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L’Airone Caracciolo vola sui 40 anni: «Sono un ragazzo fortunato»

L’attaccante e il compleanno da cifra tonda: «Sono felice e penso solo a una festa d’addio al Rigamonti»
Caracciolo è riconosciuto come bandiera del Brescia - Foto © www.giornaledibrescia.it
Caracciolo è riconosciuto come bandiera del Brescia - Foto © www.giornaledibrescia.it
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Sono 40: «Però a me non fa effetto». Sicuro? «Boh... a me sembra un compleanno qualunque». È impossibile: il raggiungimento di qualsiasi cifra tonda innesca in chiunque il meccanismo che porta a fare bilanci... «Giuro che a me non è scattato nulla, ma se dobbiamo fare il bilancio, facciamolo. Solo che il mio è subito fatto: gli anni passano e io mi sento sempre e comunque un ragazzo fortunato».

Se non l’avessimo di fronte al tavolino di un bar, il sospetto di un bluff di fronte a tanta indifferenza nei confronti del compleanno numero 40, sarebbe fortissimo. Ma gli occhi di colui che da oggi è ufficialmente un signore di mezz’età («Io mi sento un uomo ed eterno ragazzino insieme») non raccontano bugie. È proprio così, Andrea e il suo alter ego Airone non mentono: sono 40 anni per entrambe le identità di Caracciolo, ma è come se non fosse. Vale proprio la pena di indagare su tanta naturalezza che un po’ fa specie, perché di solito la categoria del calciatore è quella che più fatica a fare i conti con il tempo che scorre. Caracciolo fa eccezione, come un’eccezione d’altronde la fa la sua storia di calcio e di vita. Che poi è più che altro una storia di vita che l’ancora attaccante milanese sente realizzatissima prima di tutto sul piano umano proprio grazie al calcio.

Caracciolo, ci dica almeno che darà una bella festa... «Macché. Cena con la famiglia in casa, poi ne farò una con i ragazzi del Lumezzane, ma niente di che, come al solito».

Con la moglie Gloriana e i figli Riccardo e Beatrice - Foto © www.giornaledibrescia.it
Con la moglie Gloriana e i figli Riccardo e Beatrice - Foto © www.giornaledibrescia.it
Dica la verità: non è che magari fa finta che i 40 non le facciano effetto perché sta ancora giocando e ha paura di smettere? «Io questa paura non l’ho mai avuta. Ed ero d’altronde già pronto a farlo nell’estate famosa in cui il Brescia mi propose di fare diesse. Poi le cose andarono in un altro modo, ma ero pronto».

Se lei ci guarda dentro cosa vede in questi 40 anni? «La felicità. Perché sono contento di quello che ho vissuto e di come l’ho vissuto. Credo di aver fatto qualcosa di bello, lo capisco dall’affetto che ancora ricevo da tutti: bambini, adulti, anziani...».

Se pensa a sé ragazzino che immagini vede? «Ne ho due. La prima è di quando giocavo all’Alcione e un signore mi chiese "qual è il tuo sogno?". Io risposi "giocare in serie C". La seconda è: io in macchina con Pisano e Delnero che da ragazzini stavamo andando a Erbusco per preparare la partita col Paris Saint Germain. Quel giorno ripensai alla domanda di quel signore e mi pareva di vivere qualcosa di incredibile».

Ma aspirava solo alla serie C per poca autostima o perché tenere le aspettative basse aiuta a non restare delusi? «Perché sono un realista. Ho sempre vissuto tutto così, per tappe. Io sono uno che deve fare un passo per volta. Per esempio, tra un po’ intraprenderò il percorso per diventare direttore sportivo e sogno di farlo un giorno al Brescia. Ma so che per arrivarci dovrò fare tanti passi per crescere e dimostrare di poterlo fare».

Ma lei pensa mai che avrebbe potuto fare una carriera diversa e più «di livello» pensando ai suoi mezzi tecnici? «Non sopporto i giocatori o ex giocatori che vivono di "se" e di "ma". Di me penso che ho fatto il massimo di quello che potevo. Una voltà Pradé mi disse "sei sottovalutato". No, io dico che semplicemente, se non ho fatto benissimo a Palermo e Genova, è perché Brescia era il mio ambiente».

Ci pensa almeno al fatto che avrebbe potuto avere più soldi? «Più o meno credo che con altre scelte avrei potuto averne almeno il doppio. Ma ho comunque guadagnato tanto: ho una bella casa, ne ho acquistata una per i miei e non mi manca nulla».

Facciamo finta che lei possa chiedere un regalo speciale per una ricorrenza speciale solo per gli altri a questo punto... «Una partita al Rigamonti su invito del Brescia, oppure una giornata a Torbole».

Caracciolo con Gino Corioni - Foto © www.giornaledibrescia.it
Caracciolo con Gino Corioni - Foto © www.giornaledibrescia.it
A un fantomatico genio della lampada per neo quarantenni può chiedere di dire qualcosa ai suoi presidenti più rappresentativi. A Gino Corioni cosa dice? «Niente perché ci penso da solo ogni volta che passo davanti alla Saniplast. Con chiunque io sia mi volto, guardo in quella direzione e...posso dirlo? Mando a quel paese il pres perché non doveva lasciarmi solo: mi manca tantissimo, prima di tutto come uomo».

A Massimo Cellino? «Vorrei sedermi al tavolo con lui per parlare di calcio, perché credo sia un grande intenditore e che sia molto capace. Poi magari nei discorsi di calcio metterei anche cose nostre». A Giuseppe Pasini? «Gli dico che è un bravissimo presidente destinato a migliorare nel calcio. Forse la mia scelta di andare a Salò è stata sbagliata perché emotivamente non ero pronto. Però credo che la società dal mio arrivo al mio addio sia cresciuta. A Pasini comunque dico anche grazie». A Lodovico Camozzi? «Mi ricorda a tratti Corioni. È un bravissimo imprenditore e può fare grandi cose nel calcio. Lo ringrazio per la stima che ha nei miei confronti e spero di dargli ciò che lui si aspetta da me. Vorrei crescessimo insieme».

Il gol di Caracciolo contro il Carpi, era il 12 novembre 2017 - Foto Reporter © www.giornaledibrescia.it
Il gol di Caracciolo contro il Carpi, era il 12 novembre 2017 - Foto Reporter © www.giornaledibrescia.it
Il gol che vorrebbe ri-segnare come autoregalo? «Non il rigore con il Torino perché ora posso dirlo: me la facevo sotto. Forse vorrei segnare l’ultimo gol che ho fatto, contro il Carpi, con la consapevolezza che sarebbe stato l’ultimo col Brescia. Quel giorno non lo sapevo. A giugno smetto di giocare comunque e confesso di avere l’idea di una festa al Rigamonti...».

Il gol che non ha segnato per cui ha rosicato? «Col Crotone dopo la morte di Corioni. Non stavo bene, ho fatto di tutto per esserci. Entrato in campo nel secondo tempo ho avuto un’occasione e ho fatto un liscio. Volevo far gol per dedicarlo al pres, ma secondo me non me lo ha voluto far fare Corioni per dispetto per quella volta in cui - ride- non andai alla Dinamo Kiev».

Allora già che ci siamo: il Caracciolo 40enne andrebbe a Kiev oggi? «Io ci avevo pensato seriamente anche allora, ero andato là due giorni in visita con mia moglie: ma io non posso stare lontano da casa».

Lei pensa di aver dato più di quello che ha ricevuto al Brescia? «No. Io ho fatto il mio: è Brescia che ha dato tanto a me».

Con gli allenatori lei ha sempre avuto alti e bassi... «Vero, ma sinceramente anche col senno di poi penso di aver sempre avuto ragione. L’unica cosa che non rifarei è una spinta a Ivo Iaconi. Tutto nacque dal fatto che dopo una sconfitta ci diede due giorni liberi e secondo me invece dovevamo allenarci. Quella volta ho sbagliato. Un rapporto speciale l’ho invece avuto con Iachini, poi con Cosmi e anche con Boscaglia, pure se discutevamo tanto».

Con i compagni? «Io penso di essere sempre stato benvoluto». È impossibile che siano sempre state rose e fiori con tutti, su... «Ovvio che no. Diciamo che sono un paio le persone con le quali ho chiuso del tutto, ma non mi va di dire con chi perché sono cose piccole rispetto a tutto il bello da cui sono stato circondato. Diciamo che se sui due piedi mi chiedete di scegliere tre compagni che non mancherebbero a una mia festa ipotetica di 40esimo sarebbero Bega, Possanzini e Arcari».

E Baggio? E Guardiola? «Sono state due ciliegine sulla torta. Roby è magico: ho avuto la fortuna di andare a casa sua anche un mese fa. Pep ancora me lo ricordo che arrivava al campo con le canzoni di De Gregori... Che meraviglia».

Cosa cancellerebbe? «Gli audio in cui parlavo male della Cremonese anche se era roba privata poi diffusa».

Ad ascoltarla ha avuto e ha una vita bellissima... «È così. E se mi accade qualcosa che non vorrei, penso che doveva andare così e che mi capiterà poi qualcosa di più bello. Sono amato, ho una splendida famiglia: sono un ragazzo fortunato». E l’Andrea di 40 anni cosa direbbe a quello di 20? «Goditi ogni momento perché ne vivrai davvero di stupendi e unici».

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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