Come si costruisce una centrale nucleare e quanto costa

I passi avanti del governo sul ritorno della produzione di energia da nucleare in Italia sono innegabilmente significativi. L'approvazione da parte del Consiglio dei Ministri del disegno di legge volto a regolamentare tutto il ciclo di vita della fonte energetica, apre infatti scenari fino a poco tempo fa impensabili, anche alla luce dei due referendum – del 1987 e del 2011 – che di fatto avevano messo la parola fine al sogno atomico nazionale. Ora le carte in tavola sono cambiate ma le incertezze, soprattutto sotto il punto di vista tecnico, sono tantissime.
«Tempistiche di realizzazione e costi sono i problemi principali quando si parla di nucleare – spiega l’ingegnere nucleare bresciano Antonio Buccio, trapiantato a Parigi e business manager della società francese di consulenza in ingegneria nucleare Assystem –. Una volta però accesa una centrale il grosso è fatto e i benefici sono evidenti. Dico sempre che questa fonte energetica forse non è la migliore possibile ma di certo è la più conveniente».
Se idealmente in Italia si partisse l’1 gennaio 2026 quando si potrebbero accendere gli impianti?
Non prima del 2040 nel migliore dei casi, qualora tutto andasse perfettamente e si procedesse spediti, più verosimilmente però nel 2050. Perché creare una centrale nucleare – in Europa secondo l’Associazione italiana nucleare si contano 166 reattori operativi per una capacità di quasi 150 Gigawatt – è un percorso lungo e complicato.
Qual è l’iter da seguire?
Innanzitutto l'autorità chiamata a coordinare i lavori e a far rispettare le regole deve scegliere l’operatore che gestirà gli impianti. Per l’Italia la scelta dovrebbe cadere verosimilmente su Enel, che già opera nel nucleare in Slovacchia. Dopo di che è necessario scegliere la tecnologia. Nel nostro Paese si sta virando verso gli Smr (Small modular reactor), reattori ad acqua pressurizzata, dato che l’acqua è l’elemento che meglio conosciamo e che gestiamo con maggiore facilità, capaci ciascuno di produrre da un minimo di 50 MW a un massimo di 300-400 MW a seconda della tipologia.

In questo senso novità si potranno avere a novembre, quando a Parigi nel corso della World Nuclear Exhibition potrebbe essere svelata la joint venture tra le francesi Nuward, Framatome, la belga Tractebel e l’italiana Ansaldo per la costruzione del Smr Nuward. Ma novità significa che i tempi si allungano?
Assolutamente sì perché siamo di fronte a una tecnologia nuova, ancora in fase di design, che richiede fasi di test prolungate per essere validata. Verosimilmente quelli in Italia sarebbero i primi realizzati al mondo.
Scelta la tecnologia, quali sono i passi successivi?
Bisogna individuare l’area destinata ad ospitare la centrale. In questo senso il nostro Paese ripartirebbe dallo studio datato 1979 che già aveva enucleato dei possibili siti. Si tenga conto che l’authority dovrà valutare elementi quali il rischio geologico, delle falde, di possibili aggressioni esterne e dell'impatto sulla popolazione. Detto ciò si partirebbe da zone dove già sono presenti centrali a gas o carbone in modo da limitare il consumo di suolo.
Quindi?
Si passa poi alla progettazione su carta e alla costruzione della supply chain. In questo senso l’Italia è avanti, dato che molte aziende lavorano già con la Francia, compresa la bresciana Atb Riva Calzoni nei forgiati e nei recipienti in pressione o la Belleli Energy Cpe per le apparecchiature in pressione per citarne alcune. Servono poi competenze di ingegneria civile, per le quali l’Italia verosimilmente si affiderà all’estero. Solo allora si può partire con la costruzione vera e propria, dalle fondamenta fino ai terrazzamenti agli edifici in cemento e via dicendo.

Ecco quindi giungere alla realizzazione dei reattori veri e propri.
Le fasi finali però sono riservate ai test e ai collaudi, salendo di potenza un poco alla volta per capire se tutto va come deve andare. Solo compiuto questo iter si potrà procedere all’accensione vera e propria».
Vi è poi una sequela di situazioni complementari.
Certamente, dalla scelta del combustibile, che verrà di sicuro comprato in Francia dato che qui non ci sono strutture per l'arricchimento e non è pensabile che vengano costruite, allo smaltimento dei rifiuti radioattivi e delle scorie. Lasciandole però da parte si può stimare il tempo minimo per la realizzazione di una centrale in 15 anni, più realisticamente 20-25. Una volta a regime la loro vita è di 60 anni, in Francia si punta addirittura ai 70 con l’obiettivo di giungere a 100, per coprire il fabbisogno energetico di tre generazioni.
Capitolo denaro, quali potrebbero essere i costi?
Una coppia di reattori Smr – si producono sempre in coppia per ammortizzare il costo nel tempo, l’80% del quale è per la costruzione – può costare fino a 10 miliardi di euro (cifra ben lontana dalle stime al ribasso, 2 miliardi a coppia, fatte nel report «L’atomo fuggente» da Bankitalia ndr).
Sono cifre notevoli, che spaventerebbero non poco i governi e i cittadini.
Vero ma come dicevo il nucleare è la soluzione più conveniente. Solare ed eolico non potranno coprire il fabbisogno energetico del Paese, ancor più viste le stime di crescita dei prossimi anni, anche perché la densità di potenza del nucleare - KW prodotto per metro quadrato - è impareggiabile. Detto questo è fondamentale un’unità politica sul tema, viste tempistiche e costi non si può iniziare un percorso e poi fermarsi. Si vanificherebbe qualsiasi sforzo.
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