Servizi e negozi a portata di mano soltanto per il 35% dei bresciani

Tanti residenti in provincia lontani da botteghe o supermarket. Meglio il capoluogo: resta il gap tra centri e periferie
In città solo il 47,3% è vicino a botteghe e alimentari - Foto Unsplash © www.giornaledibrescia.it
In città solo il 47,3% è vicino a botteghe e alimentari - Foto Unsplash © www.giornaledibrescia.it
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Di strada da fare ce n’è ancora (letteralmente) tanta. Troppa, se si rapporta al principio urbanistico più in voga del momento: la «città dei 15 minuti». Di cosa si tratta? Significa poter raggiungere tutti i servizi fondamentali (la scuola, l’ospedale, un parco giochi, un alimentari, il medico) senza necessariamente dover salire a bordo di un’auto o di un bus, perché tutte queste destinazioni essenziali si trovano a portata di mano: a distanza, appunto, di un quarto d’ora. Nella nostra provincia, però, avere il fruttivendolo, il fornaio, o un alimentari a portata di passeggiata (o di bicicletta) è ancora un lusso per pochi: più precisamente, a poterselo permettere è il 35,2% dei residenti nei 205 Comuni bresciani.

Ma c’è Brescia e Brescia. Ci sono zone «più ricche» (non solo in termini di reddito ma, in questo caso, soprattutto di disponibilità di servizi al cittadino) e ci sono territori in cui si fatica a trovare un asilo, una biblioteca, un supermercato.

I numeri

A scattare una fotografia aggiornata, misurando per la prima volta l’accessibilità dei servizi (calcolandone cioè la distanza dalle abitazioni) è un indice realizzato nell’ambito del progetto «Urban Pulse 15» del Centro studi Guglielmo Tagliacarne (in collaborazione con il quotidiano Il Sole 24 ore). In particolare - si spiega nella metodologia della ricerca - le tecniche di geo-analytics si sono concentrate sul servizio essenziale per eccellenza: quello alimentare. Tradotto: tutte le attività necessarie per poter riempire frigorifero e dispense, dalla grande distribuzione (supermercati, market, discount) ai negozi di prossimità, quel piccolo commercio formato dalle botteghe, ormai sempre più rare (panifici, macellerie, fruttivendoli, pescherie).

Il ritratto di Brescia, in generale, non è dei migliori: a livello nazionale si piazza 59esima. Ma al suo interno ci sono due velocità: la città in media «tiene» e, se si considera la media dei due parametri (grande e media distribuzione) supera il 50%. Nel dettaglio: ad avere la grande distribuzione a portata di passeggiata è il 58,6% dei residenti nel capoluogo, in numeri assoluti si contano 18 iper o supermercati ogni dieci chilometri.

La «performance» scende invece al 47,3% se si guarda ai piccoli negozi. Distanti gli indici che descrivono gli altri Comuni della provincia: due residenti su tre (il 36%) impiegano ben più di un quarto d’ora per raggiungere la grande distribuzione (nel raggio di 10 km c’è una sola attività in media), mentre solo il 27,7% ha la possibilità di fare la spesa in una bottega.

Effetto pandemia

Il padre del concetto di «città dei 15 minuti» è individuato nell’urbanista franco-colombiano Carlos Moreno, ma non è recente: se ne parla dal 2016 e Moreno stesso si è rifatto alla teoria del crono-urbanismo. E l’indirizzo suggerito era questo: quando si progetta una città, è necessario prendere in considerazione non solo lo spazio, ma anche la dimensione temporale. Questa idea di pianificazione è rimasta per qualche anno circoscritta nel dibattito accademico, fino alla pandemia: quando le restrizioni hanno ridotto fisicamente le distanze percorribili, di fatto, hanno anche restituito nuova importanza alle dimensioni locali e riacceso il confronto sulla sostenibilità del nostro stile di vita nei contesti urbani, a partire dai quartieri.

Non a caso, proprio nel 2020, la sindaca di Parigi Anne Hidalgo ha inserito «la città dei 15 minuti» nel programma elettorale, come poi hanno fatto a cascata molti altri amministratori: Beppe Sala a Milano, Roberto Gualtieri a Roma e Laura Castelletti a Brescia. Il tema s’intreccia però con la pianificazione di servizi che non sempre sono governabili dai Comuni (in primis quelli sanitari), oltre che con la demografia e con la residenzialità che, a cascata, condizionano il paniere dei servizi disponibili in un luogo.

Distanze

In linea generale, dalle mappe geografiche emerge come nelle zone di cintura la popolazione che ha i servizi vicino a casa è dimezzata rispetto ai centri. I dati, in sostanza, certificano e confermano il gap delle aree periferiche.

Tornando sui dati e ampliando l’inquadratura, il progetto «Urban Pulse 15» tratteggia anche un’Italia capovolta. Nell’analisi della popolazione più servita dal solo commercio al dettaglio, il primato va a Napoli (83%) ma in generale a primeggiare in venti casi su 30 è il Sud, dove - precisano dal centro studi - «si prediligono l’attività sotto casa e il rapporto diretto».

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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