In Lombardia la prima legge sul Clima che apre la strada al nucleare

La Lombardia si prende la scena della politica climatica nazionale e lo fa, come spesso accade, mettendoci dentro anche una sfida tutta politica. Con 41 voti a favore, 20 contrari e un astenuto, il Consiglio regionale ha approvato ieri la prima legge sul Clima d’Italia. Un provvedimento che l’assessore all’Ambiente, Giorgio Maione, definisce «storico», «bandiera di legislatura», e che a sorpresa scopre le carte su uno dei temi più controversi del dibattito energetico: il ritorno del nucleare.
Filiera

«Siamo per il nucleare di nuova generazione e lo riteniamo fondamentale», scandisce Maione davanti all’Aula. Non come slogan, ma come parte integrante della strategia di decarbonizzazione: «In Lombardia possiamo costruire una filiera, a partire dalle nostre imprese». Il messaggio al centrosinistra è altrettanto chiaro: «Non è un elenco di buone intenzioni: invito Majorino (che aveva accusato il centrodestra di negazionismo) a leggersi la norma invece di fermarsi a interventi prosaici. La Lombardia non si tira indietro, guida il Paese».
Due pilastri
Sul piano tecnico (e al netto di 44 emendamenti accolti sui 118 presentati) la legge regge su due pilastri, mitigazione e adattamento: ridurre le emissioni di gas serra e prepararsi agli eventi climatici estremi, dalle isole di calore alle nuove sfide per l’agricoltura e la montagna. C’è dentro la riqualificazione ambientale, la forestazione, la depavimentazione delle superfici, la promozione della mobilità sostenibile. C’è persino l’introduzione di criteri per assorbire più carbonio nei suoli. «Non solo rispondiamo alle sfide del presente – dice Maione – ma garantiamo un futuro sostenibile alle prossime generazioni».
Visioni

Tutto perfetto? Non secondo le opposizioni. E qui il piano politico diventa battaglia culturale. A guidare la critica per il Pd è la bresciana Miriam Cominelli, che firma una delle dichiarazioni di voto più taglienti della giornata: «Qui ci sono zero fondi, non zero emissioni. Si enunciano principi ma senza risorse, senza obiettivi vincolanti, senza un vero impegno sul trasporto pubblico e la pianificazione territoriale. Una bella scatola, ma vuota». Il suo intervento è una sequenza di accuse che non risparmiano nemmeno i toni del centrodestra: «Parole, parole, parole (cita Mina) incomplete, in ritardo, portate avanti con i soliti schemi, sfiorando perfino il negazionismo climatico quando si dice che i cittadini non devono cambiare le loro abitudini. Non è una legge all’altezza della Regione».
La maggioranza

La tensione si legge anche nei banchi della maggioranza. Tra i meloniani c’è chi dissente: il consigliere Pietro Macconi, di Fratelli d’Italia, vota contro la sua stessa maggioranza, definendo il patto green «un’ideologia che farà danni» e invocando deroghe per la Pianura Padana: «Parte della legge sarà un peso inutile per i lombardi». Dalla parte della Giunta, invece, Giorgio Bontempi (FdI), che replica da destra alla Cominelli e ribadisce il senso di responsabilità: «Siamo una regione industrializzata, con oltre dieci milioni di abitanti. Servono risorse, ma anche un cambiamento culturale. Questo è un punto di partenza, non di arrivo».
Test politico
Il punto è che proprio nella cornice di questo «punto di partenza» si è consumato un duello – quasi tutto bresciano – sul significato politico della prima legge italiana sul clima. Per la maggioranza è il segno che il centrodestra ha imparato a parlare la lingua della transizione ecologica, senza paura di affiancare a foreste urbane e mobilità sostenibile anche la prospettiva di una nuova stagione nucleare. Per il centrosinistra, al contrario, è l’ennesima occasione persa: un provvedimento di facciata che non mette in discussione davvero il modello industriale lombardo né fornisce la benzina economica per tradurre i principi in fatti.
Il piano europeo
La riforma Maione arriva infatti in un momento in cui la politica climatica è sotto osservazione e sotto pressione. Sullo sfondo, il piano europeo per la neutralità carbonica al 2050, con le sue scadenze sempre più vicine e sempre meno rinviabili. In questo contesto la Lombardia sceglie di giocare da protagonista, anche rischiando di dividersi al proprio interno. Con una narrativa di leadership («la Lombardia guida il Paese»), ma con una serie di contraddizioni che l’opposizione ha puntualmente messo in fila: «I cittadini – ha detto Cominelli – sono pronti a cambiare abitudini quando si parla della loro salute e sicurezza. Ma devono essere accompagnati davvero, non a parole».
Il dubbio
Al termine della seduta resta una fotografia che racconta molto della politica lombarda: il centrodestra compatto ma non monolitico, deciso a intestarsi la transizione e pronto a sfidare il tabù nucleare; il centrosinistra convinto che servano più soldi e più coraggio per affrontare una crisi che ogni estate bussa più forte alle porte della pianura padana. E resta un dubbio, consegnato alle prossime settimane: se la prima legge sul clima sia davvero l’inizio di una svolta, o solo un nuovo terreno di scontro ideologico tra chi crede in un cambiamento profondo e chi preferisce aggiustare il presente senza disturbare troppo. Intanto, a Palazzo Lombardia, la maggioranza ha messo la propria firma su un titolo spendibile. Ma è sulle note a piè di pagina che, nei prossimi mesi, si giocherà la partita vera.
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