«La transizione ecologica deve essere anche educativa»

La professoressa Alessandra Vischi (Cattolica): «Solo una cultura della sostenibilità può rendere Brescia più verde e resiliente»
La vera sfida resta allineare gli obiettivi climatici con la sostenibilità sociale
La vera sfida resta allineare gli obiettivi climatici con la sostenibilità sociale
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Il dodicesimo rapporto sulla Qualità della vita, la ricerca promossa dal Giornale di Brescia in collaborazione con Bper Banca, si avvale quest’anno della collaborazione dei due atenei cittadini, ovvero l’Università degli studi di Brescia e l’Università Cattolica del Sacro Cuore.

Oltre agli interventi del rettore Castelli e del prorettore Taccolini, altri professori hanno commentato, ciascuno per il proprio ambito di studi, uno dei temi principali oggetto della ricerca.

Questo l’intervento della professoressa Alessandra Vischi, direttrice dell’Alta Scuola per l’Ambiente e professoressa di Pedagogia ordinaria e sociale in Cattolica.

La grande sfida, dal punto di vista ambientale, pare oggi la coesistenza di sviluppo economico-sociale e tutela del nostro patrimonio ambientale. Le politiche nazionali e sovranazionali stanno andando in questa direzione?

Quello che ci dicono gli ultimi dati è che c’è ancora molta strada da fare. Pochi giorni fa è uscito il rapporto Ispra–Snpa «Stato dell’Ambiente in Italia 2025», da cui emerge che sulla riduzione delle emissioni climalteranti siamo ancora sotto la media europea. Anche sul fronte delle rinnovabili occorrerebbe un’accelerazione significativa: per raggiungere l’obiettivo del 38,7% entro il 2030 servirebbe infatti una crescita circa quattro volte più rapida rispetto alla media storica.

Purtroppo, oggi permangono diversi ostacoli, di natura tecnica, normativa e culturale: dalle autorizzazioni complesse alla disinformazione ancora troppo diffusa. A livello europeo, il Green Deal ha fissato obiettivi molto ambiziosi, ma negli ultimi mesi i leader degli Stati membri hanno aperto alla possibilità di un ridimensionamento dei target, introducendo clausole di revisione legate a ragioni economiche e sociali. La vera sfida, quindi, resta allineare gli obiettivi climatici con la sostenibilità sociale.

Non si rischia di propendere verso l'una o l'altra esigenza?

Il rischio c’è, perché quando la transizione ecologica viene percepita come un costo incontra inevitabilmente resistenze. Tuttavia, in Italia e altrove non mancano esempi che dimostrano come sia possibile tenere insieme le due dimensioni. Pensiamo alle Comunità Energetiche Rinnovabili e Solidali – le Cers –, che producono energia pulita e redistribuiscono parte dei benefici a famiglie in difficoltà economica. Le Cers sono un caso concreto di come si possano ridurre le emissioni e, allo stesso tempo, rafforzare la coesione sociale. La transizione ecologica diventa davvero realizzabile quando è anche socialmente accettata. Non è sempre semplice, ma non è affatto impossibile.

I cambiamenti climatici sono entrati nel dibattito pubblico e la sensibilità sui temi ambientali sembra cresciuta tra i cittadini. In questo caso può l'opinione pubblica influenzare le scelte dei governi?

Sì, e lo dimostrano diversi casi. In Germania la Corte Costituzionale ha obbligato il governo ad alzare gli obiettivi climatici dopo un ricorso sostenuto da giovani attivisti. In Francia la mobilitazione sociale ha portato all'istituzione della «Convention Citoyenne pour le Climat», che ha influenzato nuove leggi ambientali. In Italia l’inserimento della tutela dell’ambiente e delle future generazioni in Costituzione è avvenuto in un contesto culturale reso maturo dall’opinione pubblica. Più in generale, è fondamentale prevedere momenti di ascolto e partecipazione per la cittadinanza, affinché le politiche ambientali siano socialmente accettabili anche a livello locale. Milano e Bologna, ad esempio, si sono dotate delle Assemblee cittadine per il clima: anche questo può essere uno strumento interessante per accelerare la transizione ecologica.

I giovani sono sempre più attenti ai temi legati al cambiamento climatico
I giovani sono sempre più attenti ai temi legati al cambiamento climatico

Sui temi ambientali sembra esserci una spaccatura tra generazioni. Nota una sensibilità decisamente maggiore tra i più giovani? Se sì, da cosa nasce?

Sì, si nota negli ultimi anni una spaccatura rispetto all’interesse ai temi ambientali fra le diverse generazioni.

La spiccata sensibilità che connota le nuove generazioni riguardo la sostenibilità può essere riferita a più aspetti. Innanzitutto, il tema della comunicazione e delle maggiori possibilità di cui dispongono oggi i giovani per acquisire nuove informazioni sul tema. L’essere maggiormente attenti ai cambiamenti climatici e, più in generale, alla sostenibilità, può dunque derivare da un apprendimento che si verifica nei contesti formali, attraverso percorsi pensati e progettati in risposta al bisogno di uno sviluppo sostenibile – Agenda 2030 –, ma anche nei contesti non formali e informali. A ciò si aggiungono i sempre più evidenti effetti dei cambiamenti climatici che costringono le coscienze ad assumerli quali oggetto di riflessione, talvolta sfociando in lecite preoccupazioni. Una formazione adeguata, tuttavia, consente di guardare alle criticità attuali con maggiore consapevolezza, acquisire competenze adeguate a saper governare i cambiamenti, assumere un approccio critico e riflessivo per orientare le azioni.

L’attenzione della cosiddetta Gen Z per i temi della sostenibilità influisce anche sulle scelte lavorative e resterà uno dei criteri primari di scelta. Nel report Youth Survey e l’Eurobarometro Giovani, risulta essere evidente l’attenzione dei giovani rispetto ai cambiamenti climatici e all’ambiente: oltre il 60% degli under 30 considera la crisi climatica come un problema di primario interesse del proprio tempo.

Anche nel Bresciano assistiamo ogni anno a fenomeni atmosferici un tempo eccezionali e ormai sempre più frequenti. In un contesto irreversibile come quello attuale, qual è la via d'uscita?

Non possiamo fermare il cambiamento già innescato, ma possiamo continuare a mitigare e intraprendere percorsi di adattamento per evitare gli scenari peggiori.

La vera via d’uscita è promuovere una cultura della sostenibilità che guidi le scelte individuali e collettive. La formazione diviene lo strumento principale per coinvolgere cittadini, di ogni età, in un percorso di conoscenza e acquisizione di consapevolezza: una città educante e competente diviene più sicura, verde e resiliente.

Il Pac – Piano aria e clima, il Paesc – Piano d'azione per l’energia sostenibile e il clima, il Pgt – Piano di governo del territorio e l’Agenda urbana 2050 della città di Brescia possono essere strumenti utili sia alla riduzione delle emissioni, sia alla resilienza urbana così come alla formazione ed educazione ambientale. Interventi come la creazione di nuovi spazi verdi, la gestione sostenibile delle acque e i percorsi di sensibilizzazione nelle scuole mirano a prevenire i danni, adattare la città alle nuove situazioni climatiche e formare i cittadini a riconoscere e gestire i rischi.

La sfida che abbiamo di fronte è quella di trasformare l’emergenza climatica in un’opportunità di cambiamento che può essere governata solo con un impegno condiviso e continuativo. La prevenzione riduce l’esposizione ai rischi, l’adattamento rafforza la capacità di resistere, e la formazione al rischio crea cittadini consapevoli e responsabili. Solo così Brescia — e così ogni comunità — potrà trasformare la crisi climatica in un’occasione di crescita sostenibile, innovazione e tutela del futuro.

La qualità dell'aria è il tallone d'Achille di Brescia sul piano ambientale. Per migliorare servono davvero le limitazioni al traffico o un nuovo parco auto dei bresciani, convertito all'elettrico?

La qualità dell’aria resta una delle sfide ambientali più urgenti per Brescia, come per gran parte della Pianura Padana. Le condizioni geografiche e meteorologiche rendono difficile la dispersione degli inquinanti, ma i dati mostrano che una parte rilevante dell’inquinamento deriva ancora dal traffico e dal riscaldamento domestico. Secondo il rapporto “Ecosistema Urbano 2025” di Legambiente, realizzato in collaborazione con Il Sole 24 Ore e Ambiente Italia, persiste la scarsa qualità dell’aria di Brescia che si colloca al 18° posto nazionale, in miglioramento rispetto al 30° del 2024.

Le cause sono note: traffico veicolare, riscaldamento domestico e attività industriali.

Ma la qualità dell’aria non è soltanto una questione tecnica o normativa, è innanzitutto una sfida educativa e culturale. Per migliorare la situazione, serve continuare un lavoro capillare di integrazione tra innovazioni tecnologiche, sociali, educative e comunicative, a partire dal coinvolgimento del singolo, ad esempio perché adotti comportamenti intermodali negli spostamenti o sobri nelle abitudini di riscaldamento, alle politiche pubbliche di sostegno a progettazioni alternative di sostenibilità sul territorio, nella sussidiarietà pubblico-privato. Serve moltiplicare gli stakeholders che possano trarre benefici dalla conversione ecologica, senza dimenticare di dare sostegno a chi nella corsa alla sostenibilità resta indietro.

In questa prospettiva, la transizione ecologica diventa anche una transizione educativa, capace di restituire a Brescia, e ai suoi cittadini, il ruolo di laboratorio attivo di innovazione e sostenibilità, dove la qualità dell’aria riflette la qualità delle relazioni tra persone, territorio e ambiente.

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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