Inchiesta Covid, la richiesta di Bonometti al governatore Fontana: «No alle zone rosse»

Il bresciano, ex leader di Confindustria lombarda: «Era d’accordo sul chiudere le attività non essenziali»
Marco Bonometti, nel 2020 presidente della Confindustria lombarda - © www.giornaledibrescia.it
Marco Bonometti, nel 2020 presidente della Confindustria lombarda - © www.giornaledibrescia.it
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«Non penso di aver parlato con il presidente Fontana (...). Non ricordo di aver parlato con il presidente Fontana di zona rossa». Sono le prime risposte che, convocato come teste negli uffici della Procura di Bergamo nel giugno di tre anni fa, Marco Bonometti, imprenditore bresciano all’epoca presidente di Confindustria Lombardia, aveva fornito agli inquirenti, molto interessati a chiarire se ci fossero state eventuali pressioni, di cui tanto si era già parlato, da parte degli industriali sulla politica perché non si facesse la zona rossa a Alzano Lombardo e Nembro, il focolaio peggiore d’Europa. Salvo, poi, incalzato da altre domande, dover chiarire di essersi ricordato di aver avanzato al governatore lombardo una «richiesta» in tal senso.

«Sì gliel’ho chiesto», ha messo a verbale il numero uno delle Officine Meccaniche Rezzatesi, aggiungendo che «Regione Lombardia era d’accordo con noi nel non istituire le zone rosse, ma nel limitare le chiusure alle aziende non essenziali».

«Andava chiusa tutta Lombardia»

Le versioni non coincidono. Una versione, quella del verbale di 5 pagine con al centro la mancata zona rossa in Val Seriana, che, tra l’altro, non coincide con quella resa ai pm proprio da Fontana. E anche su questo fronte del pressing del mondo economico-produttivo contro le chiusure, i racconti dei protagonisti non sono mai esattamente sovrapponibili, come su altri aspetti dell’inchiesta.

«Effettivamente ricordo che del tema della istituzione della zona rossa in Alzano e Nembro se ne è parlato dopo il caso di Codogno nelle riunioni per il Patto di Sviluppo», ha spiegato Bonometti ai magistrati, precisando quale fosse in quei giorni drammatici la sua posizione: «La zona rossa nella Bergamasca non risolveva il problema, perché a mio parere andava chiusa l’intera Lombardia. Ero contrario all’istituzione della zona rossa (...). Ho detto di salvaguardare le filiere per le aziende essenziali (...), ho cercato di salvaguardare le aziende lombarde».

Anche perché «tutti gli imprenditori erano preoccupati» e quindi «abbiamo cercato - ha aggiunto Bonometti - di limitare al minimo le attività produttive da ritenersi essenziali». Preoccupazioni, non pressioni. Intanto, qualche giorno prima, a fine maggio 2020, Fontana, passato poi da teste ad indagato assieme ad altri 18, tra cui pure Giuseppe Conte e Roberto Speranza, aveva già dato una risposta perentoria ai pm: «Per questa faccenda non ho ricevuto pressioni (...) sulla zona rossa di Alzano e Nembro non ho mai parlato con nessun rappresentante di Confindustria e non mi sono state rappresentate le loro esigenze». E ha confermato che la linea della Regione ai primi di marzo era chiara: «Noi credevamo nella realizzazione della zona rossa. La nostra non era una scelta politica, ma tecnica».

Tuttavia, le preoccupazioni del mondo produttivo si manifestavano eccome, come emerge pure dalla deposizione di Pierino Persico, patron dell’omonimo gruppo di Nembro, che vanta anche la realizzazione di Luna Rossa. Ha chiarito di non aver «esercitato alcuna pressione per non fare istituire la zona rossa», ma di aver «semplicemente espresso le mie preoccupazioni, atteso che se non consegnavo i materiali sarei stato soggetto a danni milionari» e ci sarebbero state conseguenze «negative sui livelli occupazionali». «Se fermiamo tutto siamo rovinati, almeno le aziende che sono fuori dal centro teniamole vive», scriveva Persico poco prima della mezzanotte del 3 marzo 2020 in un messaggio all’allora deputato del Pd Maurizio Martina. Persico che, tra l’altro, ha detto agli inquirenti di averne discusso anche con Bonometti, il quale, però, ha ricordato che gli fece riferimento solo a «preoccupazioni circa la produzione di qualcosa per la Jaguar».

Anche Camillo Bertocchi, primo cittadino di Alzano, non si è sentito "pressato" dagli imprenditori: «Come sindaco non ho mai chiesto espressamente la zona rossa - ha chiarito - ma dal 3 marzo 2020 la davamo per fatta». Infine Claudio Cancelli, sindaco di Nembro, la vedeva così: «La mia posizione era - ha spiegato ai pm - di accettare eventuali decisioni di Enti differenti, pur nella consapevolezza degli impatti sulla produzione aziendale della Val Seriana».

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