Calcio

Le due pec di Massimo Cellino, che punta a mandare in tilt la Figc

Nel mirino dell’ex presidente c’è Gabriele Gravina: resta da capire se si tratti di una battaglia vera o dell’ennesimo bluff
Massimo Cellino, foto d'archivio - Foto New Reporter Papetti  © www.giornaledibrescia.it
Massimo Cellino, foto d'archivio - Foto New Reporter Papetti © www.giornaledibrescia.it
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Di certo per Gabriele Gravina sarà un’estate rovente, l’ennesima verrebbe da dire. E non solo perché il cammino della Nazionale verso i Mondiali è iniziato nel peggior modo possibile e il rischio di vedere dal divano il terzo Mondiale di fila è un rischio più che reale (tanto è vero che ci sarà un faccia a faccia con Spalletti). Senza contare quanti tornano a chiedergli di dimettersi per i flop a ripetizione. Sul tavolo del presidente della Figc c’è la grana play out di serie B (andata tra una settimana), con la Salernitana sul piede di guerra per il rinvio ed è immaginabile cosa potrebbe scatenare il club campano qualora dovesse soccombere nella doppia sfida con la Sampdoria e retrocedere.

Gabriele Gravina, presidente della Figc - Foto Ansa © www.giornaledibrescia.it
Gabriele Gravina, presidente della Figc - Foto Ansa © www.giornaledibrescia.it

La battaglia di Cellino

Gravina deve poi fare i conti con la battaglia che Massimo Cellino vuole portare avanti per picconare il calcio italiano. E il suo presidente, che Cellino pubblicamente chiama Pinochet «anche se il generale cileno era più democratico», è il nuovo obiettivo dell’imprenditore sardo. Sembra un paradosso, ma l’uomo che ha fatto andare a fondo il Brescia scegliendo di non versare tre milioni e firmare una vendetta «contro chi mi chiedeva di andarmene da tempo» pare non voler mollare. È l’ennesima sfida di chi nella carriera da presidente ha sempre cercare uno scontro contro qualcuno o qualcosa, anche semplicemente per sentirsi vivo.

L’appello

Domani deciderà se dare il via libera ai suoi legali per andare a discutere il ricorso in appello contro la penalizzazione di otto punti che il 29 maggio aveva condannato il Brescia alla retrocessione in serie C. Cinque giorni primi di staccare la spina al club, Cellino aveva chiesto alla Lega calcio e alla Figc una deroga per il pagamento degli stipendi. Lo ha fatto via pec – quindi con un atto ufficiale – ma non ha ricevuto risposta e ora intende impugnare questo silenzio davanti a Gravina, al quale contesta poi una scelta che ritiene anticostituzionale. Quella di aver costretto quattro società «attualmente in un limbo», ovvero Brescia, Sampdoria, Frosinone e Salernitana, a saldare le scadenze federali senza che le stesse possano aver fin qui incassato i crediti e il paracadute che spettano ai club.

Verità o bluff?

Per il Brescia sarebbero congelati due milioni e mezzo di euro che con il fallimento e la cancellazione della matricola collegata al Brescia, andranno in fumo. Cellino vuole dimostrare che se la Figc avesse sbloccato quel denaro avrebbe rispettato le scadenze federali. Verità o siamo davanti all’ennesima partita di poker a colpi di bluff e provocazioni? «Si chiama strozzinaggio quello subito dalla Federazione» ha ripetuto fino a poche ore prima di abbandonare il Brescia al suo destino. «Forse Gravina ignora che la giustizia sportiva non prevale su quella dello Stato». Una minaccia anche e soprattutto per il futuro del Brescia che rischia di rimanere intrappolato nella battaglia di Cellino contro tutto e tutti.

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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