Garda

Incidente nautico, perché i due tedeschi sono stati condannati: ecco le motivazioni

Secondo il giudice, Kassen e Teismann erano in condizione alcolica precaria ma non si sono resi conto di aver travolto Greta e Umberto
INCIDENTE NAUTICO: LE MOTIVAZIONI DELLA CONDANNA
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Erano in condizione alcolica precaria. Non hanno osservato i loro obblighi durante la navigazione. Ma non si sono accorti di aver travolto il lancione di Greta ed Umberto.

Questo in sintesi il contenuto delle motivazioni della sentenza con la quale il 21 marzo del 2022 il giudice Mauroernesto Macca ha condannato Patrick Kassen e Christian Teismann a 4 anni e 6 mesi e 2 anni e 11 mesi per l’incidente nautico avvenuto nel golfo di Salò la sera del 19 giugno dello scorso anno, in seguito al quale sono morti la 25enne studentessa di Toscolano Maderno e il 37enne artigiano di Salò, Greta Nedrotti e Umberto Garzarella

I due 53enni turisti tedeschi erano accusati di omicidio colposo plurimo, naufragio colposo e omissione di soccorso. Secondo il giudice Mauroernesto Macca non vi «è dubbio alcuno che il motoscafo Riva Aquarama di proprietà di Teismann abbia travolto il gozzo delle persone offese, che a bordo del motoscafo al momento dell'incidente vi fossero entrambi gli imputati. È inoltre certa anche la circostanza che al momento dell'impatto il Riva fosse pilotato da Kassen e che tanto lui quanto l’amico Teismann, negli istanti della collisione con il lancione, fossero in stato di ubriachezza o quantomeno di ebbrezza alcolica». In assenza di test il giudice lo desume da «una serie convergente di elementi»: a partire dal video al centro nautico che prova «l’evidente scoordinamento motorio e il precario equilibrio» di Kassen, caduto in acqua a peso morto e con la barca ferma, ma anche in difficoltà nella risalita sulla banchina e barcollante una volta avviato fuori dal cantiere.

Escluso il concorso di colpa

Per i giudici è da escludere il concorso di colpa delle vittime. «L'istruttoria – scrive Mauroernesto Macca - ha consentito di accertare che momento dello speronamento l'imbarcazione del Garzarella era dotata di una luce bianca visibile a 360°, la luce bianca di navigazione del gozzo si vede chiaramente nei video, rimanendo accesa fino all'abbordo del Riva, quando dopo l'impatto improvvisamente scompare».

Concludendo sull’omicidio colposo per il giudice è provato che «sia Kassen, sia Teismann non hanno riconosciuto i pericoli derivanti dal realizzarsi dei fatti antigiuridici, senza neutralizzarli o ridurli. In particolare, Kassen, in stato di ebbrezza ed affaticato dalla giornata, ha navigato ad una velocità pari al quadruplo di quella consentita dalla legge regionale, limite di velocità che peraltro neppure conosceva, ed inoltre, senza svolgere adeguato servizio di vedetta, ha impattato sul gozzo delle persone offese. Mentre Teismann, dal canto suo, consapevole dello stato di ebrezza e di stanchezza dei coimputato, anch'egli ignorando i limiti di velocità lacustri, ha affidato la conduzione del Riva all'amico e poi si è addormentato o comunque si è assopito e quindi non ha vigilato nel corso della navigazione».

Non c'è stata omissione di soccorso

Certezze, in questo caso favorevoli agli imputati, il Tribunale ha raggiunto con riferimento al reato di omissione di soccorso. Secondo il giudice Kassen e Teismann non si sono resi conto di avere investito un’imbarcazione con a bordo dei passeggeri. Non potevano quindi rappresentarsi il dovere di intervenire per salvare qualcuno. Di qui la loro assoluzione perché il fatto non costituisce reato. «La rapidità dell'evento e le masse coinvolte hanno ragionevolmente influenzato la percezione di cosa avesse urtato il motoscafo. Il salto effettuato dal Riva – scrive il giudice - è di per sé equivoco. È vero che un ramo o albero in acqua ha una parte emersa molto inferiore rispetto alla murata della barca di Garzarella, di talché la percezione dell'impatto nei due casi dovrebbe essere sensibilmente differente. Tuttavia, non vi è prova che Kassen avesse fatto altri incidenti nautici e ne conoscesse la differenza. È solo un'ipotesi investigativa quella secondo cui, nel caso di un abbordo come quello verificatosi, il pilota del Riva si potesse rendere conto di aver urtato un natante».

Per il Tribunale infine «non è possibile teorizzare che scientemente gli imputati avessero proseguito la serata, come se nessuna tragedia fosse accaduta. Gli indizi raccolti depongono per l'assenza di consapevolezza di aver travolto una barca e, necessariamente, i suoi occupanti».

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