Meloni e l’Ucraina davanti a un’aula divisa

Il dibattito in Parlamento rinnova alla premier l’impegno dell’Italia a sostenere Kiev e a lavorare per una pace «giusta e duratura»
La premier Giorgia Meloni - Foto Ansa /Riccardo Antimiani
La premier Giorgia Meloni - Foto Ansa /Riccardo Antimiani
AA

Il dibattito in Parlamento in vista del Consiglio europeo di oggi rinnova alla premier Meloni l’impegno dell’Italia a sostenere l’Ucraina aggredita dalla Russia e a lavorare per una pace «giusta e duratura».

È vero che nella mozione con cui la maggioranza ha approvato le comunicazioni della presidente del Consiglio non c’è, nero su bianco, la parola «armi», e che questa omissione è una concessione alle posizioni di Matteo Salvini che, ormai con cadenza puntuale, vengono pubblicamente apprezzate dai portavoce del Cremlino; ma è pur vero che il Governo entro l’anno varerà l’ennesimo pacchetto di aiuti a Kiev che comprenderà, come tutti i precedenti, proprio l’invio di strumentazioni di difesa.

Ed è contemporaneamente vero che la Lega non ha mai fatto mancare il proprio «sì» parlamentare alle decisioni del Governo. Il resto è fatto di parole, dichiarazioni, dimostrazioni tattiche.

Viceversa Giorgia Meloni nel suo intervento ha ribadito ancora una volta che l’Italia non manderà soldati in Ucraina nel momento in cui si dovesse formare una forza multinazionale di interposizione tra i due belligeranti: il governo italiano lo ha detto sin dal primo momento e Meloni partecipa alle riunioni dei Paesi «volenterosi» avendo da subito messo in chiaro che l’Italia non parteciperà a simili missioni che peraltro si svolgeranno su base volontaria.

Anche in questo Palazzo Chigi mantiene una linea coerente. Quanto agli asset russi da utilizzare per la ricostruzione dell’Ucraina, l’Italia è favorevole (tant’è che alla riunione dei rappresentanti permanenti presso la Ue il nostro Paese ha votato a favore) ma chiede che le basi legali di una simile decisione siano solidissime per evitare ritorsioni e contenziosi da parte di Mosca «che potrebbero garantire a Putin la prima vera vittoria di questa guerra» in cui «la Russia, al di là della propaganda, si è impantanata».

Quindi non tanto una «frenata» come subito si è scritto e detto, quanto un invito a procedere con prudenza e accortezza per non trasformare un formidabile strumento di pressione sulla Russia in un boomerang. La decisione spetterà solo al Consiglio europeo, quindi ai governi.

Quanto al tema dei territori, che sono il vero scoglio della trattativa di pace, Meloni ha ribadito che devono essere gli ucraini a decidere e che non ci può essere nessuna interferenza esterna (purtroppo però Mosca ha già rifiutato l’ipotesi di un referendum avanzata da Zelensky).

Le pretese di Mosca (come quella sul Donbass ancora libero dall’esercito russo) secondo la premier «sono irragionevoli» e la trattativa deve essere condotta d’intesa tra Usa ed Europa che deve trovare il proprio ruolo insieme e non contro Washington: «Tra noi non siamo competitor», ha detto Meloni.

Quanto all’opposizione, i partiti del centrosinistra hanno presentato ciascuno un proprio documento non riuscendo neanche ieri a trovare una posizione comune, né sulle armi (sì da Pd, Iv e Azione; no da M5s e Avs) né sugli asset russi (sì all’utilizzo dal Pd, no dal M5s) e nemmeno sui rapporti futuri con la Russia, avendo l’M5s ripresentato la propria richiesta di riaprire alla fornitura di gas dalla Russia come prima della guerra.

È interessante notare come le posizioni di Lega e M5s viaggino di fatto in parallelo e questo sicuramente indebolisce le parole di Elly Schlein quando definisce Salvini «un portavoce del Cremlino». Un tema, quello delle contraddizioni del «campo largo», su cui Giorgia Meloni non manca mai di rinfocolare la polemica.

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

Iscriviti al canale WhatsApp del GdB e resta aggiornato

Icona Newsletter

@News in 5 minuti

A sera il riassunto della giornata: i fatti principali, le novità per restare aggiornati.

Suggeriti per te

Caricamento...
Caricamento...
Caricamento...