Dalla cattedra ai followers: l’era degli influencer cattolici

La Chiesa cattolica per i credenti – ma, in forma differente, anche per chi non lo è – rappresenta un articolato complesso di dimensioni, speranze e aspirazioni. E, nell’ambito della molteplicità dei suoi ambiti e delle sue funzioni, si ritrova anche – da molto tempo – quella di essere una grande agenzia comunicativa.

Dotata di un’ultramillenaria capacità di adattamento al mutare delle epoche, la Chiesa ha da sempre una fortissima attenzione all’evoluzione dei sistemi di comunicazione, attraverso i quali opera per mettersi in sintonia con comunità di fedeli che, immerse nel proprio tempo, cambiano continuamente.
In questa ininterrotta ricerca intorno ai mutamenti dei modi di comunicare, ieri e oggi, prima del Giubileo dei giovani, si sta svolgendo quello dei missionari digitali e degli influencer cattolici, ovvero delle figure che sviluppano forme e formule di evangelizzazione attraverso i social media. Si tratta di un lascito di Papa Francesco, con la sua nota carica, al medesimo tempo, comunicativa e apostolica, e con la sua marcata propensione per i linguaggi giovanili, che trova adesso realizzazione sotto il pontificato di Leone XIV. Due stili comunicativi differenti quelli espressi da questi due Pontefici (legati, tuttavia, da esperienze e condivisioni di ispirazione), entrambi molto attenti, giustappunto all’insegna di stili diversi, a «stare saldamente dentro» le problematiche della propria fase storica.
L’evangelizzazione del (e nel) cyberspazio costituisce una frontiera da ogni punto di vista. I missionari digitali sono sacerdoti – alcuni «personaggi» a tutti gli effetti, come don Cosimo Schiena e don Giuseppe Fusari –, frati, suore e anche laici (come Antonio Palmieri, nella sua vita professionale precedente parlamentare e importante comunicatore politico di partito, e ora presidente della milanese Fondazione Pensiero Solido), che vanno a comporre un caleidoscopio assai ricco e vario, con centinaia di migliaia di followers dei loro account. Un segnale, come si ricordava poc’anzi, delle intenzioni e dell’abilità dello stare al passo coi tempi del composito e plurale mondo cattolico, che mostra come proprio la Chiesa romana abbia saputo intercettare alcune delle mutazioni comunicative amplificate dalla postmodernità.
Convertito dal protestantesimo al cattolicesimo, e sempre pronto a ricordare di avere ricavato dal nuovo credo delle chiavi interpretative originali, è stato Marshall McLuhan, quel fondatore delle scienze della comunicazione che ha anticipato in maniera preveggente e lungimirante l’avvento dell’era dei «media elettronici». Gesuita era uno degli altri esponenti di primo piano della Scuola di Toronto, padre Walter Ong, come pure Pierre Teilhard de Chardin, considerato da molti – dalla rivista Wired a Pierre Lévy – alla stregua del padre della «teologia della Rete».
Altrettante genealogie possibili di questo universo di influencer che, anziché reclamizzare qualche merce e fare product placement in maniera più o meno occulta, si serve delle tecnologie per promuovere la spiritualità con un linguaggio digitale aggiornato agli «usi e costumi» del popolo del web e dell’opinione pubblica contemporanea. Una serie di approcci innovativi da osservare con curiosità e interesse, non da ultimo perché veicolano un utilizzo dei social network fondato sull’inclusione anziché sulla polarizzazione, come avviene di consueto con le relative dinamiche disgregative e di litigation.
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