Ambiente

Temporale a Brescia: «Una pioggia torrenziale mai registrata in città»

La quantità di acqua caduta ha superato i livelli massimi registrati dal 1949. Il docente dell'UniBs: «Eventi così accadono ogni cento anni»
Il sottopasso di via Maggi è uno dei vari che si sono allagati mercoledì a Brescia - Foto Gabriele Strada Neg © www.giornaledibrescia.it
Il sottopasso di via Maggi è uno dei vari che si sono allagati mercoledì a Brescia - Foto Gabriele Strada Neg © www.giornaledibrescia.it
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La pioggia che mercoledì si è riversata su Brescia in pochissimo tempo è stata la più intensa degli ultimi 74 anni. Lo ha rilevato il pluviografo di via Branze, sede della facoltà di Ingegneria dell’Università degli Studi di Brescia, che tra il pomeriggio e la sera ha registrato un totale di 94,8 millimetri di acqua caduta in tre ore: la cifra supera i valori massimi conservati dallo strumento di rilevazione delle precipitazioni più antico della città, che si trova all’istituto tecnico agrario Pastori dal 1949. 

«La chiusura degli stabili degli edifici di Medicina e di Ingegneria a Mompiano è stata uno degli effetti di una pioggia torrenziale mai registrata nella nostra città. Stimiamo che eventi così gravi possano accadere ogni cento anni, in media» spiega Roberto Ranzi, docente di Monitoraggio e sistemazione dei bacini idrografici all’UniBs.

Secondo i ricercatori universitari il forte temporale di tre giorni fa confermerebbe una tendenza in atto da alcuni decenni a Brescia. Da uno studio condotto dal team di idrologi guidato da Ranzi, finanziato da Regione Lombardia e dall’Istituto di Ricerca per la Protezione Idrogeologica del Consiglio nazionale delle ricerche, emerge - spiega il docente - che dal 1980 piogge molto intense come quella recente hanno superato di oltre il 15% i valori medi del trentennio precedente. «Si tratta di un aumento statisticamente significativo» commenta Ranzi.

L’analisi statistica di fenomeni di questo tipo è fondamentale per poter attribuire gli eventi meteorologici estremi al cambiamento climatico. Si tratta di indagini complesse anche per i climatologi, che devono confrontare il monitoraggio di temporali, alluvioni, ondate di calore, periodi di siccità con i modelli di cambiamento climatico elaborati dalla comunità scientifica internazionale partendo dal punto di riferimento per questo genere di studi, che è l’IPCC (Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico delle Nazioni Unite). 

Nel rapporto del Centro Euro-Mediterraneo sui cambiamenti climatici intitolato «Analisi del rischio. I cambiamenti climatici in Italia», uscito nel 2020, in cui viene spiegato cosa si sa e anche cosa non si sa delle possibili conseguenze di certi fenomeni in Italia, l’aumento di piogge intense nello stesso luogo è indicato come «uno degli effetti attesi del cambiamento climatico». L’Italia è un paese in cui è particolarmente difficile analizzare il cambiamento delle precipitazioni dal momento che si verificano «con spiccata eterogeneità spaziale», cioè piove in modo diverso a seconda del luogo. Per questo il monitoraggio locale attraverso modelli climatici e l’analisi delle serie storiche diventano fondamentali, a fronte anche del fatto che «gli eventi estremi di precipitazione sembrano essere aumentati in tutta Italia».

Studiare quindi un temporale come quello che il 24 maggio ha investito diversi comuni in provincia di Brescia, a partire da Caino e Nave, è quindi importante per provare a capire se e come il cambiamento climatico - cioè quello attribuibile alle attività umane che alterano la composizione dell’atmosfera - agisce su fenomeni meteorologici che hanno una ricaduta diretta sul rischio idrogeologico dei territori in cui si verificano, così da poterli prevenire. L’Italia è un paese particolarmente soggetto a questo tipo di rischio e in certe zone piogge intense possono provocare alluvioni come quelle in Emilia Romagna, specie se si vanno a sommare a un alto consumo di suolo, alla diminuzione degli spazi a disposizione di fiumi e torrenti e alla riduzione della permeabilità dei suoli.

Secondo Ranzi temporali come quello recente potrebbero diventare ancora più frequenti se le previsioni dei modelli climatici verranno confermate. «Fortunatamente - dice il docente - non abbiamo ancora osservato un aumento significativo delle precipitazioni con durata di più ore consecutive. Quelle che, per intenderci, metterebbero in crisi il bacino del Mella». Scenario tuttavia non escludibile in futuro, se non verranno adottate al più presto - a Brescia come nel resto del mondo - strategie per evitare una crisi climatica altrimenti irreversibile e soluzioni per adattarsi al cambiamento ormai già in atto.

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