Quando la miniera è sostenibile

La scoperta, annunciata settimana scorsa, dell’enorme giacimento di terre rare in Svezia cozza con un’altra notizia di questi giorni. A Lutzerath in Germania, nel bacino del Reno tra Dusseldorf e Colonia, si sono registrati duri scontri tra polizia ed ecoattivisti. La causa è l’avvio delle operazioni di bonifica, contrastate anche da Greta Thunberg che si è personalmente presentata in terra tedesca, per consentire l’espansione della miniera di lignite gestita dalla società energetica Rwe.
I fatti di cronaca permettono quindi di analizzare l’estrazione mineraria da due differenti punti di vista. Che scavare in profondità impatti sull’ambiente è innegabile, sia per conseguenze dirette sia indirette (smaltimento della terra, logistica...).
È però altresì difficilmente contestabile il fatto che senza certi materiali, appunto le famose terre rare, il percorso verso la sostenibilità non sarebbe possibile. Queste sono infatti fondamentali per lo sviluppo di tecnologie quali i pannelli fotovoltaici o le batterie dei veicoli elettrici, due dei pilastri sui quali poggia la transizione ambientale. Viene quindi da domandarsi, quando una miniera può considerarsi sostenibile?
In ottica assoluta mai perchè, come già detto, scavare per estrarre materiale è inquinante, soprattutto quando si cercano le terre rare: vengono così chiamate non tanto per la loro rarità nella crosta terrestre ma per la difficoltà nel reperirle e nell’estrarle. Detto ciò, senza questi elementi non ci sarebbe possibilità di progresso scientifico. Sulla bilancia della sostenibilità un giacimento come quello svedese è una buona notizia per il Pianeta, fermo restando che ogni attività produttiva ha delle conseguenze. La vera scommessa è fare in modo che l’impatto diventi sempre più basso.
Un’ultima riflessione: il giacimento è una buona notizia non solo per la Svezia ma per tutto il continente europeo. Potrà infatti dare una forte spinta sia alla sovranità energetica sia tecnologica dell’Europa.
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