Ricavi della giustizia: qualcosa deve cambiare

Claudio Castelli, Guido Rispoli
Fisco e condanna, si può fare molto di più. Come abbandonare una logica che vede oggi come unica pena la reclusione per puntare sulle pene pecuniarie, rendendole effettive
L’inchiesta. Le indagini della Procura della Repubblica
L’inchiesta. Le indagini della Procura della Repubblica
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La giustizia soffre di un’endemica carenza di risorse, non solo di personale – sia amministrativo che di magistratura –, ma anche materiali in particolare nel distretto bresciano, quando potrebbe beneficiare di enormi ricavi che attualmente vengono trascurati. Il nostro Sistema, infatti, viene tendenzialmente valutato solo da tre angoli visuali: quello della tempestività delle diverse pronunce, quello della qualità di tali pronunce e, infine, quello dei costi che i sottostanti relativi procedimenti generano.

Tali profili di valutazione sono per certo adeguati e condivisibili. Risulta però incomprensibile la ragione per la quale, se si decide di utilizzare il profilo di valutazione di natura economica afferente ai costi, non si decida allora di considerare anche il corrispondente profilo di valutazione dei ricavi o meglio – stante la peculiarità del nostro contesto – delle entrate. Nell’analisi economica di qualsiasi attività potenzialmente generatrice di ricchezza, infatti, il raffronto costo/ricavi rappresenta l’abc di tale analisi. Le somme recuperabili di cui stiamo parlando, che derivano dalle pene pecuniarie, dalle sanzioni e spese processuali e dai beni sequestrati e confiscati, sono di grande livello, arrivando ad un importo complessivo, oggi difficilmente quantificabile con precisione in mancanza di un sistema di rilevazioni, comunque superiore ad 1 miliardo e che probabilmente supera i 2 miliardi di euro l’anno.

Difatti stiamo parlando di ben quattro grandi cespiti a loro volta suddivisi come provenienza e destinazioni: le pene pecuniarie, il cui ammontare medio (tra il 2018 ed il 2022) era di oltre 785 milioni e di cui veniva recuperato solo il 2,93%, i beni sequestrati e confiscati, non quantificati, ma che solo a Brescia nell’ultimo anno corrispondevano a qualche decina di milioni di euro, le sanzioni e spese processuali penali, su cui non esistono dati, ma che dato il numero di condanne, ammontano ad almeno diverse centinaia di milioni di euro, il contributo unificato per l’iscrizione delle cause civili.

Per dare un quadro dell’entità economica dei valori il Fondo Unico Giustizia che gestisce i beni sequestrati e confiscati in procedimenti penali ordinari e le somme non reclamate nei procedimenti civili ed esecutivi alla data del 30 settembre 2024 gestiva 2.573.597.789 euro di risorse liquide ed un totale di 4.969.652.185 euro. Di tutte queste somme si riscuote ben poco e al sistema giustizia arriva ancora meno. Le uniche somme sono quelle che il Fondo Unico Giustizia versa ai Ministeri della Giustizia e dell’Interno: circa 50 milioni l’anno, ovvero l’1% di quanto gestito.

Un passo in avanti è stato compiuto per le pene pecuniarie con la riforma Cartabia: in caso di mandato pagamento è stata abbandonata l’impostazione civilistica recuperando la natura di pena, differenziando tra chi è insolvibile (ovvero non è in grado di pagare) per cui la pena viene sostituita con il lavoro di pubblica utilità e chi è insolvente (ovvero non vuole pagare) che invece viene sottoposto alla semilibertà sostitutiva. Un’impostazione più afflittiva che dovrebbe esercitare una forte pressione sui condannati per pagare. E qualche miglioramento si avverte se dall’ultima relazione del Ministero sull’esecuzione delle pene pecuniarie risulta che risulta pagato il 7,28% dei bollettini con un incasso dell’1% del riscuotibile. Dati molto parziali dato che la legge si applica solo alle condanne definitive irrogate per reati commessi dal 2023.

Si potrebbe fare molto di più. In primo luogo occorrerebbe un costante monitoraggio a livello nazionale e distrettuale con dati pubblici sulle somme dovute, da riscuotere e riscosse per i vari cespiti esistenti che consenta anche interventi in tempo reale per incrementare le entrate. Indichiamo inoltre alcune direzioni che potrebbero portare ad un radicale cambio di rotta e ad incassi significativi. Anzitutto incoraggiare fortemente l’adempimento spontaneo agevolando e facilitando il pagamento di pene, sanzioni e spese processuali, quantificandole in sede di dispositivo, invitando al pagamento immediato in misura ridotta e consentendo l’utilizzo di qualsiasi canale di pagamento.

Quindi abbandonare una logica che vede oggi come unica pena la reclusione per puntare sulle pene pecuniarie (in Italia il 23% delle sanzioni contro il 77,8% della Germania), facendole però diventare effettive. In tale logica si potrebbero anche estendere e generalizzare forme di definizione amministrativa di reati puniti con pene pecuniarie, con la possibilità di pagare, previo adempimento delle eventuali prescrizioni impartite, una quota del massimo della pena chiudendo in tal modo il procedimento. Poi si dovrebbe sostenere il personale delle cancellerie nel compito loro affidato di vendita dei beni confiscati, con protocolli nazionali per coinvolgere i professionisti interessati (notai, commercialisti, avvocati) e l’Istituto Vendite Giudiziarie per consentire vendite in tempi rapidi e con adeguati ricavi.

Oggi il sistema generale di riscossione è scarsamente efficiente ed è affidato, grazie ad una convenzione con il Ministero della Giustizia, a Equitalia Giustizia. La proposta è di far tornare la competenza sul recupero di tutti questi crediti agli uffici giudiziari, fino all’adempimento spontaneo, creando Uffici Recupero Crediti distrettuali con personale formato e specializzato e assicurando che una quota del maggiore incasso sia delle pene, sanzioni e spese processuali, sia delle vendite giudiziarie, vada al personale giudiziario. Si avrebbe il duplice risultato di responsabilizzare e stimolare il personale e di far tornare appetibili professioni che oggi, per livelli retributivi non corrispondenti a funzioni e responsabilità, non trovano più candidati.

Claudio Castelli, già presidente della Corte d’appello di Brescia; Guido Rispoli, procuratore generale di Brescia

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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