Manuela, si ipotizza la perizia psichiatrica per Pasini

L'assassino reo confesso non cambia la sua versione dei fatti nel colloquio con il suo avvocato
PASINI NON CAMBIA VERSIONE
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«Parla come se avesse agito in uno stato di trance che ora, a distanza di tempo, gli crea un grande vuoto su quei momenti». È questo il pensiero dell’avvocato Pietro Paolo Pettenadu, difensore di Fabrizio Pasini, l'assassino reo confesso di Manuela Bailo.

Il legale nelle prossime settimane potrebbe quindi decidere di chiedere una perizia psichiatrica. Per valutare le condizioni mentali al momento del delitto.

«Lo giuro, non le ho tagliato la gola» ha detto il sindacalista al suo difensore, l’avvocato Pietro Paolo Pettenadu. Non ha mutato un solo elemento della versione fornita agli inquirenti nella notte della confessione, il 19 agosto, dopo due settimane trascorse in vacanza in Sardegna con moglie e due figli.

«L’ho spinta ed è caduta dalle scale, ma non volevo ucciderla» ripete Pasini negando di aver sgozzato la ragazza con la quale si frequentava da due anni. L’autopsia dice però altro e racconta di un taglio netto della carotide e non di una morte dovuta ad un colpo in testa compatibile con una caduta dalle scale che portano verso la cantina e la lavanderia della bifamiliare di via Allende. Una frattura composta sulla parte superiore del cranio c’è ed è evidente, ma non è stata ritenuta dai medici la causa del decesso.

«Non è vero, è caduta e quando l’ho portata vicino al lavandino per bagnarla con l’acqua, ha iniziato a perdere molto sangue» è il racconto del sindacalista. «Non so spiegarmi perché non ci sia sangue sulle scale» ha aggiunto parlando del sopralluogo che ha smentito, alla prova del luminol, il racconto del reo confesso. Le scale sono infatti pulite nonostante a domanda precisa del pm: «Quanto sangue c’era sui gradini quando ha preso Manuela?», l’indagato ha risposto: «Moltissimo». Parole annullate dalla scienza.

C’è un altro aspetto sul quale Pasini ha voluto puntualizzare nel colloquio in carcere con il legale. «Quando sono andato via dalla casa dei miei genitori Manuela mi sembrava già morta». La certezza sull’orario del decesso probabilmente non arriverà mai visto lo stato del cadavere, ritrovato dopo 23 giorni di abbandono in una vasca per i liquami dismessa nelle campagne di Azzanello, nel Cremonese. Ipotesi perizia psichiatrica. Pasini nega poi di aver impugnato armi bianche, come invece sostiene il sostituto procuratore Francesco Milanesi, titolare dell’inchiesta.

«Ero convinto di avere in auto due coltelli e non so dove sia quello che manca» ha spiegato al suo difensore l’assassino di Manuela. Il riferimento è all’unica lama trovata nella tasca della portiera sinistra della vettura utilizzata prima per trasportare il cadavere e poi per andare in ferie e dove - stando alla confessione dell’uomo - le lame sarebbero dovute essere due. Manca all’appello un coltello francese da campeggio, «ma faceva anche fatica a tagliare» ricorda Pasini in una ricostruzione che, secondo il suo legale, è segnata da troppe incongruenze e da molti buchi neri.

Conducendo carabinieri e magistrato nella cascina nel Cremonese dove aveva abbandonato Manuela raccontò di aver avvolto il cadavere in un solo sacco. La 35enne venne però ritrovata occultata in due sacchi e di questo particolare Pasini non pare ricordare nulla.

 

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