Saccone: «Il Brescia innovation district sarà motore di competitività»

Il presidente di Camera di Commercio parla del nuovo polo dell’innovazione che sorgerà in città: «Investimento da 28,3 milioni di euro, da settembre 2026 partirà la fase uno»
Innovazione al centro del futuro Bid - © www.giornaledibrescia.it
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Un investimento da 28,3 milioni di euro per costruire, nell’arco di cinque anni, il nuovo motore dell’innovazione bresciana. Il progetto ha coinvolto l’intera comunità economica della provincia attraverso tavoli di lavoro partecipati coordinati dalla Camera di Commercio di Brescia. Brescia innovation district (Bid) avrà la mission di ridisegnare il posizionamento delle eccellenze del nostro territorio e generare un sistema capace di fare innovazione, crescere e competere a livello globale.

Presidente Roberto Saccone perché ritiene così indispensabile avviare la creazione di un Innovation district?

«Perché il futuro del sistema economico bresciano si gioca su due leve decisive: l’innovazione e l’export. In uno scenario di mercati ormai definitivamente integrati, queste non sono più opzioni strategiche, ma condizioni imprescindibili per restare competitivi. L’innovazione, in particolare, diventa scelta ineludibile: oggi la concorrenza non arriva solo da Paesi a basso costo del lavoro, ma da economie - come la Cina - che hanno fatto un salto di qualità tecnologico impressionante. Dopo essere diventata leader nei settori a più facile accesso, Pechino è ormai competitiva anche su prodotti a medio e alto contenuto tecnologico, mantenendo al tempo stesso una forte pressione sui prezzi».

In questi decenni Brescia ha visto scomparire interi settori d’eccellenza: dai casalinghi alla calzetteria e poi il tessile. Meccanica e sidermetallurgia sono oggi sotto assedio.

«La sfida è complessa. L’esempio dell’automotive è emblematico. Le auto cinesi non sono più prodotti di bassa qualità: sono competitive nel prezzo, ma anche affidabili, tecnologicamente avanzate e sempre più apprezzate dai mercati. Questo impone alle imprese europee e bresciane un nuovo riposizionamento, puntando su prodotti più complessi, nicchie ad alta specializzazione e su strategie di export sempre più strutturate».

Brescia Innovation District può essere la risposta?

«Si, è una delle risposte. L’innovazione richiede prima di tutto cultura e strutture adeguate. L’obiettivo è creare un soggetto capace di garantire collaborazioni qualificate e di innescare progetti di innovazione, favorendo l’incontro tra competenze che oggi sono spesso frammentate. Ambienti come il Brescia innovation district permetteranno alle imprese di mettersi in relazione, anche tra settori diversi, generando contaminazioni, intuizioni e conoscenze che sono alla base dei processi innovativi».

Il piano industriale di Bid definisce un modello operativo e di governance che punta su flessibilità ed efficienza. Quali i punti cardine del modello?

«Nelle prossime settimane gli organi deliberanti dovrebbero dare vita alla Fondazione che avrà un ruolo di indirizzo strategico e di gestione delle attività chiave. Poi verrà individuato un soggetto operativo a cui affidare i servizi di tech transfer, open innovation, incubazione e accelerazione d’impresa. Questo assetto consentirà di operare a condizioni di mercato, valorizzare competenze specialistiche e generare ricavi aggiuntivi, mantenendo alla Fondazione il controllo dei laboratori e delle linee di sviluppo più strategiche».

Roberto Saccone © www.giornaledibrescia.it
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Il Csmt potrebbe essere il soggetto operativo a cui affidare l’incarico?

«Il soggetto dovrà essere individuato attraverso una procedura ad evidenza pubblica. Certo è che il Csmt, grazie ad una struttura organizzativa solida, competenze consolidate e un bilancio in equilibrio, ha tutte le caratteristiche per candidarsi come soggetto operativo. L’ipotesi è aggregare altre realtà, come l’InnexHub, per semplificare il sistema e concentrare competenze in un unico centro di riferimento a supporto di tutte le imprese: manifatturiere, artigiane ed agricole».

Quali sono i tempi? Quando nascerà?

«Le tempistiche sono scandite con precisione dal piano industriale. L’avvio formale della Fondazione è previsto nei prossimi mesi, con una fase iniziale di start up che si svilupperà fino all’estate dello stesso anno in una sede provvisoria presso la Camera di Commercio di Brescia. Da settembre 2026 partirà la "fase uno", con il trasferimento in una location intermedia in affitto da 1.200 metri quadrati e l’avvio a regime delle prime attività di laboratorio, formazione e supporto alle imprese. Il completamento del percorso è fissato tra ottobre 2029 e maggio 2031, quando BID edificherà la casa definitiva: una struttura di almeno 8.000 metri quadrati, concepita come un vero distretto dell’innovazione».

C’è già un’idea di dove verrà realizzata la sede definitiva?

«Il confronto è in fase avanzata ed il Comune di Brescia sta svolgendo un ruolo decisivo. L’Amministrazione comunale ha infatti manifestato fin dall’inizio un forte interesse, offrendo la disponibilità a individuare un’area idonea e, più recentemente, anche a supportare la Fondazione nella realizzazione dell’edificio. Le decisioni definitive non sono ancora state assunte, ma l’obiettivo è una sede facilmente raggiungibile e in stretta connessione con l’Università e gli ambienti della ricerca».

Sotto il profilo finanziario quando si prevede di portare la struttura in pareggio di bilancio?

«Precisiamo subito che la Fondazione non potrà distribuire, anche in modo indiretto, utili o avanzi di gestione: tutto verrà reinvestito. Il piano industriale prevede la sostenibilità del progetto a partire dal secondo anno di attività con un modello di ricavi progressivo; un budget triennale di entrate da quote associative, servizi e commesse, programmi di ricerca, convenzioni e altri ricavi, con una crescita significativa: dai 185mila euro stimati per il 2026 ai 574mila euro del 2027, fino a superare i 750mila euro nel 2028».

Un’ultima domanda presidente. Cosa si aspetta per l’economia bresciana nel 2026?

«Il 2026 si apre sotto il segno della complessità e dell’incertezza. In tutti i comparti produttivi si respira una diffusa preoccupazione, legata sia a una congiuntura economica ancora fragile sia ai molti interrogativi che gravano sulle imprese. La manifattura resta il settore più esposto: nonostante segnali di ripresa degli ordini verso la fine dell’anno, il quadro rimane difficile, soprattutto per l’industria e l’artigianato, penalizzati dall’elevato costo dell’energia decisamente più alto rispetto ad altri Paesi europei».

E gli altri comparti?

«Le difficoltà della manifattura si riflettono sul commercio, che vive una fase a luci e ombre. L’aumento dei costi di produzione negli ultimi anni ha spinto verso l’alto i prezzi, frenando i consumi e modificando gli stili di acquisto. Alcuni settori, come la ristorazione, registrano una domanda sostenuta, mentre altri, legati alla casa e ai beni durevoli, soffrono maggiormente. Nel complesso migliore la situazione dell’agricoltura. Le colture e l’allevamento hanno beneficiato di un andamento climatico favorevole e di prezzi remunerativi, in particolare per latte e bestiame, anche se emergono segnali di possibile flessione. Anche qui vale lo stesso discorso: investimenti e qualità. Un esempio? Il comparto vitivinicolo, nonostante il calo generalizzato del settore, il Franciacorta cresce proprio perché ha investito nel prodotto e nell’export».

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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