Da Pirlo all’Airone fino a Sabelli: Brescia e i grandi ritorni

La letteratura legata ai grandi ritorni pesca un po’ ovunque. Dai detti popolari alla musica pop. Con varie sfumature. Così, si va dal proverbiale rimando alla «minestra riscaldata», raramente gradevole, al romantico lirismo vendittiano di «Amici mai»: «Certi amori non finiscono, fanno dei giri immensi e poi ritornano» (per chi non la conosce suggeriremmo pure «Come Back To What You Know» degli Embrace, 1998). Ritorni nella vita, ritorni nel calcio, ritorni al Brescia calcio: il caso Stefano Sabelli è solo l’ultimo di una lunga serie, che ha dei protagonisti anche molto significativi. Al centro di operazioni che hanno avuto esiti d’ogni genere: dall’eccezionale al dimenticabile.
Fa storia a sé Andrea Pirlo, che con la maglia della squadra della propria città riesce prima a lanciare la propria carriera e poi a reinventarsi in una posizione che l’avrebbe consegnato alla storia. Abbandonato il Brescia nel 1998, il Genietto vi fa ritorno in prestito, nel 2001, da giocatore molto poco valorizzato dall’Inter. Mazzone lo trasforma da fantasista a regista. Posizione nella quale diventerà uno dei migliori di sempre. Se nelle sue due esperienze da rondinella Pirlo passa dall’essere una promessa al diventare un campione, Pep Guardiola vive il biancoblù da senatore, dopo una vita al Barcellona. In seguito alle ottime performance della stagione 2001-2002, cede al corteggiamento della Roma. Torna a Brescia nel 2003. Di lui, e di entrambi i suoi periodi, si hanno solo eccellenti ricordi.

Nel corso dei decenni, i tifosi della Leonessa si sono abituati a vedere alcuni dei propri beniamini consacrarsi o detonare vestendo altre maglie: Ganz, Toni, Hamsik... A compensazione di questo fenomeno, c’è il caso Andrea Caracciolo. Un giocatore che non è mai riuscito ad affermarsi lontano da Brescia. Il centravanti è biancoblù dal 2003 al 2005, dal 2008 al 2011 e dal 2012 al 2018. In mezzo a queste tre fasi veste le casacche di Palermo, Samp, Genoa e Novara, senza incidere. Con la V bianca sul petto entra invece nella storia, diventando il miglior marcatore della storia del club (173 gol). Dietro a lui - con 102 centri - c’è Virginio De Paoli, rondinella dal 1961 al 1966, e dal 1968 a fine carriera, nel 1972. Per l’attaccante, due promozioni in serie A (1964-1965 e 1968-1969), con titolo di capocannoniere del torneo messo in tasca in entrambe le occasioni. In mezzo, pure uno scudetto con la Juve.

Altro bomber di razza che finisce la carriera a Brescia (nel 1990, in B), dove era esploso tra il 1974 e il 1977 è Spillo Altobelli.In carriera ci sono uno scudetto e due Coppe Italia con l’Inter, e il Mundial del 1982 (doppia vita biancoblù anche per Evaristo Beccalossi). Luci e ombre. Ma si ricordano anche ritorni trascurabili o semplicemente negativi. Quello di uno sfiatato Stefano Mauri nel 2017, dopo un decennio da bandiera nella Lazio. Quello di Matteo Sereni, saracinesca nel 2002-2003, fuori fuoco nel 2010-2011, provato anche da vicende private. Quello di Antonio Filippini nella medesima stagione, disastrosa a livello di club (e sarebbe pure l’anno del centenario...).
Play off, ma non promozione, per il Roberto Baronio di ritorno nel 2008-2009. Dopo i fuochi d’artificio a livello personale del 1992-1993, che non impediscono la retrocessione, Florin Raducioiu si regala altre due annate, e 5 gol, in biancoblù, tra il 1998 e il 2000. Poca gloria per il bresciano Paolo Castellini, che chiude la carriera nella squadra della propria città nel 2016. Finisce tra le polemiche la seconda esperienza di Daniele Adani nel 2004, dopo il bel quinquennio di fine Anni Novanta. Per ritrovare gioia nella propria terra dopo il ritorno di fiamma del 1994-1995, Eugenio Corini deve invece attendere la nuova vita, quella da allenatore.
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