Serve un confronto razionale sull’atomo

Al Forum Ambrosetti i Ministri Pichetto Fratin, Urso e Salvini hanno preso l’impegno di iniziare concretamente il ritorno dell’Italia fra i Paesi produttori di energia nucleare. Già nel Piano Energia e Clima inviato alla Commissione europea in applicazione degli obblighi di riduzione delle emissioni decisi dai 27 Stati membri della Ue (55% entro il 2030 ed emissioni nette zero entro il 2050) si è per la prima volta prospettato che l’energia nucleare potrà rappresentare anche per l’Italia e in tempi brevissimi una opzione fattibile.
I motivi addotti per questa scelta sono di rispondere al costo crescente dell’energia e la riduzione della dipendenza dai combustibili fossili. Sono state anche date informazioni scorrette e questo è grave, soprattutto perché i ministri hanno l’obbligo di fornire ai cittadini delle informazioni credibili e propaganda.
Per esempio, il ministro Urso sostiene che l’Italia è l’unico Paese che non ha il nucleare, quando nella Ue sono solo 12 i Paesi che ne dispongono e sia la Spagna che il Belgio sono in uscita. Altra cosa non corretta, i ministri hanno parlato dell’arrivo imminente di un «nuovo nucleare», che non è invece in vista prima di qualche decennio, a partire dai cosiddetti «Small modular nuclear reactors» spacciati come la soluzione low cost e facile ai problemi attuali del nucleare, ma che sono invece molto lontani e per ora sono solo dei costosissimi prototipi non particolarmente innovativi e molto lontani dal diventare commercialmente viabili.
Inoltre, il costo e i tempi per la costruzione di nuove centrali e di prolungare quelle esistenti sono maggiori di qualsiasi altra soluzione e infatti le imprese che si sono lanciate nell’impresa come la francese AVEVA sono state salvate grazie ad ingentissime iniezioni di denaro pubblico.
Anche le tanto citate centrali nucleari francesi hanno bisogno di una enorme iniezione di denaro pubblico per continuare ad operare se si deciderà di prolungarne l’operatività o di sostituirle, oltre ad avere notevoli problemi di operatività dovuti tra le altre cose anche alla crescente scarsità di risorse idriche. Conti alla mano, si tratta di investimenti di gran lunga più impattanti sulle casse pubbliche che puntare su rinnovabili ed efficienza energetica.
Ma ciò che è a dir poco stupefacente è che una tecnologia tecnologicamente ferma da almeno una ventina d’anni, inquinante, (dato che nessuna soluzione è stata trovata per le scorie), in declino (la produzione di energia nucleare si è ridotta di 11GW nel 2022 ed le rinnovabili sono aumentate di oltre 300GW nello stesso anno) e soprattutto costosissima possa essere spacciata come una soluzione realistica per rispondere entro pochi anni all’urgenza assoluta di ridurre in modo drastico le emissioni climalteranti e di investire in modo massiccio in opere che ci permettano di adattare le nostre città, le nostre case, il nostro modo di produrre e mangiare agli effetti devastanti del clima impazzito che già oggi sono chiaramente visibili.
Di fronte ad un incendio, nessuno perde tempo a pensare a soluzioni incerte e costose. Ci si dirige al modo più veloce ed efficace per spegnerlo. E oggi le tecnologie che più rapidamente e in modo più conveniente ci possono aiutare sono le rinnovabili e le soluzioni che ci aiutano a ridurre in modo radicale il nostro bisogno di energia, di acqua e di risorse. Tecnologie che esistono e devono sicuramente essere migliorate ma che sono molto più efficaci che buttare miliardi (che non abbiamo) in energia nucleare che oggi rappresenta. Il rischio di buttare al vento risorse preziose è molto reale.
I novelli nuclearisti non tengono conto né della scienza, né della realtà dei cambiamenti climatici né dei costi, ma sono molto potenti: pare già tutto deciso, ma queste sono scelte che in democrazia devono essere fatte con la massima trasparenza e inclusione. È perciò indispensabile creare occasioni e spazio per un dibattito razionale, tranquillo, basato su numeri e fatti ma anche capace di illustrare la differenza radicale che esiste fra una visione di futuro sostenibile e gestione diffuso delle tecnologie e una basata su opzioni incerte, costi enormi e un controllo centralizzato e opaco del sistema energetico.
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