Opinioni

La maggioranza scossa da un caos calmo

La tenuta del governo non è in pericolo: nonostante le differenze di opinione su temi anche importanti, il collante che tiene insieme il tripartito di destracentro è il potere
La premier Giorgia Meloni - Foto Ansa © www.giornaledibrescia.it
La premier Giorgia Meloni - Foto Ansa © www.giornaledibrescia.it
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La legge di bilancio, come la vecchia Finanziaria, è oggetto di una trattativa a tutto campo fra i partiti della maggioranza, ognuno dei quali cerca di ritagliarsi favori per le categorie di riferimento, quelle che portano voti (per esempio balneari, tassisti, no vax). La tenuta del governo non è in pericolo: nonostante le differenze di opinione su temi anche importanti, il collante che tiene insieme il tripartito di destracentro è il potere. Perciò, Salvini – che in altre occasioni non si era espresso per «non ingerire» su questioni straniere – ha biasimato la decisione della Corte costituzionale della Romania di annullare un voto palesemente condizionato dalla propaganda e dall’espansionismo di Putin.

Però, l’atlantismo della Meloni è fuori discussione, così come il sostegno di FI e FdI all’Ucraina. Piuttosto, l’incontro fra Meloni e Trump sembra aver spiazzato il leader leghista, che sperava – come il capo pentastellato Conte, del resto – di essere l’interlocutore privilegiato del nuovo presidente degli Stati Uniti. Peccato che la Meloni sia molto abile nel far politica, molto più dei suoi alleati e di parecchi suoi colleghi di partito: così, ora gli occhi di Trump e di Musk (cioè di due persone che privilegiano le simpatie e la fedeltà) sono tutti sulla premier italiana, vista anche come l’interlocutore più adatto per rapportarsi con un’Europa squassata dalla crisi tedesca, dal caos francese e dalle difficoltà del governo spagnolo (senza contare il voto risicato incassato da una von der Leyen non forte come cinque anni fa e che ha dovuto concedere parecchio un po’ a tutti).

meloni trump
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Se fossimo nella Prima Repubblica, di fronte a episodi come il voto che – con lo scontro fra Forza Italia e Lega – ha «mandato sotto» il governo nella votazione in commissione sulla questione dell’abbassamento del canone Rai (una manovra che avrebbe provocato verosimilmente l’aumento del ricorso della televisione di Stato alla pubblicità e che avrebbe danneggiato Mediaset), staremmo già a prepararci per una crisi. Niente di tutto questo: non sono queste schermaglie fra gli alleati minori di Fratelli d’Italia che preoccupano la Meloni. Anzi, è meglio che siano i partitini della coalizione a dare un’immagine di riottosità reciproca, in modo tale da far risaltare sempre più FdI come la «forza tranquilla» (che ci ricorda la fortunata campagna pubblicitaria di Seguéla per Mitterrand, risalente al 1981). Fratelli d’Italia non sta facendo la fine della Lega di Salvini (2018-’20 con ascesa e rapido crollo) perché non punta sulla radicalità, ma smussa più che può, tronca e sopisce. Ai moderati che già votarono Forza Italia e Lega e che voterebbero in ogni caso la destra, questo approccio rassicurante piace: li fa sentire a casa, come quando erano nel partito di Berlusconi.

Dall’altra parte, FI e Lega non possono fare altro che situarsi su estremi opposti: Tajani è l’ipermoderato quasi neodc che guarda al centro, con una spruzzatina di attenzione ai diritti civili, mentre Salvini è la vera ala d’ultradestra radicale della coalizione. La Meloni si è guadagnata una centralità, in Europa, nella coalizione e forse ora anche nelle relazioni euroatlantiche, che le sconsiglia avventure. Certo, la premier non disdegna toni un po’ aspri, talvolta, ma li usa sempre contro l’opposizione, quando cerca un nemico da additare al pubblico ludibrio se le cose non vanno bene. Per il resto, tuttavia, il governo «è» Giorgia Meloni, indipendentemente da quel che accade intorno. Ecco perché questo è forse l’Esecutivo più stabile della Seconda Repubblica e – se non accadrà nulla di eclatante – si appresta a diventare l’unico a durare per cinque anni di seguito, dal 1946 ad oggi.

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