Depurazione parziale o assente in 24 paesi, in arrivo seconda multa Ue

La Corte sta esaminando il caso dell’agglomerato di Lumezzane: con Leno è la zona più complessa
AA

La prima punizione è già arrivata: la causa è la C668/19 e racconta di un iter avviato dall’Ue nel 2014 ma che, ad oggi, vede ancora una ventina di situazioni bocciate come «non conformi». La seconda strigliata, invece, è di poco fa: Brescia sa già che dalla Corte di Giustizia non potrà che incassare una seconda multa salata. Specie perché il binocolo è puntato (anche) sul territorio che più sta facendo perdere il sonno all’Ufficio d’ambito di casa nostra (alias: Ato), ossia il Comune di Lumezzane. Insieme a quello di Leno, anche se per ragioni differenti, quando si parla di depurazione e di collettamento, l’area della Valgobbia rappresenta infatti il vero grattacapo bresciano.

L’Unione europea, però, è sì paziente, ma solo fino a un certo punto. E dopo aver avvisato nel 2017, inviato la lettera di messa in mora l’anno successivo e infine constatato e comunicato la sussistenza della violazione con la lettera del 2019, sul finire del 2024 ha formalizzato la causa: si chiama C594/24. D’altro canto, il quadro l’Ato lo conosce bene: stando alla ricognizione aggiornata al 31 dicembre, nella nostra provincia la depurazione è assente o solo parziale in 24 Comuni.

Un salasso

Questione di inerzia? No. Nel frattempo ci si è mossi: basti pensare che a luglio i territori «da multa» erano 26, due in più (proprio ieri è stato inaugurato l’impianto di Calvisano). Ma per realizzare queste infrastrutture servono parecchi investimenti (il Pnrr ha dato una boccata d’ossigeno) e tempi lunghi. Non solo e non tanto per realizzare gli impianti, quanto per collegare tutte le abitazioni e le attività alla rete.

Il segno di un percorso sicuramente tortuoso ma in avanzamento, del resto, si rilegge anche all’interno dei report stilati dall’Ue: per quel che riguarda l’infrazione del 2014, ad esempio, dei 45 agglomerati finiti inizialmente alla gogna, 25 hanno guadagnato la promozione, sette raggiungeranno la conformità entro la fine dell’anno, cinque entro il 2026. Lo stesso vale per l’ultima causa.

Come funziona con le sanzioni pecuniarie?

C’è una quota fissa (che può arrivare ai 2 milioni di euro), più una quota variabile per ogni giorno di ritardo (5 euro ad abitante). A pagarle è lo Stato, ma poi si rivale sugli enti locali. Le cifre di base non sono indifferenti: la somma forfettaria minima per l’Italia è fissata in 9.920.000 euro. Si può quantificare questa multa? Il calcolo è molto complesso, anche perché l’importo forfettario di base viene moltiplicato sia per un coefficiente di gravità, sia per un coefficiente di durata. Ma se le cose non cambieranno, allo stato attuale, verrebbe fuori un preventivo di questo tipo: 547.945,20 euro. Al giorno.

Due buone notizie, però, ci sono. La prima: la sanzione delle prossime infrazioni sarà calcolata sulla base del numero di abitanti non serviti adeguatamente (per esempio una frazione non raggiunta da fognature), non più su tutti gli abitanti dell’agglomerato. Il che, per quanto riguarda le opere in corso, costituisce un grande sollievo.

La seconda buona nota positiva: l’obiettivo numero uno dell’Ato è proprio riuscire ad archiviare le multe Ue. Per farlo, ha messo in moto e concluso 41 interventi investendo 175 milioni di euro, di cui 45 finanziati attraverso un contributo pubblico (Pnrr, Piano operativo ambiente o Piano Marshall della Lombardia). Non solo: in programma ci sono altri 50 interventi per un totale di 320 milioni di euro (di cui 48 da contributi).

I due nodi

La situazione della depurazione resta tuttavia per la nostra provincia una delle criticità più rilevanti. E le cause (a cui gli investimenti stanno cercando di porre rimedio) sono sostanzialmente due: l’assenza di trattamenti delle acque reflue e la carenza degli impianti esistenti, spesso obsoleti e sottodimensionati.

Tra i 24 Comuni che, al momento, «fanno acqua», la madre di tutte le sfide è Lumezzane. Come mai? La principale criticità sta nella realizzazione delle reti fognarie e dei collettori: in primis i fondi a disposizione non bastano (a mancare all’appello sono circa 80 milioni di euro, come conferma il direttore dell’Ato Marco Zemello). E, poi, ci sono anche delle problematiche tecniche: la morfologia territoriale non aiuta, le attività produttive spesso sono collegate a quelle domestiche e per intervenire è chiaro che non si possa bloccare l’intero paese. Anche l’operazione Leno è complessa: l’impianto c’è, ma sono ancora molti i terminali non depurati. Per questo il tesoretto Pnrr (oltre 3,8 milioni cui si aggiungono 1,7 milioni del Piano Marshall) è dirottato sull’ampliamento della struttura. Programma alla mano, però, i lavori di collettamento scavalcheranno il 2030.

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

Iscriviti al canale WhatsApp del GdB e resta aggiornato

Icona Newsletter

@News in 5 minuti

A sera il riassunto della giornata: i fatti principali, le novità per restare aggiornati.