Comunità Shalom: un nuovo esposto e la video inchiesta riaprono il caso

Un film già visto. E già giudicato. Che torna sugli schermi bresciani dieci anni dopo. Con al centro della pellicola, la Shalom, comunità di recupero per tossicodipendenti con sede a Palazzolo. Sul tavolo del sostituto procuratore Jacopo Berardi è arrivato un nuovo esposto per presunti maltrattamenti sugli ospiti.
Il precedente
La Shalom era già finita al centro di un’inchiesta complessa, che aveva creato imbarazzo istituzionale, conclusasi con un’assoluzione di massa. Con 42 imputati, tra cui suor Rosalina Ravasio, scagionati e 35 capi di imputazione sgretolati tra il primo e il secondo grado. Anche in quel caso a fronte di decine di testimoni, che sfilando in aula giurarono di aver vissuto l’inferno - alla storia processuale la dichiarazione: «decisi che era meglio tornare in carcere piuttosto che stare lì dentro» - altrettanti raccontarono di essere stati salvati proprio grazie alla struttura.
«Tra gli ospiti di Shalom quelli che hanno compiuto un fecondo percorso riabilitativo non solo hanno prospettato uno scenario diametralmente opposto alle accuse, ma hanno fatto capire come il dissesto interiore di alcuni compagni li avesse indotti a equivocare la reale valenza dei metodi terapeutici» scrisse il presidente del collegio Roberto Spanò nelle 73 pagine di motivazioni della sentenza di primo grado ora nelle mani del pm che deve valutare le nuove accuse. Spanò specificò anche che «la disamina del corposo fronte delle accuse non può prescindere dall’individuazione della malferma linea di confine tracciabile tra l’imposizione di drastiche regole contenitive proprie di una struttura chiusa - funzionali al recupero di individui precipitati in una profonda deriva esistenziale - e il rispetto degli elementari diritti di dignità, di libertà e di autodeterminazione degli ospiti».
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