Opinioni

Francesco, il Papa globale della speranza e profezia

La morte del Pontefice ha suscitato enorme commozione in tutto il mondo, un sentimento che dice tanto sulla sua figura divenuta mondiale
Il ricordo di Papa Francesco a Buenos Aires - Foto Ansa © www.giornaledibrescia.it
Il ricordo di Papa Francesco a Buenos Aires - Foto Ansa © www.giornaledibrescia.it
AA

La scomparsa di Papa Francesco ha suscitato enorme commozione a livello planetario: un sentimento che dice della figura «globale» di questo pontefice. Per quanto sottoposto a sospetti sul piano teologico e addirittura contestato in taluni ambienti politici in quanto il suo sguardo sarebbe stato viziato da una propensione terzomondista, in realtà il Pontefice ha pienamente interpretato la dimensione universale della Chiesa.

Ma «globale» Bergoglio è stato anche come profeta, non perché preveggente il futuro, piuttosto perché capace di una ermeneutica dei segni del tempo in grado di rischiarare il nostro orizzonte. Francesco infatti ha misurato la radicalità evangelica con le sfide più impervie del cambiamento d’epoca: la pace e la guerra, i fenomeni migratori, le diseguaglianze sociali, le alterazioni climatiche, i nuovi campi di sviluppo della scienza e le applicazioni della tecnica sino all’uomo post-naturale e all’intelligenza artificiale. Quanto insomma, se non adeguatamente governato, lascia intravedere il rischio di incombenti notti della storia, se non addirittura, nel caso di un conflitto nucleare, la scomparsa dello stesso genere umano.

Proprio in questa sua partecipazione, fatta di empatia e di spirito di condivisione ai drammi esistenziali dell’umanità contemporanea, sta la motivazione di fondo dell’ascolto suscitato da Francesco non solo presso i credenti di ispirazione cristiana-cattolica, ma pure presso quelli di altre religioni e i laici credenti nella illuminazione della ragione.

A proposito di Bergoglio dunque, si è parlato di «costanza perseverante» di questa condivisione, le cui radici vanno ricondotte al Dio della misericordia, alla parabola del Buon Samaritano che non si sottrae alla cura, all’interpretazione della Chiesa come «ospedale da campo dopo una battaglia». Una Chiesa «in uscita», dislocata sulla «frontiera», modellata sul «poliedro» che riflette la confluenza di tutte le parti, di tutti i carismi, animata da disposizione al dialogo e sorretta da «discernimento evangelico».

Per questa Chiesa l’annuncio è previo alla stessa obbligazione morale e la fedeltà alla Parola preminente rispetto alla elaborazione dottrinale. Una Chiesa che prospetta un «altro mondo», «madre e pastora misericordiosa» – «chi sono io per giudicare?» –, per la quale all’ottimismo irenico e angelicato deve subentrare la virtù teologale della speranza, la teopatia –  un neologismo coniato da Vito Mancuso –, la sequela di Cristo sino a promuovere l’accoglienza delle fragilità connesse alla nostra finitudine. E ancora: per Papa Francesco una Chiesa dei poveri che nelle periferie del mondo, al cospetto degli ultimi ridotti ad avanzi da vite di scarto, individua il ruolo privilegiato della propria presenza, di contro alle tentazioni della «mondanità spirituale», dell’esaltazione del capitalismo neoliberista teorizzata dalla «teologia della prosperità».

Fratellanza universale –  l’enciclica ad essa dedicata –, a cominciare dal dialogo interreligioso – il documento sottoscritto con l’imam di Al-Azhar per la pace mondiale –, cura del creato – l’enciclica Laudato si’ – costituiscono i pilastri del magistero di Francesco cui corrispondono testimonianze esemplari e atti concreti: a Lampedusa e a Lesbo, laddove l’Europa e l’Occidente si sono inabissati; in Centrafrica, nella Repubblica Democratica del Congo, in Iraq e in molti altri Paesi, dove «la buona novella» viene annunciata come riconciliazione e riscatto.

In piazza San Pietro nei giorni della pandemia, allorché Papa Francesco prega per invocare la salute dei corpi e nel contempo per assicurare la cura dello spirito di ciascuno di noi; a Regina Coeli, quando assolve ad una delle opere di misericordia confortando i carcerati; a Borgo Egnazia, in occasione del vertice del G7, al cospetto dei grandi della Terra, dove a proposito della rivoluzione cognitivo-industriale in corso, mette in guardia dallo «sbilanciamento verso il fuori di noi non sempre rivolto al bene», rilevando il rischio della perdita di autonomia dell’essere umano rispetto all’intelligenza artificiale, sino alla condanna, nello specifico, dell’uso di «armi letali autonome».

E infine la benedizione urbi et orbi nella ricorrenza della Pasqua: l’ultimo accorato appello alla pace, il no al riarmo, la richiesta della liberazione degli ostaggi israeliani accompagnata alla denuncia della «drammatica, ignobile situazione umanitaria di Gaza», nonché l’evocazione delle situazioni di guerra a cominciare dal conflitto ucraino-russo. Papa Bergoglio è deceduto nei giorni della Resurrezione. Un evento di alto valore simbolico: come a rassicurare che la sua presenza in mezzo a noi non si conclude con la fine della sua vita terrena.

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

Iscriviti al canale WhatsApp del GdB e resta aggiornato

Icona Newsletter

@News in 5 minuti

A sera il riassunto della giornata: i fatti principali, le novità per restare aggiornati.