Italia e Estero

Ora tocca a Mattarella: due giorni di consultazioni al Quirinale

Giorgio Napolitano il primo a salire al Colle, i big attesi domani: o intesa forte o si va alle elezioni
CRISI: CONSULTAZIONI DALLE 16
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Il premier Giuseppe Conte è stato chiaro nelle sue comunicazioni al Senato. Ora tocca alle forze politiche portare rapidamente e con chiarezza al Quirinale le proprie determinazioni sull’interruzione della legislatura. O, viceversa, sulla volontà di tentare la strada di un nuovo governo. La strada è stretta e i tempi compressi. Difficile che questa volta il presidente possa concedere la carta degli incarichi esplorativi.

Dopo le dimissioni del presidente del Consiglio oggi, alle 16, partiranno le prime consultazioni. Il primo a salire al Colle sarà il presidente emerito Giorgio Napolitano. Poi i presidenti di Senato e Camera, Elisabetta Casellati e Roberto Fico, quindi i gruppi minori: Svp-Patt, Misto, LeU. Domani toccherà ai big: alle 10 Fratelli d’Italia, alle 11 il Pd, alle 12 Forza Italia, alle 16 la Lega e alle 17 il M5S.

Intanto nell’assoluto riserbo del Quirinale si possono identificare alcune certezze: Sergio Mattarella accetterà le dimissioni di Conte pregandolo di rimanere per gli affari correnti. Verificherà in fretta se tra le forze parlamentari sia maggioritario il partito del ritorno al voto o del non voto. Immediatamente dopo il capo dello Stato chiederà alle principali forze politiche se sono disponibili a tentare un nuovo governo. Quindi sarà essenziale che i partiti (Pd e M5S in primis) esprimano il nome di un premier da incaricare per dare corpo all’accordo.

È impensabile che Mattarella possa concedere i quasi tre mesi del 2018 per far lievitare una intesa. Al di là della legge di Bilancio che grava sul timing, le condizioni di questa fase politica sono molto diverse da quelle della primavera 2018. Allora si trattava di costruire un governo sulla spinta delle elezioni. Oggi si affronta una crisi agostana di un esecutivo che aveva un’ampia maggioranza parlamentare e che è caduto per la determinazione di una delle due forze dell’alleanza.

Chiarezza e rigore, quindi. Mattarella da sempre ha fatto sapere che il presidente della Repubblica non costruisce maggioranze e tantomeno esegue operazioni di sartoria per cucire insieme forze politiche che si respingono. Se Pd e M5s gli confermeranno che vogliono tentare il matrimonio dovranno a stretto giro indicargli un nome che abbia chance di dare vita all’accordo. Ma sullo sfondo restano, visibili, le elezioni. Già a novembre o a inizio 2020. Con un governo di garanzia per guidare il Paese al voto.

 

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