In 26 Comuni bresciani la depurazione è assente o solo a metà

Quelli che fanno (letteralmente) acqua sono sedici, in una decina c’è il cartello «lavori in corso», in 23 casi a togliere le castagne dal fuoco è stato il grande lavoro di caccia ai fondi legato sia al Piano Marshall della Regione sia, soprattutto, al Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr), che hanno portato in cascina ben 88.638.371,32 euro di finanziamenti.
Sono questi, in estrema sintesi, i numeri che compongono la «cartella clinica» sullo stato di salute della depurazione delle acque nei Comuni bresciani, un capitolo rognoso per la nostra provincia, «sgridata» a più riprese dall’Europa a suon di procedure d’infrazione e di multe salate.
Lo sa bene l’Ufficio d’ambito di casa nostra (Ato), che – per voce del direttore Marco Zemello – conferma come quella della depurazione sia «sicuramente una delle criticità più rilevanti». Le cause? L’assenza di trattamento delle acque reflue e la carenza degli impianti esistenti «spesso obsoleti e sottodimensionati».
Più di qualcosa, però, in questi ultimi anni si sta muovendo per collettare i territori rimasti finora «orfani», tra investimenti già in corso e futuri.
In Valtrompia
A delineare la situazione sono i dati elaborati per il Giornale di Brescia dal team dell’Ufficio d’ambito. «Nel piano trentennale – rimarca Zemello – sono stati pianificati tutti gli interventi necessari a risolvere le problematiche sul servizio idrico. Le cifre sono considerevoli e il programma è ambizioso».
Sono 26, complessivamente, i Comuni con parziale o assente depurazione. Ma il grattacapo per eccellenza resta Lumezzane, dove la principale criticità è legata alla realizzazione delle reti fognarie e dei collettori, finanziati sì con fondi pubblici, ma solo in parte. I tempi non sono stretti, anzi: i fondi attuali non bastano (mancano oltre una settantina di milioni) e l’orizzonte temporale previsto scavalca il 2030, anche perché le problematiche tecniche da superare nella cittadina sono parecchie.
Ampliando l’inquadratura all’intera Valtrompia, nei prossimi anni saranno progressivamente messi a regime (e, quindi, collettati) Marcheno, Tavernole sul Mella, Lodrino, Bovegno, Pezzaze, mentre a Collio l’impianto deve essere realizzato da zero.
Qualche buona notizia? Eccola: la nuova struttura intercomunale di casa a Concesio (che «ripulirà» anche le acque di Polaveno) è ultimata e – assicura l’Ato – «sono in corso di risoluzione le criticità depurative dei Comuni già collettati all’impianto e fino ad oggi sprovvisti di trattamento», vale a dire Concesio, Sarezzo, Villa Carcina e Gardone Valtrompia.
Nella Bassa
Non va meglio a Leno, dove l’impianto c’è ma sono ancora molti i terminali non depurati: non a caso il tesoretto Pnrr (oltre 3,8 milioni cui si aggiungono 1,7 milioni del Piano Marshall) servirà per ampliare la struttura, anche se i lavori di collettamento proseguiranno oltre il 2030.
Calvisano è stato a lungo privo sia di reti fognarie e acquedottistiche, sia della depurazione. «Stanno proseguendo celermente i lavori di costruzione delle reti – precisano dall’Ato – mentre è terminato l’impianto di depurazione, che sarà avviato a breve». Per vedere a regime tutti i collettamenti, però, bisognerà attendere un paio di anni.
Nessun giro di parole per Acquafredda, Remedello e Visano: non sono depurati. Proprio a Visano sono stati avviati i lavori per la costruzione della struttura intercomunale, anche in questo caso grazie ai fondi Pnrr (oltre 11,6 milioni) e i collettori sono parzialmente già costruiti. L’opera farà da stampella anche a Isorella, che un impianto lo ha, ma è sottodimensionato.
Tutti i Comuni sopra elencati si trovano in infrazione comunitaria (in totale sono venti le sanzioni bresciane). Una rassicurazione, su questo fronte, arriva dal presidente dell’Ato, Paolo Bonardi: «Grazie ai progetti in corso, possibili sulla scia del grande lavoro di reperimento dei fondi messo in campo chi mi ha preceduto, contiamo di vedere chiuse tutte le procedure entro il 2026».
In Valcamonica
Arriviamo così in Valcamonica: qui tutti i territori, ma in particolare Edolo, Sonico e Malonno fanno parte del «consorzio intercomunale» che fa capo all’impianto situato a Malonno, la cui realizzazione è terminata da poco. Richiede tempi più lunghi la realizzazione del collettamento di Edolo e Sonico, dove la criticità è legata prevalentemente al centro urbanizzato, sprovvisto di impianto di depurazione, «mentre in molte frazioni sono presenti sistemi depurativi di piccole dimensioni localizzati». Saviore dell’Adamello è invece orfano: non è depurato se non in piccola parte.
«Ci sono ancora molti agglomerati da sistemare – conclude il presidente Bonardi –: in prospettiva c’è la necessità di andare sempre più verso strutture sovracomunali, autosufficienti dal punto di vista energetico e basate sul riuso delle acque, a partire dal settore agricolo e dalle zone umide. Come, del resto, chiede anche la nuova direttiva Ue».
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