Bassa

Voci dalla Comunità Shalom: «Il nostro percorso oltre le droghe»

Cosa significa superare una tossicodipendenza? Lo raccontano quattro giovani ospiti del centro di riabilitazione di Palazzolo sull'Oglio
  • Il centro di riabilitazione per tossicodipendenti Comunità Shalom
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Allen ha occhi scuri, vivi, e un viso aperto che non si incupisce nemmeno mentre racconta del suo passato con la cocaina. «La droga è diventata una costante quando ero ancora molto giovane» dice. Ha 26 anni e da cinque abita nella Comunità Shalom, il centro fondato a Palazzolo sull'Oglio nel 1986 da suor Rosalina Ravasio per riabilitare i tossicodipendenti e su cui nel 2012 venne aperta un'inchiesta relativa alla gestione degli ospiti, conclusa con le assoluzioni di tutti gli indagati. Allen è uno dei 220 ospiti attuali nella sede della Bassa (ce ne sono altre tre: a Pontoglio, a Villa d'Adda e ad Affi), tra donne e uomini con età dai 14 anni in su, impegnati in un percorso di reinserimento sociale che si basa su attività manuali, psicoterapia, preghiera e solidarietà. 

Tanti ospiti della Comunità Shalom sono ventenni e trentenni, che oggi sognano una vita normale oltre la tossicodipendenza. Molti di loro hanno cominciato ad abusare di sostanze stupefacenti da giovanissimi. Vivevano la droga, raccontano, come un tentativo di colmare un vuoto, un dolore o una rabbia inespressa. Pensavano così di trovare un senso al sentirsi costantemente persi. 

«Quando avevo 15 anni, un mio amico si è suicidato. Poi ne è morto un altro, per un ictus. Da adulto ho affrontato l'aborto della mia ex compagna di cui mi sento ancora responsabile. Con la cocaina cercavo di riempire i buchi che si erano formati dentro di me. Ma non mi accorgevo che invece di ricucirsi le ferite si allargavano a dismisura e io, intanto, ero diventato apatico, non ero più in grado di provare alcun sentimento». Prima di entrare in comunità nel 2015 Alessandro, 34 anni, lavorava nei locali di Ibiza e Formentera. Poi ne ha aperto uno suo, ma «dopo poco - dice - ho rovinato tutto». La prima canna a 13 anni, a 14 è stato il turno della cocaina: «Uscivo con gente più grande e volevo sentirmi parte del gruppo. Solo che poi ho iniziato a tirare tutti i giorni».

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LE TESTIMONIANZE DI ALESSANDRO E DI ALICE

Anche per Eleonora, 21enne di Milano, tutto è iniziato dentro a dinamiche di compagnia: «Mi sono fatta trascinare, così dopo gli spinelli sono passata alla cocaina e all'eroina». Cosa l'ha spinta a cominciare? «Non stavo bene. Volevo estraniarmi da tutto, crearmi un carattere che mi difendesse dal male che provavo. Andavo in overdose, i miei genitori erano distrutti. Quando ho capito che non volevo più andare avanti così, sono venuta qui». 

Alice invece è nata in provincia di Verona, ha 24 anni e quando ha iniziato ad assumere sostanze stupefacenti ne aveva 13. Anche lei prima le canne, poi la cocaina. «All'inizio mi sentivo invincibile - racconta -. Pian piano, però, si è formato un vuoto. Provavo a dare un senso con la droga al mio sentirmi persa». Per procurarsi la coca, da adolescente senza soldi a disposizione, Alice ha fatto cose che oggi rigetta ma non ha paura di dire ad alta voce: «Gli spacciatori sono generosi se ottengono qualcosa in cambio. Io ho buttato via la mia dignità per avere la mia dose giornaliera. Finché un giorno ero molto stanca, e ho tentato il suicidio. Era il compleanno di mio padre, non lo ricordavo nemmeno. Quando ho aperto gli occhi tra le sue braccia ho capito che era ora di cambiare». La Comunità Shalom per Alice, che ci è arrivata tramite un don della sua parrocchia dopo essere passata per il Sert e vari reparti di psichiatria, è stata la salvezza. 

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LE TESTIMONIANZE DI MANUEL ED ELEONORA

Entrare nel centro, che in questo momento accoglie i visitatori addobbato a festa per il Natale, non è facile per una persona dipendente da sostanze stupefacenti. Significa accettare nuovi ritmi - la sveglia alle 8, tre pasti al giorno, lavoro diurno e poi a dormire alla stessa ora -, lasciare gli affetti, intraprendere la psicoterapia e imparare un nuovo modo di comunicare. A volte ci si deve anche preparare a ricadere, per poi ripartire. Com'è successo a Manuel, 31enne, che uscito dopo 9 anni di comunità ha ricominciato ad assumere sostanze. «L'impatto con la realtà fuori è stato duro - racconta -. Sono andato in crisi e ho ripreso a drogarmi, ma la mia compagna mi ha scoperto. Così sono tornato qui». La sua fortuna, racconta, è stata la famiglia: «Non mi hanno mai abbandonato. Nemmeno mia sorella, anche se un tempo le mettevo le mani addosso perché pensavo che i miei genitori amassero soltanto lei». Come le ragazze e Alessandro, anche Manuel ha sperimentato ogni genere di droga da giovanissimo, rubando e spacciando per recuperare i soldi necessari: «In quei frangenti non ho più avuto un rapporto con i miei cari. Adesso lo abbiamo ricostruito».

Nella Comunità Shalom gli ospiti possono incontrare le famiglie una volta al mese. L'idea è quella di coinvolgere le persone care nel percorso di riabilitazione, attraverso sedute di psicoterapia ma anche condivisione delle attività e momenti di preghiera e festa insieme, come accadrà con la cena della Vigilia. 

È un passato di cui non è facile parlare, ma, spiegano i due trentenni che si descrivono come «ex tossici», è necessario farlo. «Perché solo così riuscito ad accettarmi - dice Alessandro, che oggi è responsabile del settore della «frutteria» di Shalom -. Quando entri in comunità non sai cosa ti aspetta. Ed è dura. Ma per prendere le distanze dalla dipendenza c'è bisogno di psicoterapia, preghiera, sostegno. E soprattutto devi voler cambiare tu». 

Nessuno sa cosa li aspetti fuori dal centro. Alice ha ripreso a studiare, si prepara alla maturità. In futuro vorrebbe puntare sulle sue passioni, l’arte e la psicologia. Eleonora invece ha già un diploma in ragioneria ma la professione è un pensiero solo secondario: «Quello che mi importa è stare bene. E raccontare ai ragazzi che è possibile». Manuel e Alessandro vorrebbero «una vita normale. Da persone diverse, più libere e più serene. Essere un figlio, un fratello, uno zio, un compagno forte per la persona che amo, capace di affrontare gli ostacoli senza scappare più». Qualcosa che, se una volta appariva quasi banale, oggi è diventato un desiderio cui aspirare, da ricostruire dall'inizio.

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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