Una carta che fa da presidio al sogno europeo contrastato

La crescente chiusura nelle prerogative nazionali e le tensioni che investono la governance europea sollevano preoccupazioni, ma la Carta dei diritti fondamentali resta comunque un riferimento per chi non si rassegna
Una sessione plenaria al Parlamento - Foto Ansa/Afp © www.giornaledibrescia.it
Una sessione plenaria al Parlamento - Foto Ansa/Afp © www.giornaledibrescia.it
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Si discute molto, ed il tema torna continuamente, soprattutto alla luce del conflitto russo-ucraino, di crisi, di dissoluzione del «sogno», coltivato già nel corso del secondo conflitto mondiale, con cui si è guardato ad una costruzione in grado di unificare il continente attraverso un disegno condiviso tra i vari Stati.

I riscontri attuali non sono certo confortanti: deficit di legittimazione democratica, prevalenza della dimensione intergovernativa su quella comunitaria, un paralizzante sistema di veti, contraddittoria gestione delle politiche estere e di difesa che peraltro non trovano il dovuto raccordo, presenza di regimi nazionalsovranisti cui fanno pendant gruppi parlamentari non solo euroscettici, ma sensibili alle strategie di Trump e di Putin convergenti nell’intento di marginalizzare ruolo e potenzialità di affermazione dell’Europa.

E ancora: elefantiasi burocratica, scarsa autonomia dai poteri forti operanti nei mercati e dalle multinazionali. Il quadro non depone certo per aspettative ottimistiche. E pur tuttavia l’Europa nel proprio codice genetico annovera risorse etico-politiche cui attingere per far valere prospettive di civiltà e di progresso cui possono guardare non solo gli europei, ma tutti i popoli a livello mondiale: a partire dalla «Carta fondamentale dei diritti dell’Unione», proclamata a Nizza nel dicembre del 2000 di cui quest’anno ricorre il venticinquesimo anniversario. Ad essa il Trattato di Lisbona del dicembre del 2007, poi entrato in vigore nel 2009, attribuisce lo stesso valore giuridico dei Trattati.

Un passaggio di rilevante significato. Anzitutto un testo di livello costituzionale e non di tipo negoziale, fondato su ben precisi principi e valori, dalla forte potenzialità progettuale a garanzia della continuità e dello sviluppo del disegno europeo. Dignità, libertà, uguaglianza, solidarietà, cittadinanza, giustizia: sono questi i capisaldi di riferimento desunti dalle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri nel segno della rule of law, quale forma politica propria dell’Europa.

Capisaldi peraltro la cui osservanza è condizione indispensabile perché un Paese possa candidarsi a far parte dell’Unione. Non solo lo sguardo rivolto al futuro, ma pure una sorta di ricapitolazione della storia europea del secolo scorso. E così se con il titolo dedicato a Dignità ci si rifà al primo capitolo della Legge fondamentale della Repubblica federale tedesca che fa memoria della Shoah, con quello relativo alla Libertà -sia di, in positivo, che da ogni impedimento- ci si richiama ad una lunga elaborazione della filosofia occidentale.

A loro volta Giustizia e Solidarietà echeggiano gli articoli terzo e quarto dei Principi fondamentali della Costituzione italiana che rispettivamente evocano l’impegno a rimuovere ogni forma di discriminazione e sanciscono il diritto al lavoro sottolineando il dovere di svolgere un’attività tesa al progresso sociale.

Cittadinanza contempla i diritti di voto, di eleggibilità, di accesso, di petizione, di circolazione e soggiorno, mentre Giustizia richiama i diritti ad un giudice imparziale, la presunzione d’innocenza, evocando i principi della legalità e della proporzionalità delle pene rispetto ai reati. Un vasto programma si direbbe e non solo la fissazione in linea teorica di quanto definisce uno Stato di diritto, vale a dire una realtà limitata da regole, retta sulla separazione dei poteri e sulla legalità.

E insieme il pieno riconoscimento della articolazione dei diritti – civili, politici, sociali – alla luce della elaborazione di Thomas Humphrey Marshall, nonché la valorizzazione del lavoro e del cittadino lavoratore recuperando la Costituzione della Repubblica di Weimar e le suggestioni derivanti dalle sperimentazioni di welfare attuate in Gran Bretagna e dal New Deal rooseveltiano retto sulle quattro libertà: della parola, di fede, dal bisogno e dalla paura. Infine lo specifico apporto delle correnti di pensiero cattolico: la centralità della persona come superamento dell’astratto individuo illuministico.

La crescente chiusura nelle prerogative nazionali, cui oggi è dato di assistere, le contraddizioni quanto alla tutela e alla valorizzazione dei diritti sociali, le tensioni che investono la governance europea, sollevano indubbiamente inquietanti preoccupazioni, ma la Carta dei diritti fondamentali resta comunque a presidio e a riferimento per quanti non si rassegnano e all’Europa continuano a guardare come ad un progetto degno di mobilitare passioni per il secolo che stiamo vivendo.

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