Il politologo Palano: «Cerco di orientare il lettore nella politica»

Cosa è la politica e quali chiavi interpretative bisogna utilizzare per comprenderla. Tema complesso a cui si è dedicato il politologo, Damiano Palano, direttore del Dipartimento di Scienze Politiche dell’Università Cattolica, che ha appena pubblicato il suo ultimo lavoro «Politica. Un’introduzione» (Morcelliana- Scholé, 496 pp, 37 euro). Il volume sarà presentato giovedì 21 novembre alle 17.30 nella sede della Fondazione Calzari Trebeschi.
«Politica, un’introduzione» è il secondo libro di una trilogia. A quale idea ispira questo lavoro?
L’idea principale è quella di offrire uno strumento che accompagni chi vuole capire cosa è la politica, all’interno della discussione che si porta avanti da più di duemila anni. L’idea è principalmente di andare un po’ controcorrente rispetto alle scienze sociali e gli studi politici contemporanei. Molti di questi si sono focalizzati spesso su piccolissime nicchie in cui si dicono cose molto interessanti; però si tende a perdere di vista quello che è l’oggetto principale di studio: che cosa è la politica, quali sono le caratteristiche. Quindi, l’idea che sta dietro questa trilogia, in corso di realizzazione, è quella di accompagnare il lettore in quello che una volta era lo scaffale riservato agli statisti nella biblioteca di Don Ferrante e che nel frattempo è diventata una biblioteca di Babele in cui è difficile orientarsi. Questo libro vuole dare un po’ una bussola e accompagnare il lettore in questo scaffale in modo tale da dargli un orientamento.
Perché una trilogia?
Perché vengono affrontati tre differenti aspetti. Animale politico (pubblicato nel 2023 ndr) riguarda soprattutto la dimensione antropologica della politica. Perché lo chiamiamo animale politico oggi in maniera diversa rispetto a come lo chiamava Aristotele, che cosa c’è di politico nell’esperienza umana e qual è la specificità della politica umana. Il secondo volume, ovvero questo, riguarda la dimensione, per così dire, ontologica della politica, la sua essenza. Il terzo volume riguarderà la dimensione storica, come la politica è cambiata nel corso del tempo.
Ma oggi la politica cosa è?
Oggi assistiamo ad un doppio movimento contraddittorio: da una parte la politica sembra onnipresente. Esistono le regolamentazioni politiche a tutti i livelli, a livello delle istituzioni europee, a livello delle leggi statali, la politica sembra voler regolare ogni aspetto della vita. Al tempo stesso, richiede anche una partecipazione da parte dei cittadini della società civile che spesso è abbastanza carente. Per cui da un certo punto di vista sembra onnipresente e dall’altro sembra, soprattutto nelle società occidentali, completamente scomparsa quella che è stata invece la cosiddetta grande politica del ’900. Quella con i grandi ideali e con i grandi leader politici capaci di guardare lontano. Oggi sembra principalmente uno spettacolo televisivo che non ha un radicamento sul territorio, non ha quella presa sulle vite quotidiane. Così la politica, la grande politica, un po’ dipinta romanticamente, sembra scomparire. Si tratta di un andamento ciclico. Spesso abbiamo sentito dire negli ultimi 30 anni con la fine della storia era finita la politica e che il mercato si è inghiottito la politica. Questo in parte è stato vero, ma si tratta di dinamiche cicliche che sono già avvenute nel passato. Guardando la storia possiamo attenderci che anche la politica nel suo senso più alto, ma anche nel suo senso più tragico, possa ricomparire.
Nel libro c’è un capitolo dedicato al nemico
Si chiama in causa la figura sinistra di Carl Schmitt, l’idea che la politica sia una contrapposizione tra amici e nemici. È l’aspetto più spinoso, più scomodo della politica perché è più confortante pensare alla politica come al compromesso, all’arte del buon governo. Ma volenti o nolenti non possiamo rimuovere l’idea che la politica sia anche divisione, contrapposizione fino al limite estremo della guerra, perché altrimenti rischiamo di dipingere la politica in modo irrealistico. Non significa auspicare che ci sia la guerra, ma prendere in considerazione la possibilità che per come la politica è stata negli ultimi 6.000 anni e per come è e sarà, anche la contrapposizione con il nemico, anche se non ci può piacere, è una caratteristica ineliminabile.
Se le prime quattro immagini analizzate appaiono tradizionali – comunità, organizzazione, potere e nemico – l’ultima dedicata al tempo è più originale.
L’idea originaria è di Gianfranco Miglio, che considerava una specificità della politica quella di promettere una protezione contro quei rischi indeterminati e globali che si potevano presentare nel futuro. Per cui mentre noi, di fronte ai rischi che riusciamo a individuare chiaramente, possiamo rivolgerci a dei protettori privati come le assicurazioni o a cose del genere; nei confronti dei pericoli indeterminati futuri come le pandemie, le guerre, il cambiamento climatico, tendiamo a rivolgerci alla politica e dunque a dare il nostro sostegno a un vincolo politico che ci offre una protezione di carattere generale. La temporalità distingue il vincolo politico da altri vincoli sociali. Vi è poi una seconda dimensione.
A cosa si riferisce?
Temporalità intesa come guardare lontano, non semplicemente come la lungimiranza dei leader politici, ma come destino comune che andrà oltre le generazioni che vivono in un determinato momento storico. Questo è il tempo lungo delle grandi ideologie che pensavano la realizzazione di un ordine diverso molto lontano. Ma è tutto sommato anche la prospettiva che hanno i linguaggi nazionalisti che dicono: «La nostra nazione viene da lontano e deve andare lontano. Per cui noi ci dobbiamo sacrificare non tanto per proteggere la nostra esistenza ma per proteggere le generazioni che verranno, per proteggere la nostra nazione». Oggi il tempo è una dimensione che nelle società occidentali è rarefatta, ma se noi guardiamo al di fuori dell’Occidente, alle prospettive, per esempio, che si pongono i leader della Repubblica Popolare Cinese, scopriamo che ragionano per millenni e chiedono alla popolazione cinese dei sacrifici in nome della Cina del XXII secolo e non semplicemente del XXI.
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