Medici di base, Sos dei corsisti: «Col ruolo unico ci dimettiamo»

Vlad Secara, classe 1991, è medico di famiglia a Lonato: punto di riferimento per 560 pazienti, è al terzo e ultimo anno del corso regionale che gli consentirà di continuare a esercitare quella che per lui è sempre stata la professione dei sogni. Una professione che, però, sta cambiando al punto tale da fargli mettere in dubbio quale sarà il suo futuro: «Se mi imponessero di passare al "ruolo unico" farei ricorso. O mi dimetterei e andrei a fare l’internista in ospedale».
Il «ruolo unico»
Purtroppo non è l’unico ad aver maturato disaffezione verso un mestiere del quale c’è un grande bisogno: qua e là per l’Italia negli ultimi mesi si è creato un movimento informale di giovani corsisti (in tutto sono un migliaio, in Lombardia più di 200, in Emilia Romagna hanno anche raccolto firme on line) contrari al «ruolo unico» (formulato dall’Acn 2019-2021 firmato l’8 febbraio 2024 e approvato il 4 Aprile 2024 dalla Conferenza permanente) che dovrebbe essere applicato solo ai nuovi convenzionati dal 2025 (gli altri hanno potuto scegliere e nel Bresciano, alcuni mesi fa, hanno detto «no» 770 medici di famiglia su 776) creando «una spaccatura, e tensioni, fra i colleghi».
Criticità
Cosa prevede? La novità principale è il debito orario che i nuovi medici di famiglia avranno nei confronti della propria Asst: 38 ore a settimana se hanno fino a 400 assistiti, 24 se ne contano da 401 a mille, 12 se ne hanno da 1.001 a 1.200, 6 se rientrano nella fascia 1.201-1.500, zero se sono massimalisti. «Un monte ore che - spiega Secara affiancato dal collega di Alfianello Luca Davelli -, sulla base di quanto disporrà la Regione, dovremo impiegare in attività come la ex guardia medica, le vaccinazioni, gli accessi domiciliari programmati e molto altro. Il tutto da svolgersi perlopiù nelle Case di comunità (Cdc) togliendo tempo prezioso ai nostri assistiti.
La qualità del lavoro
Io, ad esempio, ho 560 pazienti e avrò un debito di 24 ore: già ne faccio 30 in ambulatorio più altre che non conto a casa; se andassi 24 ore in CdC arriverei a 70-80, ma non voglio abbassare la qualità del lavoro ai danni dei miei assistiti. Se devo svolgere ore extra voglio dedicarle a loro: posso fare ancora più prevenzione e attivazione di servizi. Già ora gestiscono prevalentemente in autonomia i malati cronici, come i diabetici e gli ipertesi, e mi consulto con gli specialisti ospedalieri per i casi più complessi: non mando i pazienti in giro a fare visite aggravando così il problema delle liste d’attesa. Andrebbe chiesto questo ai medici di famiglia, non di mischiare il proprio lavoro con quello dell’ex guardia medica».
Snatura la professione
Secara e Davelli, così come gli altri esponenti del movimento, non vedono di buon occhio il «ruolo unico» perché «snatura la professione che abbiamo scelto», ma anche perché «il debito orario non è stato calcolato sul tempo effettivo che viene svolto in ambulatorio bensì utilizzando gli orari minimi di apertura, come se davvero lavorassimo tutti il minimo da Accordo nazionale. Dover fare i notturni cozza, poi, con la scelta di vita che molti nostri colleghi e soprattutto colleghe hanno fatto optando per la medicina generale». Il rischio, qualora il «ruolo unico», già nero su bianco, venisse davvero imposto è che «i corsisti che sono in una fascia "grigia", perché hanno preso l’ambito nel 2025, farebbero ricorso e, tra gli altri, molti cambierebbero lavoro».
I dati
Da un sondaggio sottoposto ai corsisti lombardi, 203 con ambito e 74 senza, più del 90% sta valutando l’opzione ricorso, l’87% si è detto incline a dimettersi e il 96% non ha espresso interesse verso gli ambiti carenti. Ecco, perché, con il bando regionale di marzo, sono stati assegnati in Lombardia poco più di 300 ambiti sugli oltre 4mila disponibili». Lo stesso Davelli, spaventato dal «ruolo unico» non ha partecipato: «Preferisco, nell’attesa, mantenere l’incarico provvisorio».
Proposta
Con tutte queste preoccupazioni – e una proposta alla mano – il movimento del quale i due medici fanno parte ha bussato alla porta dell’Ordine dei medici di Brescia. La proposta – che vorrebbe sottoporre all’assessore regionale Guido Bertolaso – è chiara: «Bisognerebbe consentire ai medici di scegliere prevedendo, oltre a questa figura ibrida, anche il medico di base che faccia solo ambulatorio e il medico ad attività oraria sul territorio che faccia ex guardia medica e altre attività nelle Cdc. Tre lavori che non violano l’Accordo nazionale». L’Ordine, volentieri, ha aperto la porta.
«Comprendiamo le preoccupazioni di molti corsisti – commenta il presidente Germano Bettoncelli, già medico di famiglia a Ospitaletto –: il paziente va preso in carico a 360 gradi, senza limiti di orario o calendario visto che mette la sua vita clinica e personale nelle nostre mani. Questo lavoro andrebbe misurato in termini di produttività, non a ore».
Mancano i medici di famiglia
È d’accordo il collega Bruno Platto, segretario dell’Ordine: «Interpretare la professione a compartimenti stagni è un’illusione che dimostra una miopia preoccupante». La preoccupazione, insomma, c’è. Anche perché i medici di famiglia scarseggiano: nel Bresciano ne mancherebbero più di cento.
Riproduzione riservata © Giornale di Brescia
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