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I medici di famiglia: «Sì ai test rapidi, ma non in ambulatorio»

I presidenti degli Ordini provinciali della Lombardia mettono in guardia: «Spazi non adeguati per eseguire tamponi»
Tamponi drive-through - Foto Ansa/Fabio Murru © www.giornaledibrescia.it
Tamponi drive-through - Foto Ansa/Fabio Murru © www.giornaledibrescia.it
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I presidenti degli Ordini provinciali dei medici presenti in Lombardia, riuniti nella FROMCeO, hanno deciso di scrivere alla Regione Lombardia. Nel testo della missiva si spiega che i medici delle province di Lodi, Como, Lecco, Bergamo, Brescia, Cremona, Mantova, Milano, Monza Brianza, Pavia, Sondrio e Varese hanno dato la loro disponibilità a eseguire test veloci ma non intendono farlo nei rispettivi ambulatori.

«La maggior parte degli studi medici di famiglia - si legge, infatti - non ha e non può assumere caratteristiche idonee a garantire l'esecuzione in sicurezza dei tamponi,che resta una manovra ad alto rischio, che richiede protezioni complete, distanziamento, sanificazione». Si chiede, quindi: «Che Regione Lombardia metta a disposizione strutture esterne agli studi medici, ove i medici di famiglia possano collaborare con gli infermieri di comunità con personale amministrativo e con la Protezione civile, per gestire un flusso adeguato di persone, selezionando in modo chiaro quali cittadini debbano afferire al servizio».

Si chiede, anche, di coinvolgere oltre ai medici di famiglia anche i medici della continuità assistenziale e tutta l'area delle cure primarie proteggendo, così, anche i colleghi a rischio per età e salute. Anticipando la mossa all'Ansa, oggi pomeriggio il presidente dell'Ordine dei medici di Lodi Massimo Vajani aveva spiegato: «La maggior parte dei nostri medici di famiglia ha l'ambulatorio in un condominio. E noi dobbiamo pensare anche a che non si infettino gli altri condomini. Chiediamo che vengano, invece, creati triage, tende, in luoghi aperti e indipendenti dove il rischio di contagio accidentale possa diventare nullo».

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