Economia

Programma Life, l’Italia è prima per finanziamenti e progetti

Angelo Salsi (ex Cinea): «L'Europa non può solo imporre le decisioni ma deve favorire un cambio culturale»
Le Torbiere fanno parte di Rete Natura 2000 - © www.giornaledibrescia.it
Le Torbiere fanno parte di Rete Natura 2000 - © www.giornaledibrescia.it
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Si dice, e non a torto, che l’Italia faccia fatica a sfruttare a pieno i tanti e variegati finanziamenti messi a disposizione dell’Europa. C’è però un’eccezione, un ambito nel quale il nostro Paese gioca un ruolo di primissimo piano. Si tratta del programma Life, il principale strumento comunitario dedicato all’ambiente e all’azione per il clima.

Dal 1992, anno di lancio del Life (è il più vecchio programma europeo), circa il 20% dei 979 progetti finanziati portano infatti la firma italiana, Stato membro principale fruitore con la Spagna. Da questi due Paesi arriva quasi la metà delle domande: come annunciato il 20 marzo sono stati complessivamente 750 i progetti protocollati per il bando 2022, 75 i progetti finanziati.

Agenzia esecutiva

«L’economia del Sud Europa, frammentata ma popolata da imprese con una forte capacità innovativa, si adatta bene a questa misura - conferma Angelo Salsi, per 30 anni capo dipartimento dell’Agenzia esecutiva europea per il clima, l’infrastruttura e l’ambiente (Cinea) alla quale è affidata la gestione del Life -. La fantasia nostrana si esprime al meglio perché è lasciata carta bianca sullo sviluppo dei progetti: l’approccio concede libertà d’azione sia sui partner sia sulle modalità di attuazione».

Ciò non significa però che aziende o Paesi, i destinatari del Life, siano lasciato soli. «La Commissione affianca i partecipanti» conferma Salsi, «e il fatto che le domande debbano essere presentate ogni anno sempre nello stesso periodo ci agevola - aggiunge Alberto Bertolotti di Ibs Consulting -, perché noi italiani abbiamo bisogno di date e agende certe». E nel tempo lo strumento ha assunto sempre più rilevanza, sia in termini economici, «la dotazione iniziale era di qualche decina di milione di euro, ora è salita a 5,432 miliardi per il periodo 2021-2027» fa notare Salsi, sia dal punto di vista di centralità delle politiche comunitarie.

«Il Green Deal parla la lingua che noi utilizziamo dal 1992 - spiega l’ex funzionario -. Ora leggiamo di economia circolare, noi discutevamo di riciclo e riutilizzo, sentiamo parlare di eco-design ma la progettazione sostenibile è una delle anime storiche del Life».

Altro pilastro del programma è la conservazione della natura, «con la Rete Natura 2000, della quale fanno parte anche le Torbiere del Sebino, che ha permesso la creazione della più grande area protetta del mondo». Nuova centralità col Green Deal si diceva, «soprattutto dopo che il piano per la transizione verde ha retto l’urto di eventi estremi come pandemia, guerra e crisi energetica - afferma Salsi -. Il fiorire di norme in varie direzioni, per esempio le direttive su packaging e “case green”, disegna un quadro in cui le leggi non parlano solo all’economia ma entrano nella vita di tutti i giorni dei cittadini europei».

Per tale motivo, secondo Salsi, «Bruxelles non si può limitare a imporre dall’alto le decisioni ma deve favorire un cambio culturale in donne e uomini, oserei dire addirittura morale, nella direzione indicata da papa Francesco con la sua enciclica Laudato si’». Resta il fatto che la strada sia ormai tracciata «e nulla potrà far cambiare rotta all’Europa, nemmeno dopo le elezioni del 2024. La transizione ecologica è la via maestra che l’istituzione seguirà nel lungo termine».

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