Leone XIV torna a Castel Gandolfo, ville rinate grazie a un bresciano

Papa Francesco non ha mai amato la residenza estiva dei pontefici a Castel Gandolfo, non solo non ci è mai andato ma lo ha anche trasformato in un museo aperto al pubblico. Leone XIV ha invece deciso di tornare nel solco dei predecessori e trascorrere le vacanze (che Paolo VI definiva «il ristoro necessario, salutare e sereno») in quelle ville meravigliose che si affacciano sul lago Albano sui Castelli romani; papa Prevost è arrivato ieri e rimarrà fino al 20 luglio, poi tornerà per tre giorni, dal 15 al 17 agosto, riprendendo così la tradizione di celebrare l’Assunta, appunto, nella parrocchia pontificia di Castel Gandolfo.

Per accogliere il nuovo pontefice, in queste settimane sono stati necessari alcuni lavori; il palazzo pontificio che ha visto come ultimo inquilino Benedetto XVI (proprio nel palazzo del borgo sulla collina si è ritirato dopo le sue dimissioni nel febbraio 2013: è rientrato in Vaticano soltanto dopo l’elezione di Bergoglio) è appunto ora aperto al pubblico, il nuovo pontefice risiederà quindi a villa Barberini.
Impegno

Il complesso delle ville pontificie si estende per 55 ettari, quindi più dei 44 che formano la Città del Vaticano; un luogo straordinariamente affascinante che deve il suo aspetto attuale all’impegno di un bresciano: Emilio Bonomelli, che delle ville pontificie fu direttore per quarant’anni. Bonomelli era nato a Rovato il 21 settembre 1890. Laureato in giurisprudenza, si dedicò anche al giornalismo: dal 1913 al 1914 fu redattore de «Il Cittadino di Brescia». Dal 26 luglio 1914 al 1920 fu invece sindaco di Travagliato, a lui si deve anche la prima farmacia comunale del paese. Nel 1919 fu tra i primi ad aderire al Partito popolare e fondò molte sezioni locali.
Apertamente antifascista, il 3 giugno 1923 venne aggredito in un bar di Rovato. Nel 1924 prese il posto di Carlo Bresciani come segretario provinciale del Ppi: la sua attività contro il regime di Mussolini si intensificò ulteriormente. Sempre più perseguitato, nel novembre 1926, riuscì a riparare in Francia a casa di un fratello: il suo studio di avvocato venne distrutto dalle squadre fasciste.
Nel 1929 tornò in Italia, grazie alla sua amicizia con Alcide De Gasperi trovò accoglienza in Vaticano. Pio XI lo incaricò di presentare un progetto per la sistemazione della villa di Castel Gandolfo, ingrandita, in virtù del Trattato del Laterano, con la proprietà dei principi Barberini. Bonomelli, con i tratti tipici dell’operosità bresciana, si dedicò poi ad opere di ristrutturazione e di ampliamento dei nuovi giardini e dell’azienda agricola, rendendola un modello di efficienza. Visti gli straordinari risultati, papa Ratti, nel 1932, gli affidò la conservazione del patrimonio e della residenza papale e lo creò direttore delle ville pontificie.
Accanto all’attività di «giardiniere del papa», Bonomelli proseguì, con assoluta discrezione, anche l’attività politica. Durante la Seconda guerra mondiale fu instancabile nell’organizzare accoglienza agli oppositori del regime sia a Castel Gandolfo che nelle residenze romane extraterritoriali di proprietà del Vaticano. Un’intensa attività che lo portò più volte a rischiare la vita. Papa Paolo VI amava moltissimo Castel Gandolfo (come dopo di lui Giovanni Paolo II), frequentava quei palazzi anche prima dell’elezione a successore di Pietro: Giovanni Battista Montini vi andava già quando era monsignore in Segreteria di Stato, era ospite proprio della casa del bresciano Bonomelli.
Affetto
Un episodio testimonia questo legame. A metà giugno del 1963 Montini arrivò a Castel Gandolfo: i cardinali erano stati convocati in Vaticano per eleggere il successore di Giovanni XXIII. L’arcivescovo di Milano era, come sempre, ospitato dall’amico. Montini si era rifugiato nella splendida tenuta dei papi per fuggire dalla curiosità dei cronisti, si parlava infatti di lui come del futuro successore di Pietro.
La mattina del 19 giugno Montini partì alla buon’ora per partecipare alla messa di apertura del conclave. Il personale di Castel Gandolfo si era radunato per salutare l’illustre ospite, uno di loro (preso dallo slancio emotivo) lo salutò dicendogli: «Padre Santo, tanti auguri». Bonomelli, uomo di un rigore ottocentesco, incenerì con lo sguardo quel pover’uomo. Montini accolse invece l’augurio con il consueto benevolo sorriso. Del resto dopo soli due giorni quell’auspicio era diventato realtà.
Il ricordo
A Castel Gandolfo, Bonomelli visse anche momenti drammatici, gestì la terribile emergenza della guerra quando, nel periodo seguito all’8 settembre 1943, le ville ospitarono oltre 12mila sfollati. Emilio Bonomelli si trovò a dover organizzare alloggi, mense e servizi vari e a presiedere la singolare comunità con tante donne e bambini.
Il 27 settembre 1971, scoprendo una lapide commemorativa in suo ricordo installata alle ville pontificie, Paolo VI definì Bonomelli (che per la famiglia Montini era il «quarto fratello») «fedelissimo, esemplare, tanto diligente e tanto solerte servitore della Santa Sede».
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