Economia

Imballaggi, nel nuovo regolamento il riutilizzo viene prima del riciclo: i dubbi dell'Italia

La proposta della Commissione presentata il 30 novembre 2022 è pensata per sostituire l’attuale direttiva del 1994
Montagne di rifiuti abbandonati - © www.giornaledibrescia.it
Montagne di rifiuti abbandonati - © www.giornaledibrescia.it
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Iniziamo sgombrando il campo dai dubbi: la proposta di regolamento in materia di imballaggi avanzata il 30 novembre dalla Commissione europea non è un fulmine a ciel sereno.

I principi sanciti all’interno del testo riflettono infatti una gerarchia già messa nero su bianco nel 2008 con la direttiva quadro 98 sulla gestione dei rifiuti: il primo passo per diminuirne l’impatto ambientale è un minor uso (riduzione e quindi prevenzione), seguono il riutilizzo degli stessi e solo dopo il riciclo, fase che precede il recupero (l’uso dei materiali per sostituire altri materiali) e infine lo smaltimento cioè il conferimento in discarica.

«La proposta non se la sono quindi inventati i burocrati a Bruxelles» dichiara un funzionario europeo, «semmai è l’Italia che ha trascurato il riutilizzo puntando quasi tutto sulla fase di riciclo».

Modi e tempi

Ma andiamo per ordine. La proposta di regolamento è stata pensata per sostituire l’attuale direttiva in vigore, datata 1994. Il primo elemento di analisi riguarda proprio la forma giuridica scelta: in quanto regolamento il testo sarebbe direttamente applicabile in tutti i suoi elementi in ogni Stato membro, non lasciando spazio di manovra ai Governi nazionali dopo l’iter approvativo (non serve infatti recepirla come accade con le direttive).

La volontà della Commissione è portare a compimento il processo normativo entro la fine del mandato nel 2024, «sebbene il percorso sia impegnativo - fa sapere la fonte da Bruxelles -, vista la totale contrarietà dell’Italia e dei Paesi del Nord su alcuni punti, come quelli riguardanti i prodotti in carta».

Fatto sta che il 16 marzo il Consiglio Ambiente ne discuterà per la prima volta ed entro fine ottobre ci si aspetta un’opinione da parte del Parlamento europeo. Da lì si aprirebbe la fase dei triloghi in attesa dell’approvazione definitiva. È difficile però vederla andare in porto prima del rinnovo delle assise comunitaria. Resta fermo il fatto che i principi enunciati siano quelli verso i quali l’intera istituzione europea si sta dirigendo compatta, non solo in ambito imballaggi, e che prevedono una forte spinta verso l’economia circolare e la sostenibilità ambientale.

I contenuti

Tutto questo appare evidente analizzando obiettivi e misure contenute nella proposta. Il risultato che si vuole ottenere è la riduzione del 15% rispetto al 2018 ed entro il 2040 (il 5% entro il 2030, il 10% entro il 2035) dei rifiuti di imballaggio pro capite per Stato membro.

Ciò porterebbe a una riduzione complessiva dei rifiuti nell’Ue del 37%, con benefici economici (7 miliardi all’anno di risparmio, circa 100 euro pro capite, e 29mila nuovi posti di lavoro secondo le stime della Commissione) e ambientali: riduzione di CO2 per 26 milioni di tonnellate, metà delle emissioni di un Paese come l’Ungheria, e 12/14 milioni di tonnellate per anno di materiali fossili utilizzati.

Questi «goal» verrebbero perseguiti prevenendo un eccessivo uso di packaging fissando dei target di riutilizzo per certe tipologie di materiali. Oltre a questo la proposta prevede criteri più stringenti sul riciclo (quanta plastica va inserita nelle nuove produzioni per esempio), una definizione più chiara di cos’è un imballaggio superfluo e indicazioni più chiare su come smaltire un dato prodotto rivolte ai consumatori. Come si diceva però la diffidenza, se non addirittura il timore, di alcuni Stati membri è palpabile.

Le filiere

Si pensi per esempio all’Italia che da decenni ha investito, con ottimi risultati e dati sopra la media europea, sul riciclo. Si è perciò da un lato andata a creare una specifica filiera e dall’altro un intero settore produttivo, quello appunto degli imballaggi, tarato su tale principio. Con la centralità del riutilizzo rispetto al riciclo settori interi vedrebbero minate le loro stesse fondamenta, tenendo anche conto che il regolamento mira a fornire un quadro normativo più stringente pure in materia di bioplastiche. Ma il nostro Paese non è l’unico ad avere espresso dei timori.

«Austria, Lussemburgo, Germania e Olanda hanno mandato una lettera di sostegno esprimendo però qualche preoccupazione - fanno sapere altre fonti europee -. Ciò non toglie il fatto che questi Stati siano a favore dei target inseriti nel testo, l’Italia invece no». Viste le tempistiche e la prossimità delle elezioni europee nel 2024, che potrebbero far slittare l’adozione del regolamento, margine per negoziare c’è, magari rendendo meno stringenti gli obiettivi o diluendoli nel tempo e imponendoli con più gradualità. In ogni caso una revisione del «sistema imballaggi» è prossima e l’Italia, sia le aziende sia l’attore pubblico, deve farsi trovare pronta.

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