Da Brescia a Praga, l’arte di Badiucao portavoce dei diritti

Trentamila visitatori per l’esposizione di BsMusei che ha suscitato curiosità e clamore internazionale
Badiucao davanti alla sua opera «Carrie Lam» scelta come icona della mostra
Badiucao davanti alla sua opera «Carrie Lam» scelta come icona della mostra
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È partita in sordina, è esplosa a livello internazionale con la polemica scatenata dall’ambasciata cinese in Italia (che ne chiedeva la cancellazione), ha chiuso con 30mila visitatori (ed un incasso di circa 100mila euro, più degli 80mila preventivati da Fondazione Brescia Musei) e proseguirà con una tappa fisica a Praga, da maggio ad agosto al Dox Centre for Contemporary Art, e una coda virtuale online visibile gratuitamente sul sito di BsMusei.

Il successo dell'impegno civile

Un successo in crescendo per l’esposizione «La Cina (non) è vicina» dell’artista e attivista dissidente cinese Badiucao promossa dalla Fondazione bresciana, seconda tappa del progetto sull’arte contemporanea e i diritti umani, dopo quella dedicata nel 2019 alla curda Zehra Dogan. E la dimostrazione che l’espressione artistica, quando scaturisce da un profondo impegno e vissuto personale, è in grado di smuovere la curiosità, la riflessione e le coscienze. Il progetto «ha visto la città e la Fondazione aprirsi ad una dimensione nuova, in cui il dialogo tra grande arte e significativo impegno civile coesistono e dimostrano la loro vitalità» ha commentato la presidente di Brescia Musei, Francesca Bazoli. Per il direttore Stefano Karadjov il progetto «proietta la Fondazione in una dimensione di grande respiro che travalica i confini nazionali», mentre la vicesindaca e assessora alla Cultura, Laura Castelletti ha sottolineato «la partecipazione di moltissimi giovani». Nel mese che ha trascorso in residenza nella nostra città tra ottobre e novembre, infatti, Badiucao ha tenuto talk e incontri in scuole e università, non solo a Brescia. Appuntamenti a cui si sono aggiunti laboratori e occasioni di approfondimento a cui hanno partecipato 138 gruppi di adulti e 70 di scuole.

Continuano le polemiche 

Non tutti però hanno gradito il «j’accuse» dell’artista contro la politica espansionista della Cina di Xi Jinping a spese delle minoranze etniche di Tibetani, Uiguri e nel vicino Myanmar, la denuncia della gestione totalitaria del lockdown durante la prima ondata di Covid nei «Diari di Wuhan», e la tagliente ironia contro il leader del Partito comunista cinese. L’ambasciata di Pechino in Italia aveva chiesto di cancellare la mostra, ottenendo un secco «no» da Fondazione e Loggia e risonanza mediatica internazionale sul progetto. Più recentemente, in Consiglio comunale la Lega ha presentato una interrogazione sui costi della manifestazione: 200mila euro, di cui10mila per l’ospitalità dell’artista, 74mila per l’allestimento e 82mila per la promozione, a fronte di coperture previste per 6mila euro dal Comune, 80mila dalla bigliettazione (a conti fatti sono stati 100mila) e i restanti dalla Fondazione. «Un attacco pretestuoso - la replica del sindaco - da chi ha voluto prendere distanza politica dalla mostra».

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