Desertificazione commerciale, in 9 paesi bresciani c’è un solo negozio

A Irma, invece, non ce ne sono più. Un’emergenza silenziosa che lascia anziani e famiglie senza beni di prima necessità e provoca isolamento sociale
Signore fanno la spesa in un negozio di alimentari
Signore fanno la spesa in un negozio di alimentari
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A Irma la vita è congelata. Non è un paese fantasma ma pare incantato: qui i passi sembrano smorzati e i movimenti vengono presto interrotti. Come potrebbe essere altrimenti? In cento anni la popolazione si è dimezzata e tra qualche casa calda e ben più ruderi hanno chiuso i battenti anche le ultime botteghe. A Irma non puoi uscire per comprare la pasta o il pane. A Irma il detersivo non lo trovi. Se hai bisogno di qualsiasi bene – anche di sussistenza – devi necessariamente salire in auto e raggiungere il centro più vicino.

Chi abita qui sembra davvero incarnare quel fiore di genziana simbolo di forza e tenacia che grazie alla sua crescita in montagna resiste a condizioni difficili. E che – non è un caso – svetta sullo stemma comunale.

A Magasa, il più piccolo Comune bresciano, resiste un’unica attività che vende prodotti misti. Stesso destino per gli abitanti di Cerveno, Polaveno, Provaglio Val Sabbia, Valvestino, Losine. Mentre a Corzano, a Paisco Loveno e a Lavenone puoi trovare solo un negozio di alimentari.

Paesi a rischio

Si tratta, secondo l’Osservatorio Regionale del Commercio, dei Comuni bresciani a maggior rischio desertificazione (non solo) commerciale. Un’emergenza silenziosa che unisce il Paese da Nord a Sud. Oggi sarebbero infatti oltre 1.100 i Comuni italiani che non hanno più nemmeno un negozio alimentare: macellerie, panetterie, pescherie e attività di frutta e verdura che stanno sparendo a ritmi allarmanti a portata di mano.

Secondo le stime in Italia sono circa 650mila le persone vivono in comuni privi di attività di base. Negli ultimi dieci anni il nostro Paese ha perso più di 140mila microimprese, una vera e propria erosione del tessuto economico locale. E nel 2025 si stima che il saldo tra aperture e chiusure sarà negativo di circa 23mila negozi, quasi tutti gestiti da imprenditori individuali: significa che ogni giorno chiudono più attività di quante ne vengano aperte, con un impatto diretto su famiglie, lavoratori e comunità locali.

La situazione

Nel Bresciano lo scenario non è diverso: in cinque anni si contano 1.400 attività in meno (-7,1%,), in linea con la dinamica regionale.

Ma la desertificazione commerciale non è solo un problema economico: la mancanza di negozi locali impoverisce la vita dei cittadini, riduce le occasioni di socialità e contribuisce a rendere più fragili interi territori.

Nei piccoli Comuni come nelle periferie, l’assenza di negozi significa maggiore isolamento, minore accesso ai servizi di base e riduzione dei luoghi dove le persone si incontrano e si scambiano relazioni quotidiane. E questo problema riguarda soprattutto gli anziani e chi non ha familiarità o possibilità di usufruire degli acquisti online, lasciando intere fasce di popolazione senza punti di riferimento concreti.

Anche per questo le associazioni di categoria da tempo stanno insistendo sull’urgenza di interventi mirati per sostenere le piccole imprese e valorizzare il commercio di prossimità, considerato un pilastro fondamentale per la vitalità dei territori e per la qualità della vita dei cittadini.

I dati

In quindici anni i negozi di vicinato si sono ridotti di quasi il 20%
In quindici anni i negozi di vicinato si sono ridotti di quasi il 20%

Sempre secondo i dati dell’Osservatorio Regionale del Commercio, nel Bresciano le attività commerciali registrate – tra quelle dedicate alla vendita di alimentari, non alimentari e merce mista – sono 13.332 e occupano una superficie di oltre 853mila metri quadri (trovate il dettaglio paese per paese nella mappa qui sopra). Nel capoluogo sono 3.057 (su quasi 183mila metri quadri), mentre nessun’altra cittadina bresciana si avvicina al migliaio di negozi nel proprio territorio urbano.

A Desenzano del Garda le attività registrate sono 547, a Montichiari 303, a Orzinuovi 296, a Salò 247, a Rovato 244, a Darfo Boario Terme 244 e a Chiari 225. Centri nei quali, nonostante i problemi comuni, c’è anche una spiccata socialità.

Nelle valli e nelle aree interne, invece, l’antropologia dell’aggregazione è diversa e più problematica. C’è chi dice che l’e-commerce salverà il mondo ad alta quota o nelle periferie. Ma il sogno dei droni che portano nei borghi (anche) gli alimenti al momento resta quantomeno esotico. Qui l’emergenza – economica, sociale, culturale e identitaria – è totale ed è già realtà.

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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