo Festival» 2023, infatti, al quale Laba collabora, alcuni degli scatti esposti saranno Nft, ovvero certificati tramite la tecnologia blockchain. Definire il metaverso, certamente, non è facile: uno studio apparso nel 2013 per cm - Association for Computing Machinery - lo definisce come una «rete integrata di mondi virtuali tridimensionali».

Idealmente, un universo fittizio caratterizzato e misurabile nel suo progresso in termini di realismo dell’esperienza, ubiquità di accesso, interoperabilità e adattabilità del sistema. Nove anni dopo la pubblicazione dello studio, sappiamo che quando si parla di metaverso, ora si parla anche di futuro e innovazione. Oggi in questo spazio ci si può muovere, si può giocare, interagire con altri utenti, acquistare terreni, pezzi d’arredo, vestiti, ma anche opere d’arte e oggetti certificati attraverso gli Nft (dall’inglese, «non fungible token», che si appoggiano alla tecnologia decentralizzata della blockchain che ne garantisce originalità e proprietà).

Trasferirsi in un universo virtuale comporta rischi: dalle questioni etiche (la vita nel metaverso è paragonabile alla vita vera?) a quelle più pratiche, come la gestione dei dati personali. I dubbi sono tanti, ecco perché Laba ha stilato un Manifesto in otto punti, il primo dei quali afferma: «i metaversi sono al servizio dell’umano e non potranno mai sostituirsi ad essi».

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