Zollino: «Senza nucleare non è possibile azzerare le emissioni di CO2»

Per il professore universitario la tecnologia sicura come le rinnovabili e non presenta problemi in termini di smaltimento dei rifiuti radioattivi: «Con due reattori a Caorso energia elettrica per tutta la Lombardia»
La centrale nucleare di Dukovany in Repubblica Ceca - © www.giornaledibrescia.it
La centrale nucleare di Dukovany in Repubblica Ceca - © www.giornaledibrescia.it
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Per riuscire ad azzerare le emissioni di CO2 il nucleare non è utile, è imprescindibile. E non ci sono pregiudizi, o meglio informazioni sbagliate, che tengano.

Ne è fermamente convinto Giuseppe Zollino, docente di Tecnica ed economia dell’energia e di Impianti nucleari a fissione e fusione all’Università di Padova nonché responsabile Energia e Ambiente di Azione. Proprio il partito guidato da Carlo Calenda ha presentato una proposta di legge di iniziativa popolare finalizzata a reintrodurre l’energia nucleare in Italia, scenario impensabile fino a poco tempo fa, anche alla luce dei due referendum del 1987 e del 2011, e ora più che mai verosimile, come testimoniato anche dalle tante aperture del governo Meloni.

«La domanda elettrica italiana nel 2050 sarà più del doppio di quella attuale e per soddisfarla senza fonti fossili servirà un mix energetico - sottolinea Zollino -, composto per metà dal nucleare, 40 GW, l’altra metà da fonti rinnovabili. E questi non sono numeri a caso ma frutto di studi e calcoli, sui quali chiediamo a tutti di cominciare a confrontarsi con lealtà e senza pregiudizi».

Giuseppe Zollino
Giuseppe Zollino

Ci sono però ancora molte reticenze, addirittura pregiudizi, su questa tecnologia.

I pregiudizi di solito hanno una radice, quando parliamo di nucleare siamo invece di fronte a informazioni sbagliate, seminate nel tempo allo scopo di boicottarlo. Le centrali di terza generazione, quelle che oggi abbiamo a disposizione, sono sicure tanto quanto le fonti rinnovabili, e in caso di incidente grave sono in assoluto la tecnologia energetica più sicura. A dirlo è la comunità scientifica, come si può leggere sul recente rapporto del Centro comune di ricerca.

La paura che circonda il nucleare è perciò infondata?

È giustificata per chi ha legittimi interessi nel mercato delle fonti fossili e nel nucleare vede un concorrente ben più temibile delle rinnovabili. La paura legata ad aspetti tecnici è invece irrazionale. E si risolve solo misurando ciò che si teme: per esempio fuori dal recinto di una centrale gli strumenti non rilevano alcuna alterazione della radioattività naturale.

Inoltre l’unico incidente mortale è avvenuto a Chernobyl, a causa di manovre manuali che in nessuna centrale occidentale coeva sarebbero mai state tecnicamente possibili, e causò circa 60 decessi diretti. Le stime delle morti attribuibili alle deboli dosi assorbite per la ricaduta radioattiva vanno invece da 4mila a 16mila decessi. Per confronto il solo incidente del Vajont nel 1963 fece 2.000 morti, quello alla diga di Banqiao in Cina nel 1975 ne causò 170mila. Analizzando tutto il ciclo di vita, dalla miniera alla discarica, si trova in modo oggettivo che il nucleare di terza generazione è, come dicevo prima, la tecnologia energetica in assoluto più sicura.

Da dove partire quindi per lanciarlo in Italia?

Non dobbiamo inventare nulla. I grandi Paesi industrializzati producono tutti, tranne Italia e per ora Germania, energia nucleare. E di siti idonei per la costruzione ne sono già stati identificati diversi nel nostro Paese. Non dimentichiamo che prima del 1987 avevamo avviato un piano energetico che prevedeva numerose centrali, piano analogo a quello francese che però venne portato a termine. Noi invece pensammo bene di indire un referendum e di bloccarlo, senza tuttavia interrompere mai di far uso di energia nucleare.

Le do una notizia: a fine anno batteremo il record di importazione e perciò utilizzeremo energia nucleare in quantità pari a quella generata da cinque reattori da un gigawatt. Un’altra informazione: sa che a Caorso, con due soli reattori da 1.200 MW, si potrebbe produrre tutta l’elettricità che serve alla Lombardia?

Quali sono i costi?

La spesa per un reattore di terza generazione varia molto a seconda del Paese e in funzione di molte condizioni, prima fra tutte la capacità costruttiva: dove se ne realizzano di più costano meno. Ai prezzi proposti dai costruttori americani e coreani in Polonia e in Repubblica Ceca, il nucleare di terza generazione evoluta costa oggi 6.000 euro al kilowatt, cioè sei miliardi al gigawatt. Tuttavia l’Agenzia internazionale dell’energia prevede che l’avvio di nuovi programmi europei produrrà una riduzione significativa dei costi. E il costo di generazione dell’energia elettrica è nell’ordine dei 75 euro/MWh. Tuttavia l’Agenzia internazionale dell’energia prevede che l’avvio di nuovi programmi europei produrrà una riduzione significativa dei. Per confronto il recente decreto Fer2 prevede di remunerare energia elettrica da impianti eolici offshore sino a 185 euro/MWh.

Reattori grandi o piccoli?

La scelta sui reattori grandi, per esempio da 1.200 megawatt, o più piccoli, tipo da 300 megawatt, è da lasciare alle utility elettriche che li commissioneranno. Quando si legge che quelli piccoli costano meno e richiedono tempi di costruzione (3-4 anni) inferiori a quelli dei grandi (7-8 anni), tutto è da rapportare alla taglia. Per installare 1.200 MW con un unico reattore o con una sequenza di quattro da 300 MW, tempi e costi sostanzialmente si equivalgono. Tuttavia è un fatto che dei 62 al momento in costruzione (quelli in attività nel mondo sono 415 ndr), 61 siano di taglia intorno a un gigawatt e uno solo da 440 MW. E non si pensi che questo sia «miniaturizzato» e stia nel cortile di una fabbrica.

Un’altra delle grandi paure è legata allo smaltimento delle scorie.

Facciamo chiarezza. Un impianto nucleare produce diversi tipi di rifiuti radioattivi. Quelli a bassa attività, come filtri, contenitori contaminati o indumenti protettivi, decadono rapidamente e per il loro smaltimento basta un deposito di superficie. Ai sensi della direttiva europea ciascun Paese deve provvedere in tal senso. In Italia sono state individuate 51 aree idonee ma nessun governo ha mai avuto il coraggio di sceglierne una e procedere alla costruzione.

Diverso è il discorso per i rifiuti ad alta attività, chiamati in gergo «scorie». Sono ciò che resta dell'ossido di uranio arricchito utilizzato come combustibile: oltre il 90% può essere riusato in impianti specifici di quarta generazione, in via di sviluppo anche in Italia. Il resto, inglobato in vetro (borosilicato) per renderlo impenetrabile anche all’acqua e incapsulato in contenitori metallici, va smaltito in un deposito di profondità (geologico). Si tratta di quantità molto piccole: un reattore di terza generazione nei suoi 60 anni di vita produce un volume netto di scorie pari a un cubo di lato 1,2 metri. E dopo il trattamento, i blocchi di vetro occupano un volume pari a un cubo di lato 5 metri. Proprio in virtù delle piccole quantità, l’Europa consente lo smaltimento in un deposito condiviso tra più Paesi.

Altro timore è quello dei terremoti e degli effetti che potrebbero avere su una centrale.

Nel 2011 in Giappone nessuna centrale ha subito danni a seguito di un terremoto, che le ha sottoposte a un’accelerazione 30 volte superiore a quella che si potrebbe avere nelle aree individuate come possibili siti in Italia. A Fukushima il problema fu il maremoto che superò la barriera protettiva. Da noi per evitare allagamenti di ogni genere, già i quattro reattori in funzione sino al 1987 erano costruiti su una platea rialzata di cemento armato. E così sarà anche per le nuove centrali.

Ultima domanda sulla fusione: quando sarà realtà una centrale con questa tecnologia?

Una centrale commerciale a fusione, in grado di funzionare in modo affidabile per almeno 7.000 ore all’anno, la vedremo verso fine secolo. Nel frattempo dobbiamo proseguire nello sviluppo della tecnologia e molte tappe intermedie saranno raggiunte da qui ad allora: tappe che non vanno tuttavia confuse con il traguardo finale.

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