L’intelligenza artificiale ci sta mettendo a nudo

Sul tema si confrontano entusiasti e rassegnati, tecnologici devoti e nemici giurati. Il nocciolo della questione è se l’AI finirà per assoggettare l’uomo o meno
Intelligenza artificiale - Foto Pexels © www.giornaledibrescia.it
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L’intelligenza artificiale ci sta mettendo a nudo. Letteralmente, verrebbe da dire pensando agli ultimi siti sessisti che sono stati scoperti in questi giorni. «Socialmediagirls» ha un seguito di sette milioni di utenti, mentre presto sapremo quanti ne ha l’ultimo smascherato, «Cfake».

Piattaforme che si affidano all’AI per spogliare donne celebri dello spettacolo, della politica, dello sport, del giornalismo, e renderle protagoniste di video hard. Non stupisce questo uso pornografico del web e già ne abbiamo viste di tutti i colori, compresi quei mariti, scoperti quest’estate, che postavano e condividevano immagini indecenti di mogli e compagne. Secondo la Polizia postale, l’anno scorso in Italia sono stati commessi oltre novemila cyber-reati contro la persona.

La puntina di un iceberg. Ma a suscitare stupore è il fatto che stavolta le immagini ricavate grazie all’intelligenza artificiale sono palesemente finte. Di vero resta l’offesa alle donne che sono prese di mira. E che hanno tutto il diritto di farsi rispettare ricorrendo alla legge. Il resto è falso. E quindi gli utenti di quei siti, a milioni, si accontentano di finzioni fantasiose. L’intelligenza artificiale, in realtà, mette a nudo tutte le frustrazioni e la pochezza di chi spia dal buco del web.

L’intelligenza artificiale sta mettendo a nudo anche la condizione del mondo del lavoro. Ha suscitato sorpresa l’annuncio che Amazon, una delle imprese più redditizie al mondo, intenda lasciare a casa 14mila dipendenti. Non solo, ha stimato che potrà evitare di assumerne altri 600mila, nel prossimo futuro, grazie all’uso massiccio di robot. La Fondazione Randstad AI & Humanities ha stimato che sono 10 milioni i lavoratori a rischio di espulsione dal lavoro, a breve, per le stesse ragioni.

O non si dica che l’AI elimina vecchi lavori per farne spazio a nuovi, perché tra le figure a rischio ci sono anche ingegneri, programmatori elettronici, autori di contenuti e tecnici della diagnostica medica. Invece, in molte aree del mondo e in settori diversi, resistono lavori poveri e ripetitivi, precari, poco tutelati e pochissimo pagati. Dietro le luci delle nuove tecnologie digitali si celano le stesse logiche delle precedenti rivoluzioni industriali: i margini di guadagno sono l’unica misura nello scegliere tra macchine e risorse umane.

Su questo fronte merita qualche attenzione in più una proposta lanciata, in un convegno a Roma, da un gruppo di commercialisti bresciani. Loro, che sanno far di conto, propongono che la tecnologia sia tassabile nel momento in cui svolge attività produttive che sostituiscono l’uomo. Che siano i robot a pagare i contributi per le pensioni future di una popolazione sempre più anziana. Che sia la tecnologia a pagare i costi della transizione che essa stessa comporta. Proposta innovativa.

Intelligenza artificiale - © www.giornaledibrescia.it
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L’intelligenza artificiale mette a nudo anche le logiche dell’innovazione. Nei giorni scorsi a Monza si è tenuto il summit Spark 2025, dedicato proprio all’innovazione aziendale. Ed è emerso, tra manager e amministratori delegati, quanto un’impresa non possa trascurare il fattore umano come leva di sviluppo. Nessuno mette in discussione la rivoluzione tecnologica in atto, ma guai ad affidarsi solo ad essa.

Dopo aver analizzato lo stato dell’arte sull’intelligenza artificiale sono giunti a dire: «Oggi nelle imprese c’è tanto bisogno di intelligenza emotiva». Eppure da un anno a questa parte, secondo l’agenzia Graphite.ia, nella Rete circolano più articoli generati dall’intelligenza artificiale di quanti siano stati scritti da esseri umani. Molte aziende ricorrono a contenuti generati da modelli linguistici di grandi dimensioni per aumentare il traffico sui canali di ricerca, sui social, nella pubblicità e nell’informazione, risparmiando sui costi che avrebbe la produzione di contenuti originali.

Si genera così quello che viene definito «Collasso del contenuto» perché l’Internet sul quale navighiamo non è più ricco di informazioni, rintracciabili in «nicchie di valore» con contenuti prodotti da studiosi, ma solo più «rumoroso» grazie al dilagare di testi attinti nello stesso web con criteri statistici. Standard e di basso livello, al punto che persino gli utenti se ne sono accorti: sempre secondo Graphite.ia, solo il 7% dei testi artificiali giunge ai primi posti della Google Search.

L’intelligenza artificiale sta mettendo, infine, a nudo il dibattito attorno ad essa. Una discussione che ha coinvolto – per dirla con Umberto Eco – apocalittici ed integrati. Si confrontano entusiasti e rassegnati, tecnologici devoti e nemici giurati. Il nocciolo della questione è: l’intelligenza artificiale finirà per assoggettare l’uomo? Per quel che si è visto fino ad ora, l’AI è un acceleratore potentissimo. Ha doti sovrumane – al di là delle capacità dell’uomo – per quantità, velocità e precisione. Ma con determinazione cinetica e cinica fa esattamente quel che le si chiede. Ed è per questo che ci lascia nudi di fronte alle nostre responsabilità.

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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