Loggia 2023, il malumore degli alleati e la candidatura fantasma di Corsini

Il tempo scorre e ad ogni rintocco gli alleati del Pd si sentono sempre più spettatori di un film che non li vede non solo nel cast dei protagonisti, ma neppure in quello delle comparse. Sullo sfondo c’è l’orizzonte - sempre più corto - verso Loggia 2023, al quale i Dem hanno scelto di arrivare con un nome (uno solo) di bandiera.
Un metodo, questo, che non piace al resto della coalizione («vogliamo discutere su una rosa di candidati» è il messaggio inviato a più riprese) e che - a quanto pare - non piace neppure a una parte del mondo culturale (quello che gravita attorno alle Fondazioni e alle banche), che guarda sì al centrosinistra, ma che non partecipa direttamente alla vita di partito. Proprio da lì sarebbe nata una raccolta firme per promuovere il ritorno del professor Paolo Corsini sulla scena cittadina. Da candidato sindaco.
Il «grande saggio»
Partiamo dal fondo. L’appello per Corsini sindaco suona un po’ come a dire: «Caro Pd ti scrivo: così proprio non va, serve un grande saggio». In calce starebbero oltre 237 nomi, tutti insoddisfatti dello storytelling politico di questi mesi. Scenario possibile? No.A certificarlo è lo stesso Paolo Corsini, che spiega: «Queste persone partono dalle difficoltà che il centrosinistra sta incontrando, ma il Pd e gli alleati devono guardare avanti, non indietro. Il mio consiglio è di evitare la conta interna fratricida, divisiva e paralizzante. Il buon senso e l’esperienza politica suggerirebbero di individuare una rosa di candidati da presentare agli alleati per uno schieramento che sia il più ampio possibile. Credo che il profilo del candidato o della candidata debba avere statura culturale, competenza amministrativa e autentica passione politica. Io - prosegue l’ex sindaco - appartengo a una storia che è ormai chiusa». Fine della corsa (ma messaggio chiaro).
I Dem

Fronte numero due: gli alleati. Nessuno nega che i Dem rappresentino il partito di maggioranza relativa nella coalizione e che la loro parola abbia un peso specifico maggiore. Ma iniziano a palesarsi sbuffi e occhi alzati al cielo. Sul banco degli imputati non c’è solo il nome del futuro candidato sindaco del centrosinistra, ma anche le linee programmatiche e il perimetro dell’alleanza (da definire). Sinistra italiana, l’area socialista di Brescia 2030, Articolo Uno e Azione rappresentano la platea di partenza dell’interlocuzione per Loggia 2023. Solo che, a detta di tutti, questa interlocuzione - salvo qualche incontro informale a tu per tu - non è mai iniziata.
Inutile negare che delle tre partite sul tavolo, quella del nome sia la più attenzionata. Anche perché a breve (tra lunedì 7 e giovedì 10) si consumerà il derby di casa Dem: l’Assemblea cittadina andrà alla conta tra Valter Muchetti e Federico Manzoni. Fuori sacco, però, non è ormai un segreto che ad alzare la mano per dare la sua «disponibilità, qualora richiesta» è stato anche Giovanni Comboni, nome che piace molto sia alla Sinistra sia ai socialisti.
Ma il vicepresidente di A2A ha deciso di non inserire il suo nome nelle «schede dello spareggio» della settimana prossima. E il segretario cittadino del Pd, Tommaso Gaglia, lo ribadisce: «Il candidato Dem sarà scelto dal voto dell’Assemblea. Le regole valgono per tutti: Comboni non c’è, quindi la vicenda è chiusa, perché al tavolo di coalizione il partito farà solo il nome uscito in quella sede. E lo difenderemo. Certo, l’obiettivo non è spaccare la coalizione che però, lo ricordo, ha rifiutato le primarie. Noi ci siederemo con la forza del partito di maggioranza relativa e riteniamo di avere il diritto di farlo. Se altri avanzeranno proposte diverse, se ne parlerà».
Le posizioni
Oltre al nome di Comboni, ad essere ripetuto è anche quello della vicesindaco Laura Castelletti, che però mantiene ormai da mesi il silenzio stampa: «Parlo solo di Capitale della cultura» ripete ogni volta con risolutezza. E c’è chi in questo ermetismo rilegge una possibilità, qualora dovesse emergere come la candidata della mediazione. Intanto, però, gli alleati bacchettano il metodo Pd. «È da un anno e mezzo che chiediamo inutilmente la convocazione del tavolo di coalizione - ricorda Luca Trentini (Si) -. Vorremmo arrivare a un confronto su una rosa allargata di papabili candidati sindaco e, soprattutto, vorremmo anche discutere dell’idea di futuro di città, perché la sola continuità non basta. Noi in questa coalizione ci stiamo volentieri, ma non a qualunque costo».
Sulla stessa lunghezza d’onda Paolo Pagani (Articolo Uno): «Questo tavolo di coalizione del centrosinistra è assolutamente in ritardo, andava convocato prima. Ma quel che è certo è che bisogna sedersi con una rosa di candidati e non con un nome secco». Lorenzo Cinquepalmi (socialisti) è ancora più tranchant: «Se il Pd dimostra anche in questo caso, come nelle Politiche, di non essere in grado di tenere insieme la coalizione, rischia di restare solo».
E aggiunge: «Se non ci saranno le condizioni per proseguire potrebbe anche crearsi una coalizione alternativa, con un altro candidato sindaco, composta dagli attuali alleati del Pd. Poi si ragionerà sul secondo turno. Dalle scelte che compieranno ciascuno trarrà le proprie conclusioni». Ricordando che «un’alleanza non è una prigione».
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