Cocktail di inquinanti e pesticidi: Mella, Oglio e Garza malati
Il bollino rosso - per ora - non glielo toglie nessuno, perchè sul loro stato di salute (alias: «stato ecologico») l’Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente è chiarissima: la casella che li descrive recita «non buono». I destinatari del giudizio critico sono sei corsi d’acqua della nostra provincia. Tra tutti, però, a spiccare è il «caso Mella»: non solo il bacino, specie in alcuni tratti, ha un livello di inquinamento da non sottovalutare, ma - stando al rapporto 2020 elaborato dall’Ispra, sulla scia del monitoraggio condotto nel biennio 2017/2018, e al report «Transizione ecologica aperta: dove va l’ambiente italiano?» - i suoi 96 km di acque, dalla Valtrompia fino alla Bassa cremonese, sono anche stracolmi di pesticidi.
Un caso da monitorare costantemente
Quanto alla contaminazione sono tre, in particolare, i tratti sotto la lente di ingrandimento dell’Arpa (che sta proseguendo il monitoraggio): Castel Mella, Pralboino e Villa Carcina. Si deve però ricordare che anche in città il fiume non se la passa benissimo. Complice anche il viaggio che dura ormai da anni, seguendo sempre lo stesso velenoso tragitto: inizia nell’epicentro del Sin Caffaro di via Milano, passa dai fossi, si tuffa nel Garzetta per poi cascare dritto nel Mella.
Così il cocktail di inquinanti (Pcb, metalli e cromo) della Caffaro infesta anche le acque del fiume di casa. E se è vero che gli «effetti collaterali» vengono di fatto diluiti dalla consistente portata del corso (al punto che gli enti certificano valori comunque entro i limiti anche grazie al primo trattamento delle acque che avviene nell’azienda), è altrettanto vero che le concentrazioni dei contaminanti sono più che consistenti. Specie se rapportati proprio a quella stessa mastodontica portata di acqua che il Mella «gestisce».Il peggiore ma non l’unico: in quanto a «stato ecologico non buono» il Mella è in buona compagnia. La bocciatura è arrivata anche per il torrente Garza, per il Vaso Fiume di Flero, per il Chiese (in particolare nel tratto che attraversa Montichiari), per il torrente Faidana-Gobbia di Sarezzo e per il «segmento» dell’Oglio che scorre a Verolavecchia. Tutte zone, queste, in cui la sorveglianza dell’Arpa Lombardia resta operativa.
La battaglia ai pesticidi

Di quali tipologia di pesticidi si tratta? Prevalentemente glifosate (e il suo principale metabolita: Ampa), un erbicida che viene impiegato su colture sia arboree sia erbacee ma non necessariamenti per usi agricoli: spesso è infatti sfruttato in aree industriali, civili, argini, lungo le strade e le ferrovie. Si tratta di una delle sostanze più vendute a livello nazionale e la sua presenza nelle acque è ampiamente confermata anche da dati internazionali. Se però a livello nazionale si nota una maggiore presenza di insetticidi, nel Bresciano - ma più in generale in tutta la Lombardia - Ispra conferma che sono ancora gli erbicidi a prevalere.
I tratti più avvelenati
In Lombardia, l’Agenzia per la protezione dell’ambiente ricerca ben 106 sostanze direttamente riconducibili a prodotti fitosanitari e biocidi. Non è scontato, anzi: si tratta di uno dei monitoraggi più accurati dello Stivale. Un fattore che non va sottovalutato soprattutto quando si tenta di paragonare i dati a livello nazionale: il fatto che si rintracci una contaminazione maggiore rispetto ad altri territori, in questo caso, può dipendere anche dalla più ampia ed efficace campagna di analisi, una ricerca costante e approfondita per metodo e tipologia di analisi.
Un esempio per tutti: l’Agenzia lombarda dà la caccia e monitora da oltre un decennio sia la presenza di Ampa sia di glifosate nelle acque, indagini che molte altre regioni non conducono. Le sostanze sono presenti soprattutto nelle acque superficiali, dove la frequenza «cresce con lo sforzo di ricerca. Nelle acque sotterranee invece - si legge nella nota dell’Ispra - , si osserva un’inversione di tendenza».
Entrando nel dettaglio del monitoraggio che punta i fari sul bacino idrografico del Mella, sono diversi i punti critici in cui Arpa e Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale hanno rintracciato residui di prodotti fitosanitari. Si parte da Sarezzo, dove la lente è puntata nei torrenti Gobbia e Faidana dalla sorgente all’immissione nel Mella. Ma gli inquinanti sono stati rilevati anche a Gussago, nei torrenti Laorna e Gandovere (dal confine Her alla immissione nella Roggia Mandolossa); a Villa Carcina nel Mella (dal Gombiera fino al confine Her). E, ancora: a Castel Mella, sempre nel fiume Mella (dal confine Her 56 fino a Manerbio); a Pralboino nel Mella (da Manerbio alla immissione in Oglio); a Flero nel vaso Fiume; ad Azzano Mella nel vaso Quinzanello.Per quanto riguarda il bacino idrografico dell’Oglio Sublacuale sono invece tre i «cerchi rossi»: a Castenedolo nel Garza (dal Naviglio Grande Bresciano allo spaglio); a Verolanuova nel fiume Strone (dal Rio Lusignolo alla immissione in Oglio); a Cazzago San Martino nel canale Seriola Castrina.
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