Autonomia differenziata, i tanti ostacoli della riforma

Le riforme italiane hanno troppe madri. La madre di tutte le riforme è la divisione delle carriere fra magistrati, dice il guardasigilli Carlo Nordio. La madre di tutte le riforme è il premierato (anche come surrogato del presidenzialismo) dicono in coro Giorgia Meloni e i Fratelli d’Italia. La madre di tutte le riforme è l’autonomia differenziata, dice il ministro Roberto Calderoli, che la rilancia a sorpresa, mentre tutti parlano d’altro. Tanto che quasi tutti in maggioranza pensano sia un nuovo fronte d’attacco della Lega per lavorare ai fianchi Forza Italia e Giorgia.
Dopo aver tirato la corda fino a dove possibile con la questione dell’Ucraina, dopo essersi smarcato sui dazi e Trump, Salvini vorrebbe aprire un altro versante per rimarcare la propria indipendenza. Se è solo questo, ha ragione la premier a fare finta di nulla e ad avere pazienza almeno fino all’ormai vicino congresso della Lega. Poi si toglierà i sassolini dalle scarpe.
La situazione delle riforme

Di fatto, però, la situazione delle grandi riforme sembra paralizzata. Sul premierato ci si muove sottotraccia, da mesi non se ne parla, anche perché la maggioranza si accontenta del «premierato di fatto» che ha instaurato, con il Governo che fa il gioco su ogni decisione a suon di decreti e il Parlamento che si accoda votando fiducia a raffica.
La riforma della giustizia, o meglio della magistratura, si è incagliata anche ora che al vertice dell’Associazione magistrati sta una corrente favorevole al centrodestra.
Autonomia differenziata
Intanto l’autonomia differenziata è stata sottratta al vaglio di un eventuale referendum dalla Corte Costituzionale, che però l’ha svuotata nei contenuti, costringendo a ricominciare a capo. Il ministro Calderoli, dopo una fase di attesa, rilancia la questione. La Lega vorrebbe spacchettare le competenze, dando via libera all’autonomia per le nove materie sulle quali non sono necessarie le indicazioni sui Lep, i Livelli essenziali delle prestazioni, e venendo incontro alle richieste di Lombardia, Veneto, Piemonte e Liguria. Poi si vedrà per le altre quattordici materie. A cominciare dalla Protezione civile, ma lo stesso ministro competente, Nello Musumeci, si è messo di traverso.
Oltre DUEMILA persone oggi a Padova, nell'ultimo degli eventi pre-congresso “Tutto un altro mondo, tutta un’altra efficienza”, venute ad ascoltare le proposte della Lega insieme a tutti i nostri Governatori e al ministro per gli Affari Regionali e le Autonomie, Roberto Calderoli.… pic.twitter.com/QoAOyHhu7B
— Matteo Salvini (@matteosalvinimi) March 29, 2025
Una forzatura, secondo gli stessi alleati di maggioranza, che invece vorrebbero dare via libera solo a legge approvata in ogni suo dettaglio. Di fatto – cosa che insospettisce i leghisti – il blocco sta a livello ministeriale, perché proprio dai dicasteri competenti dovrebbero partire il consenso e le indicazioni per il trasferimento delle funzioni – non delle materie, ha puntualizzato la Consulta – alle singole Regione che ne fanno richiesta. Finora solo i ministeri delle Infrastrutture e dell’Economia, cioè quelli di leghisti Salvini e Giorgetti avrebbero ottemperato alla richiesta. Gli altri non collaborano.
Calderoli sta provando ad aggirare l’ostacolo, mettendo nelle mani del Consiglio dei ministri, con legge-delega, l’intera questione dei Lep, e ribadendo così che l’Autonomia è una bandiera che la Lega non intende ammainare e che gli alleati devono tenere fede agli accordi originari. Ma sarà inevitabile coinvolgere il Parlamento, perché la Corte Costituzionale lo ha esplicitamente indicata come condizione. Calderoli ha preparato un testo: 41 articoli, 50 pagine. Ma niente risorse aggiuntive.
Dice infatti il testo che «non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, né incrementi della pressione fiscale». Ma i tempi non sembrano favorevoli alle autonomie regionali. Lo stesso ministro della Sanità Orazio Schillaci le ha appena messe sotto accusa per le liste di attesa e le spese farmaceutiche, sottolineando una situazione troppo diversificata fra di esse, e proprio sull’unico settore dove hanno davvero autonomia, da molto tempo. Schillaci ne salva solo una, il Lazio.
Un colpo duro per Lombardia e Veneto che sulla sanità hanno sempre rivendicato la loro eccellenza.
La situazione internazionale
Anche la situazione geopolitica internazionale non lavora per l’autonomia regionale. Tra le materie di competenza regionale infatti ci sarebbero il commercio con l’estero, porti e aeroporti, produzione distribuzione e trasporto dell’energia, ricerca scientifica e tecnologica... Che forza avrebbe ogni singola regione di fronte a questioni come il costo dell’energia, il commercio o i trasporti? Per dirla in modo rozzo: vanno Fedriga, Fontana e Zaia a trattare con Trump e Vance per i dazi? O con Musk per l’intelligenza artificiale? Ora che persino la dimensione europea pare troppo piccola e sparpagliata per contare…
Va però anche detto che su temi maggiormente legati al territorio il sentimento popolare è favorevole ad un’autonomia per la quale le urne, seppure in tempi oramai lontani, hanno dato consenso vasto, soprattutto al Nord. Ma l’intera riforma andrebbe ridiscussa, non solo sui Lep. Comunque, se anche tutto andasse come vorrebbe Calderoli, la strada è lunga: legge-delega, passaggio in Parlamento e poi almeno nove mesi per i decreti attuativi... Ci vediamo nel 2027?
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