Professione chirurgo, com’è lavorare in sala operatoria al tempo dell’AI
Luce blu, atmosfera ovattata, menti concentrate. La paziente è distesa sul tavolo operatorio. Un robot a quattro braccia di nome «Da Vinci» le sta asportando la porzione di stomaco danneggiata dal tumore. A guidarlo, da una consolle collocata in un angolo, è il professor Nicola de’ Angelis: gli occhi puntano il visore, i piedi premono i pedali che guidano la strumentazione e le mani impugnano le pinze che agiscono a distanza. Due schermi mostrano alla sala le azioni rapide e precise che si stanno susseguendo nell’addome della donna. Il chirurgo – in sinergia con il collega che sovrintende il tavolo operatorio, il dottor Marco Garatti – chiede una gastroscopia. In quindici minuti la stanza si riempie di altre attrezzature e altro personale. Il dottor Leonardo Minelli Grazioli esegue l’esame richiesto. L’operazione può quindi proseguire e concludersi con il chirurgo che torna a impugnare gli attrezzi del mestiere.
Dall’estero
Siamo nel blocco operatorio che la Poliambulanza nel 2016 ha dedicato a monsignor Gennaro Franceschetti. E il prof. de’ Angelis è il nuovo direttore dell’Unità operativa di Chirurgia generale. È originario di Parma, ha 44 anni e ne ha già trascorsi 15 all’estero, in Francia (dove, tra le altre cose, ha diretto il reparto di Chirurgia generale, oncologica e robotica dell’Hôpital Beaujon di Parigi), a Montréal e a Londra. «La voglia di casa mi ha spinto a ritornare in Italia», racconta a «wedge gastrectomy» conclusa: «Ora mi trovo in una struttura d’eccellenza nella quale spero di poter portare il mio contributo in termini di chirurgia mini-invasiva, impiego di tecnologie innovative, ricerca costante e approccio multidisciplinare alla cura del paziente».

Più tecnologia
In ambito chirurgico, si sa, la robotica e l’intelligenza artificiale hanno consentito di fare passi da gigante: «Con gli strumenti in dotazione oggi – ammette – abbiamo una visione più stabile del campo operatorio e possiamo eseguire movimenti più fini. L’AI ci assiste passo dopo passo rendendo più semplice il gesto chirurgico e riducendo le possibilità di errore». La strada, insomma, è tracciata: «Il chirurgo sta diventando sempre meno attore e più regista».
I vantaggi, come si può immaginare, sono tantissimi: tra questi c’è «la standardizzazione dei gesti che alza il livello cancellando le differenze tra ospedale e ospedale. Il rischio è che ai nuovi chirurghi che si approcciano alla professione con strumenti già molti avanzati manchi una base di chirurgia d’urgenza. Parlo delle operazioni a pancia aperta, che tutti devono comunque saper fare. Anche in tempi in cui si viene aiutati dall’intelligenza artificiale non devono, inoltre, mai mancare la coscienza critica e le radici accademiche».

Elemento questo che al prof. de’ Angelis – che ha maturato esperienze d’insegnamento all’Université Paris Cité e all’Università di Ferrara, città in cui è rimasto un anno prima di arrivare a Brescia – sta particolarmente a cuore: «All’estero insegnare fa parte dei compiti del chirurgo. Anche in Italia dovrebbe essere così». Tra Brescia e la Francia, dal punto di vista tecnologico il primario confessa di non aver trovato differenze.
Ciò che l’ha colpito nel contesto in cui si trova «è l’attenzione costante al paziente, la sensibilità umana degli infermieri e la disponibilità ad aiutarsi da un reparto all’altro. È così che si costruisce un approccio multidisciplinare». Come è accaduto, in piccolo, con la «wedge gastrectomy» appena eseguita: «Insieme siamo riusciti a preservare gran parte dello stomaco a vantaggio della qualità di vita della paziente».
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