Farmaci contro l’obesità, il diabetologo: «Favoriscono la sazietà»

«Tutto ha avuto inizio da una molecola scoperta nella saliva del Gila Monster, una grossa lucertola che vive nel deserto del Nord America». A ricordarlo è il dottor Umberto Valentini, specialista di Diabetologia e Medicina Interna. Quella molecola è il primo «agonista del Glp-1, un ormone dalla vita breve che – spiega – il nostro intestino produce dopo i pasti: stimola il pancreas a rilasciare insulina, che abbassa il livello di zucchero nel sangue, e riduce il glucagone».
Non solo: «Favorisce il senso di sazietà – aggiunge –, rallentando lo svuotamento dello stomaco, e ha un effetto anche sul cervello perché agisce a livello cerebrale riducendo la sensazione della fame; inoltre sembra che agisca, inibendola, su un’altra area cerebrale che è quella che si attiva nelle dipendenze, “l’area del piacere, della gratificazione”».
I farmaci antagonisti del Glp-1 RA
Il primo farmaco, agonista del Glp-1 RA è l’Exenatide, che andava somministrato tutti i giorni. In questi anni, grazie a una ricerca serrata, sono seguiti altri farmaci (Glp-1 RA) nati per la cura del diabete tipo 2. «Studi clinici, necessari per l’immissione in commercio delle nuove molecole, hanno dimostrato non solo una grande efficacia nel controllare la glicemia, ma anche un effetto importante sul calo ponderale». Appartengono a questa famiglia di farmaci la semaglutide (disponibile da alcuni anni in Italia) e la tirzepatide, arrivata lo scorso ottobre. Quest’ultima «è un doppio agonista: stimola il Glp-1 e un altro ormone, Gip».

Il dottor Valentini spiega che si tratta dei «farmaci più efficaci (al di fuori dell’insulina) nel ridurre la glicemia migliorando la produzione di insulina senza provocare l’ipoglicemia, possibile causa di eventi cardiovascolari. Inoltre riducono in modo significativo la mortalità cardiovascolare. Questi farmaci fanno dimagrire (dando una sensazione di pienezza gastrica e stimolando il senso di sazietà); riducono il grasso del fegato, fattore di rischio per cirrosi e tumori; e hanno un’azione protettiva nei confronti dei reni e del cuore. Queste molteplici azioni non hanno ancora una spiegazione definitiva, ma sembra che l’effetto principale sia la riduzione dell’infiammazione causa di molteplici patologie».
Effetti collaterali
Tra gli effetti collaterali possono esserci «nausea, vomito, diarrea, stitichezza, calcoli alla cistifellea e perdita di massa muscolare. La perdita della massa muscolare, se non adeguatamente combattuta con l’attività fisica, espone gli anziani al rischio di cadute». Il farmacista può dispensarli solo su prescrizione medica: per i diabetici il costo viene coperto dal Ssn, per le persone affette da obesità no. L’obesità è stata riconosciuta lo scorso anno come una patologia a se stante dall’Oms e, sottolinea il dottor Valentini, va gestita come tale: «Va trattata dal punto di vista medico (endocrinologo, internista, cardiologo...); vanno perseguiti corretti stili di vita (alimentazione, attività fisica) e l’attenzione deve essere massima. Spesso l’obesità è espressione di un disagio psichico, assumere un farmaco senza valutare la malattia nel suo complesso, può comportare rischi importanti».
Le potenzialità di questi farmaci sembrano andare oltre il diabete e l’obesità: studi scientifici in corso potrebbero estenderne l’applicazione ad altre patologie, come le malattie neurodegenerative (si pensi all’Alzheimer e al Parkinson), ma anche alle forme di dipendenza considerato che agiscono sui percorsi che regolano il desiderio e il senso di ricompensa.
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