Cisl Scuola Brescia: uno studente su tre ha usato farmaci contro l’ansia

La Redazione Web
Un’indagine condotta su 152 alunni bresciani delle superiori restituisce una fotografia su cosa pensano gli adolescenti e cosa si aspettano dal loro futuro
Adolescenti seduti su una scalinata - Foto Unsplash
Adolescenti seduti su una scalinata - Foto Unsplash
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Secondo una ricerca promossa da Cisl Scuola Brescia, uno studente bresciano su tre delle scuole superiori ha utilizzato medicinali o sostanze per combattere l’ansia.

Il campione del questionario, condotto da BiblioLavoro, è piuttosto limitato (152 intervistati, un’età media 16,6 anni, il 71,7% rappresentato da ragazze), ma fornisce comunque alcuni spunti interessanti.

Rispetto al tema dell’ansia, pesa ancora l’esperienza della pandemia. Le altre cause indicate sono la scarsa autostima, i problemi famigliari e quelli sentimentali. Questo non impedisce ai rispondenti di ritenersi prevalentemente felici (77%).

Punti chiave

Le sensazioni provate dagli studenti riguardo al futuro sono contrastanti: sono infatti fortemente presenti sia sensazioni positive come curiosità (68,1%) ed entusiasmo (44,9%), sia emozioni negative come l’ansia (62,3%) e la paura (39,1%). Per quanto riguarda il lavoro, i rispondenti sono soprattutto preoccupati per l’incertezza del futuro (46,4%), non avere abbastanza tempo per sé e per la propria famiglia (44,2%) e percepire un reddito troppo basso (39,9%). Non emergono invece particolari preoccupazioni per i temi legati alla precarietà, come avere uno stipendio non continuativo (15,9%), cambiare spesso lavoro (9,4%) e temporaneità del lavoro (5,8%).

Tra i gli ambiti ritenuti di maggior valore dai ragazzi emergono la famiglia (96,4%), loro stessi (93,5%), il tempo libero (93,5%) e gli amici (91,3%). Più indietro si trovano fattori come l’amore (87%), ricchezza (86,2%), bellezza fisica (82,6%) e successo (79%). Agli ultimi posti si trovano studio e cultura (71,7%), impegno sociale (65,9%) ed impegno politico (31,2%). A dimostrazione di ciò, oltre la metà degli studenti non partecipa al mondo associativo (52,2%).

Tra i valori principali dei giovani rientrano la famiglia, gli amici e la cura di sé. È sul lato politico e sociale che gli studenti dimostrano poco attaccamento, come dimostra la bassa partecipazione al mondo associativo. Emerge una generale sfiducia nelle istituzioni, in particolare per la Chiesa, il governo ed i partiti politici. Ciò che fa stare meglio gli studenti sono i legami stabili e duraturi come quelli in famiglia, con gli amici e il partner.

L’indagine

La ricerca è stata presentata durante il convegno «Io sto bene, ok, però a volte…» tenutosi oggi a Brescia e inserito nel ciclo di incontri «Fare bere fare sostenibile» promosso dalla Camera di Commercio. «La partecipazione a questo progetto – commenta Luisa Treccani, che oltre ad essere alla guida della Federazione provinciale fa anche parte della Segreteria regionale di Cisl Scuola – ci dà l’opportunità di portare nel dibattito la nostra esperienza. Non ci limitiamo infatti a rappresentare chi lavora nel mondo della scuola, ma siamo da sempre vicini agli studenti, ai quali dedichiamo progetti di formazione e di orientamento al lavoro».

«Obiettivo dell’indagine – spiega Francesco Girolimetto, direttore di BiblioLavoro – è capire quali sono gli stati d’animo prevalenti tra i ragazzi, quali i loro valori e la visione del futuro che li attende una volta terminati gli studi. Oltre al largo utilizzo di medicinali e sostanze per combattere l’ansia, va sottolineato un forte dualismo per quanto riguarda proprio le aspettative dei giovani. Le sensazioni descritte sono in netto contrasto tra loro e gli stati d’animo negativi sembrano essere cresciuti con la pandemia: 4 studenti su 10 lamentano sensazioni d’ansia proprio in seguito all’esperienza del Covid (40,6%), pochi meno sono quelli che vedono peggiorate le proprie interazioni sociali (39,1%), le condizioni di salute mentale (34,8%) e la visione del futuro (34,1%). Stupisce invece come non sia fonte di ansia la precarietà: cambiare spesso lavoro è un fattore preoccupante per il 9,4% così come la temporaneità del lavoro è segnalata dal 5,8% degli intervistati».

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