L’Ue condanna 45 comuni bresciani: piano da 347 milioni

La condanna è arrivata il 6 ottobre 2021. Un esito scontato visto che i Comuni sotto infrazione erano davvero tanti, così come i ritardi accumulati nei decenni, soprattutto quando la gestione del ciclo idrico era in mano ai Comuni. Fatto sta che la procedura aperta nel 2014 dalla Commissione europea per la mancata depurazione dei reflui è arrivata a sentenza, condannando 45 agglomerati bresciani (un agglomerato può coinvolgere più Comuni).
La Corte di Giustizia del Lussemburgo ha infatti bacchettato l’Italia per non aver rispettato la direttiva del 1991: carenza nella rete fognaria, scarsa depurazione e mancato abbattimento dell’azoto e del fosforo degli scarichi. In tutto sono circa 600 gli agglomerati italiani condannati: la prima sentenza non prevede alcuna sanzione. Ma la multa potrebbe arrivare se la situazione non sarà risolta nel giro di due anni.
Il piano
Come? Completando gli investimenti, realizzando depuratori, fognature e collettori che oggi mancano. Nel Bresciano l’Ufficio d’Ambito (Ato) ha messo a punto un maxi piano da 347,7 milioni di euro, per la metà già realizzati o in corso.
A fare il punto sulla situazione sono il presidente dell’Ato Aldo Boifava e il direttore Marco Zemello. L’infrazione 2059 del 2014 coinvolgeva in origine 65 agglomerati. Una ventina di Comuni sono usciti dalla procedura tra il 2017 e il 2019, per esempio Azzano, Mazzano, Torbole Casaglia. Gli altri 45 sono finiti nella causa 668 del 2019, arrivata a sentenza lo scorso ottobre. Ma la sentenza, spiega Zemello, di fatto «fotografa» la situazione al luglio 2017. L’aggiornamento che Ato e Regione hanno inviato al Ministero è stato vittima di alcuni ritardi nelle comunicazioni tra Roma e Bruxelles.
Così, tra i 45 agglomerati condannati, ce ne sono anche 17 dove la situazione è già stata risolta (investendo 76,5 milioni). Ad esempio Bagnolo Mella, «conforme» alla direttiva europea dal dicembre 2017. Ma anche Paitone o Nuvolera. Il depuratore di Gavardo - che serve anche Vallio e Villanuova - è entrato in funzione nelle scorse settimane. Di fatto anche questo agglomerato ha risolto la sua infrazione, anche se, precisa Zemello, non basta la fine dei lavori. «Per la conformità servono sei mesi di analisi per controllare che l’impianto funzioni a dovere». Ci sono anche ambiti con «conformità strutturale», come Capriano del Colle e Verolanuova.I cantieri
Restano comunque 28 ambiti che hanno ancora problemi. «Ci stiamo lavorando» spiega Zemello. In molti casi i cantieri sono partiti, come a Concesio, dove si sta realizzando il depuratore di Valtrompia, pronto a metà 2022 e che risolverà i problemi anche di Sarezzo, Gardone Val Trompia, Polaveno e Villa Carcina. Si lavora anche ad Alfianello, così come a Calvisano o Rovato dove vanno collegate alle rete fognaria alcune frazioni. In sostanza dei 28 Comuni ancora «non conformi», una decina lo saranno entro il 2022. Altri 5, come Cededolo o Lonato, entro il 2023. Tra interventi conclusi e lavori che finiranno nei prossimi due anni, sono stati messi in campo investimenti per 165 milioni.Criticità
Rimangono 13 agglomerati a rischio sanzione. Qui è scattata una sorta di corsa contro il tempo per realizzare interventi per 182,5 milioni. Quasi tutti gli agglomerati (11) hanno progetti pronti a partire ma che si concluderanno tra il 2024 e il 2026, quindi probabilmente troppo tardi per evitare la multa di Bruxelles. Di certo non riusciranno a scansare la sanzione Lumezzane (dove va rifatta l’intera rete fognaria: obiettivo 2031) e Marcheno, dove il completamento della fognatura dovrebbe avvenire nel 2028).
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Multe
Le sanzioni rischiano di essere salate: una quota fissa (che può arrivare ai 2 milioni di euro), più una quota variabile per ogni giorno di ritardo (5 euro ad abitante). Le paga lo Stato, ma che poi si rivale sugli enti locali. Regione Lombardia ha chiesto al Ministero di attivarsi perché l’eventuale sanzione sia calcolata in base agli abitanti non serviti adeguatamente (per esempio una frazione non raggiunta da fognature), non su tutti gli abitanti dell’agglomerato. Si vedrà.
Resta da capire perché il territorio bresciano sia messo così male: nell’ultima ricognizione regionale sulla procedura del 2014, risultano 28 agglomerati non conformi. Tutti e 28 sono bresciani. «Paghiamo ritardi storici - spiega il presidente Boifava -. Quando le gestioni erano in economica, fognature e depuratori non erano certo le priorità dei Comuni». Così ancora oggi dobbiamo rincorrere una direttiva del 1991. La svolta è avvenuta con la nascita dell’Ato e la redazione del primo Piano d’ambito, nel 2006, vale a dire la pianificazione degli investimenti per il ciclo idrico.
Per realizzare depuratori, fognature e acquedotti, però, servono parecchi soldi. Gli investimenti vengono finanziati (per legge) dalla tariffa: per questo negli ultimi dieci anni le bollette dell’acqua sono cresciute. Ma l’Ato, spiegano Boifava e Zemello, in questi anni è riuscito a portare a casa 55 milioni di euro per la depurazione da Europa, Stato e Regione (esclusi i 60 milioni per il nuovo impianto del Garda), così da accelerare gli investimenti senza pesare sulle bollette. Non bastano però i soldi. I tempi sono spesso lunghi, un po’ per la burocrazia, un po’ perché Comuni e cittadini non vedono di buon occhio la costruzione degli impianti sul loro territorio. «Ci vogliono 10 anni per trovare la localizzazione di un impianto e completare l’iter autorizzativo, due per realizzarlo». Ma l’Europa non aspetta.
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