Femminicidio di Agnosine, chiesto l'ergastolo per Paolo Vecchia: «Sadica insistenza»

Attesa in giornata la sentenza per il 52enne che il 13 settembre del 2021 uccise la moglie Giuseppina De Luca
L'udienza in Corte d'Assise
L'udienza in Corte d'Assise
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«Delle 40 coltellate solo quattro erano mortali. I segni sul corpo della vittima dimostrano la sadica insistenza di Paolo Vecchia nel colpire la moglie». È la ricostruzione del pubblico ministero Carlotta Bernardini che ha chiesto la condanna all’ergastolo nei confronti di Paolo Vecchia, l’uomo di 52 anni che il 13 settembre del 2021 ad Agnosine ha ucciso la moglie Giuseppina Di Luca, dalla quale si stava separando. L’uomo, accusato di omicidio aggravato dalla premeditazione e dalla crudeltà e maltrattamenti in famiglia, non accettava la fine della relazione e aspettó la moglie sul pianerottolo della casa dove la donna si era da poco trasferita.

«Paolo Vecchia non voleva solo infliggere la morte, ma anche dolore fisico, per farle pagare il dolore emotivo che lui stava provando per la separazione. La vittima ha sofferto per dieci-quindici minuti prima di morire. Dieci minuti per una persona colpita da 40 coltellate sono un’eternità. E questo è il dolore che l’imputato ha voluto infliggere».

«Lui scopre solo quella mattina che lei ha un altro. Il 30 agosto lo chiede cinque volte alla moglie al telefono e lei risponde sempre “assolutamente no”. È stato un delitto con dolo d’impeto. Una reazione improvvisa. L’omicidio è frutto di una reazione violenta ed aggressiva ad un fatto nuovo. Non può essere contestata la premeditazione» ha sostenuto il difensore di Vecchia, l’avvocato Roberto Lancellotti. «Diceva a tutti che “se non torna la cope”? Ci troviamo in Valsabbia, in un piccolo paese e da un giorno all’altro la moglie se ne va e sparisce. Ma cosa pensate che dicesse in quella situazione? Ma se ha davvero intenzione di ucciderla lo può andare a dire a tutti quelli che incontra? Siamo in un paesino dove la gente dice che sua moglie lo ha mollato. Non può essere considerata premeditazione. Lui voleva che la gente andasse a dire alla moglie di tornare a casa. La figlia in un messaggio alla madre scrisse: "non mi faccia girare le palle perché gli alzo le mani e lo ammazzo”. È il gergo utilizzato in quel contesto, non sono minacce come potremmo immaginare».

La sentenza della Corte d’Assise è prevista in giornata.

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