Data center sostenibili: il modello A2A di Brescia al Forum di Cernobbio
Il valore di un data center nel mondo contemporaneo può essere assimilabile a quello di una miniera di carbone nell’800 o a un pozzo di petrolio nel ‘900. Con la costante crescita di dati e potenza di calcolo, sotto la spinta massiva di intelligenza artificiale, cloud e IoT, i centri di elaborazione dati sono però diventati anche degli enormi utilizzatori sia di energia – non a caso vengono definiti energivori – sia di acqua. A ciò si aggiunga l’inevitabile consumo di suolo. Eppure dentro il problema risiede anche la soluzione, con le «server house» che possono diventare fonti energetiche circolari.
A Brescia ciò è già realtà dal 25 giugno di quest’anno, quando A2A ha ufficialmente inaugurato il data center Qarnot nella centrale di Lamarmora. Una scelta che la stessa multiutility ha deciso rendere elemento strutturale del suo business, tanto da dedicargli anche l’ultimo Position paper dal titolo «L’Italia dei data center. Energia, efficienza, sostenibilità per la transizione digitale», presentato oggi nel corso del 51esimo Forum di Cernobbio e realizzato insieme a Teha Group (The European House-Ambrosetti).
Mazzoncini
«I numeri individuati dal report indicano che lo sviluppo dei data center in Italia potrebbe contribuire per il 6% alla crescita del Pil nazionale al 2035, con la contestuale creazione di 77mila posti di lavoro fino ad arrivare, in uno scenario full potential, al 15% con 150mila nuovi occupati – evidenzia l’amministratore delegato di A2A Renato Mazzoncini, presentando davanti alla platea internazionale anche il caso bresciano –. Si tratta di un’occasione unica per un Paese che vuole rafforzare la propria competitività digitale ed economica».
I numeri
Stando al report nel mondo a fine 2024 risultano censiti 10.332 data center distribuiti in 168 Paesi, oltre la metà dei quali negli Stati Uniti (5.426), seguiti dall’Unione europea (2.254), seconda potenza mondiale per capacità installata.
In questo quadro l’Italia stia guadagnando un ruolo sempre più centrale nello scenario internazionale. Mentre i grandi hub storici del continente (Francoforte, Londra, Amsterdam, Parigi, Dublino) mostrano segnali di saturazione a fronte di una serie di vincoli energetici, infrastrutturali, urbanistici e normativi, Milano e la Lombardia si stanno affermando come poli strategici, attirando l’interesse crescente degli investitori. Il numero di data center presenti nel nostro Paese è infatti in crescita: le 168 strutture rilevate nel 2024, per una potenza installata di 513 MW, posizionano l’Italia al 13esimo posto a livello mondiale. Milano, con una capacità installata di 238 MW pari al 46% della capacità nazionale, supera città come Madrid e Zurigo.
Sempre nel nostro Paese il position paper stima che la potenza installata potrebbe raggiungere i 2,3 GW in uno scenario tendenziale e i 4,6 GW in una prospettiva full potential, con i consumi elettrici che potrebbero oscillare tra il 7% il 13% del totale nazionale. Parliamo inoltre di un impatto economico di 60,6 miliardi di euro a fine 2024, che potrebbe salire a 207 miliardi entro il 2030.
Le sfide e le soluzioni
Ma come detto i data center sono grandi consumatori di energia e di acqua (necessaria a raffreddare le macchine), oltre a richiedere ampi spazi per la loro creazione. In questo senso l’efficientamento energetico dei centri di elaborazione è il primo passo nel percorso volto alla sostenibilità.
Il passo successivo però è un altro, più profondo, e cioè «rendere i data center molto più di semplici infrastrutture energivore: se inseriti in una visione strategica di sistema, possono agire come abilitatori di benefici concreti sul piano sociale, ambientale ed economico – si legge nel position paper –. A livello nazionale uno sviluppo guidato da efficienza energetica, pianificazione territoriale e integrazione di fonti rinnovabili può stimolare crescita industriale e innovazione, contribuendo al contempo a ridurne gli impatti».
La centrale di Lamarmora
Emblematico in questo senso il data center Qarnot della centrale di Lamarmora in città. Progettato per essere integrato nella rete di teleriscaldamento urbano, il sito ospita 30 unità computazionali già operative, con una produzione termica iniziale di circa 800 MWh all’anno e che a regime raggiungerà 16 GWh annui. Il calore generato viene recuperato grazie a un sistema di raffreddamento a liquido che consente il trasferimento termico fino a 65°C, rendendolo compatibile con gli standard del teleriscaldamento.

«Questo modello di integrazione consente non solo di abbattere le dispersioni, ma di trasformare l’energia dissipata in una risorsa: a regime, il recupero termico del data center sarà in grado di soddisfare il fabbisogno di oltre 1.350 appartamenti equivalenti, evitando l’emissione di 3.500 tonnellate di CO₂ ogni anno, un quantitativo pari alla capacità di assorbimento di circa 22 mila alberi – si legge nel documento –. Il caso bresciano mostra come i data center possano diventare parte attiva della transizione energetica urbana, valorizzando reti esistenti e contribuendo al raggiungimento degli obiettivi climatici locali».
In Italia l’applicazione di questo «modello Brescia» potrebbe alimentare le reti del teleriscaldamento coprendo il fabbisogno termico di circa 800.000 famiglie, evitando l’emissione di 2 milioni di tonnellate di CO₂, pari a oltre il 5% delle emissioni degli attuali consumi residenziali.
Le leve strategiche
Per rendere strutturale l’approccio già visto in terra bresciana, A2A e Teha Group hanno quindi elaborato quattro leve strategiche di efficienza per garantire uno sviluppo sostenibile dei data center: si tratta del recupero del calore prodotto, dell’utilizzo per futuri impianti di aree già costruite e da riqualificare (brownfield), di contratti a lungo termine per l’acquisto di energia rinnovabile (i Ppa, Power purchase agreement) e della valorizzazione dei Raee, i rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche.
The 51st edition of the #Cernobbio2025 Forum is about to begin https://t.co/woCZkeE8qP pic.twitter.com/C6Iqi4aO6o
— The European House - Ambrosetti (@Ambrosetti_) September 5, 2025
Tasca
«I data center stanno diventando infrastrutture strategiche fondamentali, pilastri della nuova società digitale indispensabili per garantire i nostri gesti quotidiani - conclude Roberto Tasca, presidente di A2A -. Come società possiamo contribuire con le nostre infrastrutture e il nostro know how alla crescita equilibrata di questi hub digitali. Integrare rinnovabili, efficienza e modelli circolari vuol dire trasformare una necessità tecnologica in un’opportunità sociale, economica e ambientale. Governare con lungimiranza questa transizione significa rendere le città più green e garantire che la digitalizzazione diventi una risorsa condivisa e non un’ipoteca sul futuro delle nuove generazioni».
Riproduzione riservata © Giornale di Brescia
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