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Un caminetto che brucia legna inquina quanto 1.500 caldaie a gas

I ricercatori della Cattolica nel progetto Ue Bb-Clean: anche un'app per sapere quando accendere il fuoco inquina meno
Il caminetto aperto ha valori elevatissimi di inquinamento - © www.giornaledibrescia.it
Il caminetto aperto ha valori elevatissimi di inquinamento - © www.giornaledibrescia.it
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Chiunque vive o ha una casa in montagna conosce bene l’atmosfera magica creata dal fuoco acceso durante l’inverno. Peccato però che bruciare legna non sia una pratica carbon neutral come molti ritengono, anzi: un caminetto aperto emette tante polveri sottili quante ne producono tutte insieme 1500 caldaie a metano. E tuttavia nell’area alpina questa costituisce, di fatto, la principale fonte di riscaldamento in numerosi Paesi.

Le soluzioni. Per trovare soluzioni con minor impatto ambientale, tre anni fa è partito il progetto europeo Bb-Clean, che ha coinvolto otto partner dell’Area Alpina Europea, con esperti da Francia (ATMO Auvergne-Rhône-Alpes, Communauté de Communes Pays du Mont-Blanc), Austria (FH Johanneum- Università di Scienze applicate), Germania (Econcept), Slovenia (KSSENA, Ezavod) e Italia (Arpa Valle d’Aosta), coordinati dal team di ricerca dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Brescia.

Finanziato dall’Unione europea nell’ambito dell’Interreg Alpine Space Programme, lo studio ha lavorato a campagne di sensibilizzazione per aumentare la consapevolezza dei Paesi alpini rispetto a questo tema e ha elaborato strumenti e politiche per incentivare una combustione più sostenibile e soluzioni alternative. Abitudini. «Di base, non si può pensare di impedire tout court agli abitanti delle zone alpine di usare la legna da un giorno con l’altro – spiega il prof. Giacomo Gerosa della Cattolica, a capo del progetto –. Bisogna creare le condizioni giuste per realizzare un cambio di paradigma, che comprendono un’attività di informazione capillare, tecnologie alternative e la promozione di normative e incentivi per favorire politiche comuni».

Buone pratiche. Per ridurre l’inquinamento della combustione a legna si può innanzitutto, dicono i ricercatori, promuovere buone pratiche tra i cittadini. Per esempio, utilizzare la tecnica di accensione dall’alto e non dal basso (che da sola abbatte la concentrazione di Pm dal 10 al 30%), curare la pulizia puntuale delle canne fumarie, revisionare periodicamente le stufe e caldaie per garantire un’elevata efficienza, o ancora evitare di bruciare legna quando le condizioni atmosferiche non lo consentono.

La condivisione. Per aiutare le persone a capire qual è il momento migliore per utilizzare il camino o la stufa, i ricercatori hanno realizzato una app che indica in tempo reale le fasce orarie in cui va evitata l’accensione sulla base delle previsioni meteorologiche e di accumulo di inquinanti in aria. «Attraverso il monitoraggio delle condizioni meteo e delle concentrazioni di Pm condotto a Vezza d’Oglio e a Storo, in provincia di Trento, abbiamo messo a punto un algoritmo che implementa un indice semaforo valido per le 48 ore successive: se la luce è verde, allora si può accendere, se è rossa, meglio evitare e adottare altre soluzioni», spiega Gerosa.

La svolta. La vera svolta però sarà puntare su impianti di teleriscaldamento centralizzato a biomassa, dove la geografia dei luoghi lo permette, oppure incentivare l’uso di stufe a pellet di ultima generazione dotate di sistemi di abbattimento del particolato. «Le simulazioni modellistiche che abbiamo effettuato in tre valli pilota, Valle del Chiese, alta Valle Camonica e Valle d'Aosta, hanno dimostrato che queste due soluzioni portano all’abbattimento delle concentrazioni di polveri sottili nell’aria fino al 60% – dice il docente –. Bisognerà però passare da sistemi di riscaldamento individuali a sistemi collettivi e trovare il modo di abbandonare l’uso diretto della legna a favore del pellet/cippato che dovrà essere però di produzione locale (filiera corta del bosco) e non di importazione».

Il pellet: se prodotto a chilometri zero è un’alternativa decisamente valida - © www.giornaledibrescia.it
Il pellet: se prodotto a chilometri zero è un’alternativa decisamente valida - © www.giornaledibrescia.it

Investimenti. Significa quindi che queste soluzioni possono funzionare solo se verranno fatti investimenti strategici, sia per realizzare gli impianti sia per incentivare la sostituzione, da parte dei cittadini, di camini o stufe vecchi (e inquinanti) con apparecchi di ultima generazione. «È chiaro che la leva economica è fondamentale – commenta Gerosa –. Non ci si può aspettare che le persone scelgano una soluzione più costosa solo perché è più ecologica. Bisogna fare in modo che il prezzo sia competitivo e per farlo servono investimenti mirati». Il progetto Bb-Clean ora è concluso e i ricercatori a breve consegneranno all’Ue una loro proposta di action plan. Possiamo definire questo progetto come uno dei più completi nel suo genere, poiché oltre a fotografare la situazione attuale non manca di proporre idee e soluzioni.

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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